La modernizzazione della PA e la strategia smart city appese a un palo per lo stallo dell’Agenzia per l’Italia digitale. I decreti attuativi per la banda larga e le startup spariti dal radar. E di nuovi fondi manco a parlarne.
È questo il quadro dell’impasse che ora attanaglia l’Agenda digitale, pacchetto di norme che- ricordiamo- vale 20 miliardi di euro in risparmi e 5 miliardi di nuove entrate per il sistema Paese, secondo gli Osservatori ICT del Politecnico di Milano.
Sono molte le voci critiche che, da più parti, in questi giorni invitano il governo a riannodare i fili dell’Agenda digitale, superando gli ostacoli che ne bloccano l’attuazione. Tra gli altri, i politici Marco Meloni (PD) e Antonio Palmieri (Pdl), il docente della Bocconi Francesco Sacco e il fondatore di Netics Paolo Colli Franzone (una discussione che è possibile seguire sul sito specializzato Agendadigitale.eu-Corriere delle Comunicazioni).
Ma problemi e ritardi sono così numerosi che è facile perdere il filo. Facciamo il punto.
Pa digitale e Agenzia
Uno dei principali nodi, che blocca tante questioni, riguarda l’Agenzia per l’Italia Digitale. Il nuovo governo ha deciso di riprendere in mano lo statuto dell’Agenzia, per una sempre più probabile revisione rispetto a quanto stabilito dal precedente esecutivo. Ma senza statuto l’Agenzia non può operare. Questo ente ha un ruolo di attuatore di molte misure stabilite dal decreto Crescita 2.0: l’Anagrafe digitale nazionale, il fascicolo sanitario elettronico, il documento digitale unificato (carta d’identità, tessera sanitaria e carta nazionale dei servizi), il diritto degli utenti a pagare in forma elettronica la pubblica amministrazione, il domicilio digitale, gli open data. Il documento digitale unificato doveva essere pronto per la primavera 2013, il fascicolo sanitario per marzo 2013. Per le altre cose il decreto non stabiliva una data ma rischiano di essere procrastinate per un numero eccessivo di mesi poiché sono subordinate a un grosso cambiamento che l’Agenzia deve attuare nei sistemi delle pubbliche amministrazioni. In primis, l’Anagrafe unica nazionale, condizione abilitante del documento digitale unificato, del domicilio digitale e del fascicolo sanitario. A sua volta, l’Anagrafe richiede che vengano resi interoperabili i sistemi informatici della Pa, misura per cui l’Agenzia intendeva- prima che sapesse del blocco dello statuto- fare un bando già a maggio. Richiede un grande impegno anche il lancio di un sistema (un gateway) di pagamenti elettronici a cui ciascuna Pa potrà appoggiarsi per offrirli al cittadino. L’Agenzia stava collaborando con Banca d’Italia per approntarlo.
Le smart city
Compito dell’Agenzia è anche stabilire una strategia nazionale per le smart city. Ad oggi ci sono due bandi di gara, di cui il più importante (665 milioni di euro) è stato lanciato ormai dieci mesi fa. Gli ultimi annunci del ministero competente (il Miur) assicuravano che la selezione dei vincitori sarebbe avvenuta in estate, ma appare ora una scadenza troppo vicina, visto anche il cambio di governo.
Banda larga
Manca all’appello anche un decreto sulle facilitazioni burocratiche per la banda ultra larga, previste nel Crescita 2.0. Sarebbe un decreto attuativo in grado di ridurre i costi infrastrutturali agli operatori telefonici, per circa due miliardi di euro su scala nazionale (secondo stime del ministero allo Sviluppo economico). Tarda per colpa di un braccio di ferro tra Sviluppo economico e il ministero dei Trasporti, come anche denunciato da Asstel-Confindustria digitale. I due dovrebbero concordare il decreto attuativo, ma su Trasporti pesa il parere negativo dell’Anas (ente gestore delle strade) soprattutto sul via libera generalizzato alle tecniche di scavo innovative delle minitrincee. I due ministeri stanno quindi ancora concordando una bozza di decreto. Stanno andando avanti invece i bandi per eliminare il digital divide e quello per la banda ultra larga (900 milioni di euro), non richiedendo né decreti attuativi né l’azione dell’Agenzia.
Startup
Molte semplificazioni alle startup e agli incubatori sono per fortuna già attive, mentre si attende il via libera della Consob al crowdfunding e soprattutto gli incentivi fiscali alle startup. Questi richiedono un decreto attuativo del Mef, con un passaggio in Commissione europea. Ci vorrà tempo, mentre si registra che con il cambio di governo non lavora più a Sviluppo economico il responsabile di questa partita: Alessandro Fusacchia. Non si parla nemmeno più invece di una promessa, informale, del precedente ministro allo Sviluppo economico ad aumentare, tramite Cassa Depositi e Prestiti (Cdp), le risorse a disposizione del Fondo italiano di investimento a favore del venture capital. Del resto il nuovo governo non ha menzionato ancora l’intento di stanziare altre risorse per l’Agenda.