La transizione digitale è considerata da molti osservatori una straordinaria occasione per ampliare le pari opportunità nel mondo del lavoro. Si tratta in effetti di una trasformazione in grado di aiutare le imprese a includere nel proprio organico e nei propri progetti un numero sempre maggiore di risorse con disabilità, le quali possono essere compensate da interfacce e strumenti in grado di abbattere barriere fisiche, architettoniche e logiche.
Attenzione però: l’adozione di soluzioni digitali ergonomiche non implica automaticamente l’accessibilità agli strumenti di lavoro, e le fattispecie di discriminazione, a livello normativo, sono molte più di quanto si possa immaginare. Senza contare che parliamo di un un framework in continua evoluzione.
Accessibilità digitale, come si sta evolvendo lo scenario normativo
«Succede così che anche le organizzazioni animate dalle migliori intenzioni, perché più sensibili al tema, rischiano non solo di non indirizzare correttamente le reali esigenze dei propri collaboratori, ma anche di incorrere in sanzioni piuttosto onerose”. A parlare è Samantha Turrin, Manager, Sales Italy & Greece | Digital Experience di OpenText, che sottolinea come l’apparato normativo italiano, di fatto, promuova lo sviluppo della maturità e della sensibilità rispetto all’accessibility.
Who's Who
Samantha Turrin
Manager, Sales Italy & Greece | Digital Experience di OpenText
«Fin dalla Legge 4 del 2004, la cosiddetta legge Stanca, lo Stato ha riconosciuto e tutelato il diritto di accesso ai servizi informatici e telematici della pubblica amministrazione da parte delle persone con disabilità, garantendo il rispetto del principio fondamentale di pari opportunità nella fruizione dei servizi».
Nel 2006 la legge 67 ha affrontato la questione della potenziale discriminazione delle persone con disabilità sia nel pubblico che nel privato: uno strumento o un prodotto che non garantisca accessibilità è discriminatorio, e l’utente può rivolgersi a un giudice per risolvere il contenzioso con la controparte ed eventualmente ricevere un indennizzo.
A settembre 2018 il Decreto legislativo 106 (“Riforma dell’attuazione della direttiva 2016/2102 relativa all’accessibilità dei siti web e delle applicazioni mobili degli enti pubblici”), ha recepito la direttiva europea che prevede l’obbligo di accessibilità per i siti Web e le app mobile, nonché ulteriori obblighi tra cui la pubblicazione della dichiarazione di accessibilità.
«Nel 2020», continua Turrin, «il decreto legge Rilancio ha ampliato ulteriormente l’applicabilità della normativa, coinvolgendo le aziende con un fatturato superiore a 500 milioni di euro. Il termine di adeguamento è scaduto il 5 novembre 2022, e sono previste per chi non è conforme sanzioni che possono arrivare al 5% del fatturato».
Turrin evidenzia come, a prescindere dall’evoluzione dell’impianto normativo, molte grandi aziende abbiano raggiunto una maggiore consapevolezza su questi temi a partire dal 2020, quando l’emergenza pandemica e la necessità di ricorrere allo smart working hanno fatto puntare i riflettori sull’importanza dell’accessibilità digitale per i collaboratori con disabilità che operavano da remoto.
«Ora però bisogna guardare al futuro, e in particolare al traguardo del 28 giugno 2025, quando diverrà esecutivo l’Accessibility act, la norma comunitaria (direttiva europea n. 2019/882, recepita in Italia col decreto legislativo approvato il 27 maggio 2022, ndr) che ha l’obiettivo dichiarato di consentire alle persone con disabilità di accedere più facilmente a prodotti e servizi informatici, i quali dovranno aderire a specifici requisiti per garantirne a chiunque la fruizione. Il perimetro d’azione dell’obbligo normativo si estende dunque considerevolmente, basti pensare a tutti i supporti su cui viene innestata la comunicazione rivolta a utenti interni, partner e clienti. E se da una parte ci sono imprese che sono già pronte per affrontare questo nuovo scenario, avendo creato team di lavoro tanto specifici quanto trasversali alle varie business unit, dall’altra molti player hanno ancora troppo poca dimestichezza con l’argomento e, di conseguenza, non sono riusciti a sviluppare competenze e strumenti adeguati».
Le linee guida per l’accessibilità digitale: sei punti da non sottovalutare
Si tratta del resto di un’attività che richiede un impegno costante lungo una roadmap che, anche solo rispetto alla creazione di workflow e documenti informatici, presuppone il rispetto di una serie di linee guida piuttosto stringenti.
«Sono almeno sei i punti da seguire per strutturare logica e contenuto dei documenti in modo che risultino fruibili da chiunque”, spiega Turrin. «Bisogna innanzitutto utilizzare con criterio titoli, sottotitoli, paragrafi ed elenchi puntati, evitando gli eccessi di punteggiatura, che rendono i testi difficili da comprendere e molto più macchinosi da fruire, per esempio, con l’ausilio di un operatore artificiale che li legge a un utente ipo o non vedente. In secondo luogo, i caratteri devono risultare facilmente riconoscibili. Ecco perché occorre usare come font Arial verdana con una dimensione di 12 punti, limitando il più possibile l’uso del corsivo, scegliendo correttamente i colori e aumentando il contrasto con lo sfondo per rendere la lettura agevole».
È poi fondamentale etichettare le immagini, per dare loro voce. «Come tutti sanno, oggi le immagini costituiscono una parte molto importante – a volte persino preponderante rispetto al testo – della comunicazione», continua Turrin. «Per non discriminare chi non può vederle, bisogna quindi inserire dei testi alternativi, che fungano da elementi descrittivi, meglio se ad alto impatto emozionale. Il quarto punto ha invece a che fare con la scelta dei colori, che in comunicazione vengono adoperati anche per suscitare determinati stati emotivi. Ebbene, quell’effetto dovrebbe poter essere riscontrato anche dalle persone che non possono percepire tutta la gamma cromatica».
Lo stesso approccio va adottato nella creazione di contenuti multimediali, che per definizione fanno leva su una sfera multi-sensoriale. «Questo vuol dire che chi ha difficoltà uditive deve poter contare su trascrizioni, sottotitoli e altri elementi integrati nel documento per agevolare un’esperienza più ricca».
L’ultimo punto riguarda la validazione dell’effettiva efficacia degli interventi appena descritti. «Esistono strumenti ad hoc per automatizzare questo tipo di verifica, ma il modo migliore per assicurarsi che un documento sia accessibile e che non crei alcun tipo di frustrazione per l’utente finale è, a mio avviso, sottoporlo al vaglio di persone con disabilità», suggerisce Turrin.
Una piattaforma CCM per creare una customer experience di valore
Per semplificare la realizzazione di contenuti che risultino realmente accessibili – e per questo compliant – OpenText mette a disposizione di imprese e pubbliche amministrazioni una piattaforma di Customer Communication Management (CCM) integrata, che abilita la creazione, la personalizzazione, la gestione, la distribuzione e l’aggiornamento di qualsiasi tipologia di comunicazione sui vari canali di contatto con i clienti.
«La soluzione è concepita per far lavorare in sinergia i sistemi che redigono i documenti e quelli che li orchestrano, garantendo l’accessibilità di ciascun contenuto in funzione delle linee guida aziendali e delle prescrizioni normative», dice Turrin. «Il nostro CCM mette in evidenza le best practice da seguire per strutturare correttamente i documenti. Prevede, per esempio, caselle di testo alternativo che integrano le immagini e detta regole di formattazione, a partire dal contrasto e dalle scelte cromatiche, che vincolano le operazioni di editing. In pratica, la piattaforma fornisce un canovaccio predefinito che guida in modo semplice e intuitivo chiunque operi sul contenuto, fornendo pattern che rispettano gli standard e la normativa».
La tecnologia ha inoltre il vantaggio di coadiuvare l’implementazione di tutte le novità regolamentari, il che significa che non è necessario più disegnare ex novo i documenti esistenti sulla base delle nuove disposizioni: sarà solo necessario operare le modifiche necessarie laddove previsto.
«La piattaforma semplifica e supporta moltissimo, comunque l’accessibilità digitale rimane comunque una sfida estremamente complessa», avverte Turrin. «Si tratta in effetti di una trasformazione culturale, da sostenere con l’istituzione di team specifici e investimenti dedicati, che, dal mio punto di vista, darà frutti migliori nel momento in cui non sarà considerata come un mero adempimento normativo, ma come un atto di generosità per il benessere dei clienti interni ed esterni, e in generale di tutti i propri interlocutori, da inquadrarsi in un più ampio panorama ampio di iniziative a favore del territorio. È una raffinatezza di pensiero, una sensibilità, che non riguarda solo il tema delle pari opportunità, ma che costituisce la base per la creazione di una Customer Experience realmente di valore».