Blockchain è forse il termine più di moda in questo momento quando si parla di digital transformation in Italia. Se ne parla tantissimo ma il problema – per chi sta valutando di investire in questa tecnologia – è capire cosa ci sia di concreto: quali sono le esperienze già realizzate e in corso, quali best practice se ne possono dedurre, e quali tipi di applicazioni sono più fattibili nei vari settori.
Diversi spunti interessanti su questi temi sono usciti dal convegno “Tracciabilità, autenticità e reputazione ai tempi di Blockchain” organizzato recentemente a Milano dalla Italy Roundtable del Council of Supply Chain Management Professionals (CSCMP) con Temi Editore. È stato uno dei primi eventi in Italia dedicati alle applicazioni di Blockchain in ambito Supply Chain Management, e l’interesse è evidentemente alto visto che sono intervenuti oltre 150 partecipanti.
«A oggi l’unica applicazione di massa di Blockchain è Bitcoin, tutte le altre sono in fase di progetto pilota, anche se alcuni sono molto avanzati – ha sintetizzato Enrico Camerinelli, vicepresidente della Italy RoundTable di CSCMP, aprendo il convegno -. La tecnologia è già matura, ma per l’adozione di massa occorre risolvere altri problemi, come la definizione di standard condivisi e molti aspetti legali».
Alessandro Zamboni, managing partner di AvantGarde Group ha poi confrontato l’avanzamento dei progetti Blockchain in cinque settori – financial services, utilities, telco e media, manufacturing, retail e distribuzione – basandosi sui dati del servizio di technology assessment “Hit Radar” della rete d’imprese milanese, specializzata nel supporto a progetti complessi di “digital orchestration” soprattutto nel settore finance.
Il più forte impatto è nel Retail, quello minore è sull’Energy
«Nei financial service, caratterizzati da fortissima regolamentazione, la Blockchain ha forte impatto e i test sono molto avanzati. Nell’energy invece l’assenza di contesto regolamentare rallenta tutto, non si è neanche iniziato a parlarne, comunque la Blockchain avrà basso impatto. Nel telco ci sarà un impatto medio, mentre nel retail – fortemente focalizzato sull’asset dati personali – la Blockchain avrà un alto impatto, anzi il più alto: l’applicazione principale è nei rewarding loyalty program».
Anche nel manufacturing l’impatto sarà alto, e le applicazioni principali saranno tipicamente di supply chain: tracking di processi complessi, compliance, quality origin assurance, ha detto Zamboni, citando il caso Walmart e poi accennando a un progetto italiano seguito direttamente nel luxury fashion. «L’obiettivo era la garanzia dell’originalità del prodotto e sono emersi come temi critici la gestione dell’identità digitale dei soggetti partecipanti (anche macchine), con differenziazione degli accessi in funzione della tutela del segreto industriale, e l’interoperabilità: la Blockchain non può funzionare con approccio a silos, deve interagire con altre tecnologie come IoT ed ERP».
In generale, ha sintetizzato il managing partner di AvantGarde, i tre elementi principali di un progetto Blockchain sono digital identity, Digital Ledger technology, e trusted data marketplace. Il consiglio è partire dall’obiettivo di business e capire se la tecnologia può dare una mano all’interno del quadro normativo.
Un database non real time, ma non modificabile
Mauro Giorgi di NTT Data ha poi confermato che è ancora presto per parlare di applicazioni mainstream, e che le prime implementazioni concrete saranno operative nella seconda parte di quest’anno soprattutto in ambito Finance, dove la Blockchain è in fase di maturità e verifica delle attese, mentre altri settori procedono in modo più cauto aspettando i primi esiti appunto nel Finance. «I benefici più attesi sono la facilità di tracciamento e di effettuare transazioni tra molti soggetti diversi. In questo momento vediamo in corso tentativi frammentati e isolati, Blockchain pubbliche e private “di distretto” che coesistono in modo indipendente».
La Blockchain, ha sottolineato Giorgi, è una tecnologia innovativa ma non è la soluzione per ogni problema. È complessa e richiede di ripensare i processi, partendo dall’effettivo beneficio di business. È un database non veloce, non real time, ma tracciabile e immutabile, e permette transazioni validate senza autorizzazione centrale. «È fondamentale non perdere di vista queste caratteristiche».
Cosa può dare la blockchain al codice a barre?
Pierluigi Montanari, sempre di NTT Data, ha invece illustrato il progetto di convergenza tra blockchain e barcode (codice a barre): «Il barcode è uno standard molto flessibile, diffusissimo (6 miliardi di letture al giorno) e utilizzato per l’identificazione univoca e la tracciabilità dei prodotti di moltissimi settori, dal farmaceutico al tabacco all’alimentare. Cosa può dargli in più la Blockchain? L’aspetto di notifica, la garanzia che un evento è effettivamente avvenuto ed è certificato. La Blockchain è un registro distribuito delle transazioni in cui gli eventi una volta scritti non si possono più cambiare. Per questo con l’associazione GS1 stiamo studiando una convergenza tra la Blockchain e lo standard Epcis di tracciamento in tempo reale del barcode».
Reply: l’aiuto della blockchain in 4 fasi della supply chain dei beni di lusso
L’intervento successivo è stato di Simone Longo di Reply, che sulla Blockchain ha creato un competence center già nel 2014. Il centro ha sviluppato tra l’altro 9 acceleratori proprietari per facilitare lo sviluppo di applicazioni Blockchain verticali, tra cui 4Retail, basato su tecnologia Hyperledger e pensato per integrare servizi Blockchain nei sistemi di gestione della Supply Chain per il settore beni di lusso. «Questi servizi supportano quattro fasi – identificazione del prodotto, consegna, registrazione del cliente e after sales – con molte possibili applicazioni, dalla certificazione di autenticità/anticontraffazione al supporto dei passaggi di proprietà e relative transazioni, fino alla proposizione di programmi di manutenzione o riparazioni in promozione».
Un “passaporto digitale” per ogni oggetto
La parola è poi passata a Emanuele Bertoli di 1Trueid, startup che propone un sistema comprensivo di brevetti, app e hardware per verificare in tempo reale la veridicità dei prodotti. «Il mercato del traffico illecito di beni contraffatti vale 431 miliardi di dollari, è più grande di quello della droga. La nostra missione è dare un “passaporto digitale” a ogni oggetto, a cui possano accedere tutti: dalla grande corporation farmaceutica al piccolo produttore di formaggio fino al consumatore». Una delle problematiche principali, aggiunge Bertoli, è definire uno standard condiviso: «Ci siamo concentrati su soluzioni a 360 gradi, nelle quali si passi da push a call e sia il consumatore a farsi interprete del sistema, agendo a livello one-to-one con il brand, condividendo le informazioni anche su piattaforme social».
L’evento si è concluso con una Tavola Rotonda moderata da Camerinelli con i relatori della prima parte, e con Igino Colella (presidente Italy RoundTable CSCMP), Maria Laura Comito (Direttore Centrale Tecnologie per l’Innovazione dell’Agenzia delle Dogane), Paolo Fontana (Samsung Electronics), Marco Forzani (Binda Italia), Andrea Redaelli (Hugo Boss), Michele Simbula (Logistic Company). Molti ovviamente gli elementi emersi, ma la convinzione più diffusa è che come in tutte le innovazioni tecnologiche “disruptive”, anche per la blockchain il cambiamento sarà guidato dal basso, ossia dal mercato e dalle esigenze degli utilizzatori, per cui è decisivo che tutti gli attori interessati siano coinvolti il prima possibile in tale cambiamento.