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Contact center trend: come iper-personalizzare la relazione con il cliente con l’AI



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Le tecniche di intelligenza artificiale possono aiutare le aziende a costruire rapporti di fiducia con la propria clientela, attraverso diversi strumenti innovativi. Obiettivo: ricreare un approccio da piccola bottega con una scala e una complessità molto superiori 

Pubblicato il 7 gen 2025

Emanuele Villa

Giornalista



contact center trends

Tra gli attuali trend del contact center, uno dei più rilevanti è la personalizzazione del rapporto con il cliente. In un’era fondata su relazioni standardizzate e automatizzate, recuperare il fascino dell’unicità significa creare interazioni su misura, capaci di rispondere alle esigenze specifiche di ogni cliente. 

Contact center trends e l’obiettivo del “referente unico”

Personalizzare significa ottenere risultati positivi e tangibili in termini di engagement, di acquisizione e di fidelizzazione del cliente. L’obiettivo che molte aziende si pongono, o che quanto meno dovrebbero porsi, è quello del referente unico, che corrisponde ad un concetto di iper-personalizzazione del rapporto: anche in contesti ampi e distribuiti, con migliaia di clienti e laddove personalizzare è una grossa sfida, l’obiettivo deve essere quello di creare una relazione unica tra il cliente e l’operatore (o una ristretta cerchia di operatori) più in linea con le sue esigenze e il suo modo di fare. In questo modo, le grandi aziende, che solitamente vengono percepite come fredde e distanti dalle persone, possono effettivamente creare un legame autentico e duraturo.

Tutto questo deve essere economicamente sostenibile, oltre che possibile. Non dimentichiamo, infatti, che l’obiettivo delle imprese è trovare un bilanciamento tra il miglioramento della customer experience e l’efficienza. Le tecnologie moderne, afferenti al macrocosmo dell’intelligenza artificiale, vanno esattamente in questa direzione.  

L’impatto del digitale sulla personalizzazione

L’automazione portata dal digitale aiuta indirettamente a personalizzare il rapporto. Intanto, perché solleva le persone da attività ripetitive e routinarie permettendo loro di concentrarsi proprio sulla relazione con i propri interlocutori, a prescindere dalla modalità e dai canali. Non c’è comunque dubbio che, in ottica di vicinanza tra l’azienda e il cliente, il canale telefonico rappresenti ancora un punto di riferimento indiscusso.

Inoltre, la digitalizzazione genera un’infinità di informazioni relative al customer journey dello specifico cliente, che possono essere centralizzate in un unico sistema, analizzate e messe a disposizione dell’intera struttura e dei suoi operatori. Ad esempio, i dati raccolti attraverso le interazioni su vari canali, come e-mail, chat o chiamate, possono essere utilizzati per tracciare le preferenze del cliente, identificare i momenti chiave del percorso e migliorare le strategie di assistenza.  

L’intelligenza artificiale e i 3 pilastri della conoscenza

“Ritengo che l’AI sia davvero dirompente in quest’ambito – ci spiega Massimo Veutro, CTO & Managing Director  di Base Digital Platform – perché di fatto fornisce alla struttura tre grandi pilastri della conoscenza, che possono essere usati per concretizzare il paradigma del referente unico”.

Mantenendo le espressioni inglesi, questi pilastri sono la cosiddetta diarization, la summarization e la evaluation.  

Il primo è l’unico che vale solo per il canale telefonico ed è piuttosto intuitivo come concetto: la trascrizione della conversazione telefonica arricchita dai tempi e dagli interlocutori, quindi con capacità di distinguere diversi timbri vocali. “La summarization – precisa Veutro – è fondamentale nel mondo del contact center. Pur rispondendo al semplice concetto del riassunto, adottarla significa mettere a disposizione di tutti gli operatori del contact center le informazioni di base della conversazione avuta con uno solo di loro. In altri termini, significa estendere istantaneamente la conoscenza del singolo al gruppo. E c’è una differenza abissale tra ottenere in forma automatica queste informazioni e affidarsi al lavoro manuale di annotazione, che a volte non viene fatto o può contenere errori”.  

Ragionando in ottica di personalizzazione, l’effetto positivo è importante. Magari non si tratterà di un referente unico nel senso letterale dell’espressione, ma se il cliente richiama a breve distanza dalla prima telefonata e parla con un altro operatore, questo non gli farà le stesse domande del primo, e ciò avrà un impatto positivo in chiave di efficienza e reputation. Senza contare il discorso della rapidità di accesso: le informazioni possono essere scritte in un unico database facilmente accessibile, mentre prima occorreva interpretare note scritte di fretta in più sistemi, cercare informazioni presenti in diverse posizioni e applicativi per ricostruire, più o meno in tempo reale, la relazione esistente. “Non bisogna poi dimenticare – prosegue Veutro – che il riassunto fatto dall’AI è oggettivo, non solo a livello di prodotti, acquisti e attività, ma anche, per esempio, di soddisfazioni o insoddisfazione del cliente”.  

Infine, c’è l’evaluation, che più di tutte conduce all’unicità di rapporto. “Da qualsiasi conversazione è possibile estrarre dei KPI validi. Quanto è alto il rischio di perdere il cliente? Quante possibilità ci sono che la relazione si trasformi in acquisto? Come si è creato il rapporto tra operatore e cliente? L’azienda che è in grado di risalire a tutte queste informazioni, e che quindi utilizza tecniche avanzate di analisi dei dati delle interazioni (interaction analytics, ndr), sa anche a chi indirizzare il cliente specifico”. 

A questo proposito, vengono in mente tecniche come la sentiment analysis o gli speech analytics per il canale voce, strumenti fondamentali per comprendere le sfumature delle conversazioni. In generale, l’obiettivo di questi strumenti è suggerire all’azienda il percorso ottimale per gestire il cliente, un percorso che può culminare nell’assegnazione di un unico referente per l’intero customer journey. Quest’ultimo rappresenta l’approccio più efficace, in quanto garantisce oggettivamente i migliori KPI in termini di soddisfazione: che si tratti della preparazione specifica del referente, della sua capacità di gestire il carattere del cliente o della sua proattività, ciò che conta è che l’azienda abbia trovato il modo più adatto per instaurare un rapporto di fiducia. Un rapporto che, in sostanza, non si discosta molto da quello che si creerebbe nella piccola bottega, ma con una scala e una complessità ben maggiori.

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