Non si arresta la crescita dell’e-commerce italiano, che nel 2017 dovrebbe generare un fatturato di 23,1 miliardi di euro, in crescita del 16% rispetto ai 19,9 miliardi registrati nel 2016. Sono le previsioni dell’Osservatorio eCommerce B2c del Politecnico di Milano, che insieme a Netcomm, il consorzio che riunisce le imprese attive nel commercio elettronico, ha svolto un’indagine sui fattori trainanti di un mercato in continua espansione ed evoluzione. I dati sono stati presentati ieri durante la prima giornata del Netcomm Forum, l’evento annuale di scena a Milano dedicato agli operatori del settore, e hanno contribuito a delineare l’indirizzo strategico che Roberto Liscia, presidente dell’associazione, ha proposto al pubblico. «In tutto il mondo c’è ormai un miliardo e mezzo di persone che comprano on line, sono loro il vero driver del cambiamento, ed è a loro che i retailer devono dare una risposta». Secondo Liscia la risposta è quella dello unified commerce, che racchiude in sé in concetti di convergenza e omnicanalità, diventate vere parole d’ordine della digital transformation applicata al mondo del Retail. «Chi compra lo fa sempre di più on line e questo ha un impatto decisivo anche sulla struttura fisica del negozio, che nonostante ora stia attraversando una fase transitoria di ridimensionamento, acquisterà nuova importanza nella dimensione dell’always connected retail. Il consumatore è infatti costantemente connesso, e lo shopping, che sia on o off line, è diffuso nel tempo nello spazio. Non è più un atto, ma un processo».
Sempre più acquisti dallo smartphone
Lo smartphone è il vero protagonista di questa evoluzione: i dati della ricerca Net Retail condotta da Human Highway per Netcomm dimostrano che chi usa tre device (pc, mobile, tablet) spende in media due volte di più di chi utilizza solo il PC, così come l’everywhere shopper compra di più in tutti i canali e usa il telefono per orientarsi e poi acquistare off line. Durante il primo trimestre del 2017, inoltre, i consumatori italiani sono passati da 18,7 milioni a 20,9 milioni con 12,2 milioni di famiglie italiane (oltre la metà del totale) che hanno adottato lo shopping digitale. Si registra dunque un 26% in più di acquirenti, che mette però in moto volumi di acquisti superiori del 37%. L’unica nota dolente di questo scenario è che solo il 22% delle transazioni avviene su siti italiani.
«Gli acquisti on line aumentano all’aumentare della digitalizzazione degli utenti», ha commentato Liscia. «Ora tocca al negozio fare la sua parte. In Italia abbiamo già 4.400 punti vendita che permettono il ritiro di prodotti comprati via Internet e circa duemila sono abilitati al reso. Ma bisogna tenere a mente cinque elementi che saranno critici per sostenere la trasformazione di cui ha bisogno il mercato: le imprese devono innanzitutto orientare il cliente, proponendogli strumenti informazioni e contenuti. Occorre poi tranquillizzarlo rispetto a un’offerta che il digitale ha reso virtualmente infinita. Il terzo punto riguarda i pagamenti, che devono poter essere effettuati in un batter d’occhio senza che l’utente si ponga mai il problema dello strumento da utilizzare. Quarto elemento: la logistica, che è tra i fattori primari nella scelta di un merchant quando si fanno acquisti on line. Infine, il customer care non va più considerato come un mero servizio da fornire a margine della vendita, ma come una piattaforma per dialogare con il cliente, che vuole confronto, condivisione, scambio di esperienze».
La ricerca nel dettaglio
Al termine del keynote di Roberto Liscia sono intervenuti Riccardo Mangiaracina, Direttore dell’Osservatorio eCommerce B2c Netcomm Politecnico di Milano e Jorij Abraham, Managing Director dell’Ecommerce Foundation. Mangiaracina è entrato più nel dettaglio della ricerca realizzata per Netcomm, sottolineando i settori che hanno trainato la crescita dell’e-commerce in Italia. C’è stato un vero e proprio boom del Food&Grocery, che ha segnato un +37%, seguito da Arredamento&Home Living (+27%), Informatica & Elettronica di Consumo, che si confermano ottimamente performanti con un incremento del 26%, e l’Abbigliamento, a +25%. «Gli acquisti on line ormai pesano per il 5,6% dei consumi italiani», ha detto Mangiaracina. «Raggiungono il 9% se si parla di servizi, mentre si fermano al 4% nel caso dei prodotti. Il 31% delle operazioni avviene in mobilità (23% su smartphone e 8% su tablet), e lo shopping via telefono è aumentato dal 2013, anno su anno, del 78%. Parliamo di un mercato ancora molto concentrato, se consideriamo che i primi due player detengono il 71% dell’intero giro d’affari. Del resto se le aziende tradizionali crescono del 9%, le dotcom faranno registrare per il 2017 un +21%».
Lo scenario europeo
Dal suo osservatorio olandese, Abraham ha invece esteso il discorso allo scenario europeo, evidenziando che il Vecchio continente continua a essere il mercato più importante a livello globale, con un tasso di crescita annuo pari al 15%. «Fino a quanto potrà crescere? Abbiamo condotto un sondaggio in Olanda e la popolazione ha risposto che nel 2020 il 48% degli acquisti sarà fatto on line. Francamente non mi aspettavo un risultato tanto importante, ma ho imparato per esperienza che nessuna possibilità va esclusa: ammetto che nel 2002 l’idea che avremmo comprato abiti su Internet mi sembrava ridicola…»
Abraham si è detto convinto che il negozio fisico riuscirà a vincere la sfida dell’omnicanalità, sia perché ormai la tecnologia abilitante è diventata una commodity e molte piattaforme sono di fatto strumenti plug & play, che non inibiscono lo sviluppo dei punti vendita a livello globale, sia perché non è solo la scala il fattore di successo dello unified commerce. «Chi possiede più dati sarà in grado di servire meglio i clienti», ha detto Abraham, «e le strutture che sapranno migrare verso modelli verticali, con la creazione di marketplace specialistici, guadagnerà notevole vantaggio competitivo». Il numero uno di Ecommerce Foundation ha citato il caso di 9Straatjesonline, il progetto che ha visto le strade dello shopping di Amsterdam consociarsi per trasmettere on line l’esperienza che i consumatori sperimentano nei negozi fisici della capitale olandese. Lo stesso modello potrebbe essere per esempio applicato a città come Venezia e Milano. «C’è un altro modo per battere i grandi: on line hanno sempre prevalso la razionalità e l’attenzione al prezzo, se le aziende saranno in grado di costruire dei love brands che parlano al cuore dei consumatori potranno dare filo da torcere a chi punta al cervello».