Il mercato Internet of Things (IoT) in Italia ha raggiunto nel 2016 un valore di 2,8 miliardi di euro, il 40% in più rispetto al 2015, quando la crescita era stata del 30%. La spinta viene sia dalle applicazioni consolidate basate su connettività cellulare (1,7 miliardi di euro, +36%) sia da quelle basate su altre tecnologie (1,1 miliardi, +47%). È una crescita in linea o superiore ad altri Paesi occidentali, in buona parte dovuta alla legge che impone alle utility di mettere in servizio almeno 11 milioni di contatori intelligenti entro il 2018 (Smart Metering gas). Anche scorporando gli effetti della normativa, la crescita è oltre il 20%, grazie soprattutto all’altro ambito trainante: la Smart Car, che conta su 7,5 milioni di auto connesse circolanti.
Smart Metering gas e Smart Car da soli rappresentano più della metà del fatturato IoT. Aggiungendo anche lo Smart Building (applicazioni IoT negli edifici), si supera il 70%. Insieme al fatturato poi cresce (+37%) anche il numero di oggetti connessi tramite rete cellulare, giunti a 14,1 milioni, a cui si aggiungono 36 milioni di contatori elettrici connessi tramite PLC (Power Line Communication), 1,3 milioni di contatori gas che comunicano tramite radiofrequenza e 650mila “lampioni intelligenti” connessi tramite PLC o radiofrequenza.
«Nel 2016 abbiamo osservato importanti segni di maturità dell’Internet of Things in Italia: nuove reti di comunicazione ‘Low Power Wide Area’, maggiore offerta di soluzioni, crescita significativa del mercato – dice Angela Tumino, Direttore dell’Osservatorio Internet of Things -. È il momento di andare oltre la connessione degli oggetti, spostando l’attenzione verso i servizi. L’auto connessa abiliterà nuovi servizi per sicurezza, manutenzione, navigazione, risparmio energetico, mobilità condivisa. I dispositivi Smart Home controlleranno i consumi energetici e segnaleranno tentativi di effrazione. In fabbrica con l’IoT si potrà fare manutenzione predittiva e pagare i macchinari in base all’effettivo utilizzo. Nella Smart City i dati raccolti possono alimentare ‘sistemi operativi’ per governare meglio il territorio e offrire servizi di valore per la comunità».
Non solo contatori e auto
Il principale segmento del mercato IoT (34% del totale) è lo Smart Metering e Smart Asset Management nelle utility, che è quasi raddoppiato per l’obbligo normativo, passando da 500 milioni di euro nel 2015 a 950 milioni nel 2016 (+90%). Al secondo posto (20% del totale) c’è la Smart Car, che cresce del 15% e raggiunge 550 milioni. Il calo dei prezzi dei box GPS/GPRS rallenta la crescita del valore di mercato, ma le auto connesse sono aumentate del 40% e ora sono 7,5 milioni, circa un quinto del parco circolante in Italia.
Segue poi lo Smart Building (510 milioni di euro, 18% del mercato), in crescita del 45% rispetto al 2015, soprattutto grazie a soluzioni per la sicurezza negli edifici e al graduale coinvolgimento dei piccoli uffici e negozi, dopo le grandi strutture industriali. E ancora le soluzioni di Smart Logistics (250 milioni, 9% del mercato), per la gestione delle flotte aziendali e di antifurti satellitari: a fine 2016 oltre 800.000 mezzi per il trasporto merci erano connessi tramite SIM. La Smart Home vale 185 milioni e il 7% del mercato (+23%), con una netta prevalenza di applicazioni per la sicurezza.
Cosa aspettarsi dall’IoT in Italia nel prossimo futuro? Secondo l’Osservatorio lo Smart Metering continuerà l’espansione nel 2017 sulla spinta della normativa sul gas e delle recenti evoluzioni in ambito elettrico. La Smart Car continuerà a crescere con tassi importanti grazie all’aumento delle auto nativamente connesse. Per la Smart Home lo sviluppo sarà favorito dai nuovi canali di vendita che moltiplicano le occasioni di acquisto (retailer multicanale, utility, telco), dal lancio di nuovi prodotti e servizi con prezzo accessibile, dalle prossime mosse di grandi Over-The-Top come Google e Amazon, e dallo sviluppo di alleanze per ridurre il problema dell’interoperabilità. Ma si prevede dinamismo anche per l’Industrial IoT, grazie agli incentivi previsti dal Piano Nazionale Industria 4.0 (Piano Calenda).
Quanto agli ambiti IoT ancora in stato embrionale, i più promettenti sono la Smart City, il cui potenziale è ancora ampiamente da esprimere, il Retail con la possibilità di raccogliere moltissimi dati sul comportamento dei clienti all’interno del negozio, e la Smart Agriculture, dove l’IoT offre opportunità di tracciabilità dei prodotti, ma anche per la gestione delle attività agricole, soprattutto per le colture ad alto valore.
Smart City, per ora solo sperimentazioni
Più in dettaglio, le applicazioni Smart City continuano a pesare poco: 230 milioni di euro, l’8% del totale. A parte alcuni ambiti circoscritti – il trasporto pubblico con 200mila mezzi monitorati da remoto, l’illuminazione intelligente con 650mila pali della luce connessi – il potenziale italiano della città intelligente resta ancora bloccato.
L’indagine dell’Osservatorio mostra che il 51% dei Comuni medio-grandi ha avviato almeno un progetto Smart City negli ultimi 3 anni, ma il 56% di essi è ancora in fase sperimentale. Le amministrazioni faticano a estendere i progetti all’intero territorio cittadino e a integrarli tra loro in una chiara strategia di medio-lungo termine. Grandi città, come Milano e Torino, sono l’eccezione positiva con i recenti programmi di ampio respiro, ma è ancora poco per cogliere i benefici delle Smart City a livello di sistema Paese.
Per contribuire a superare lo stallo, l’Osservatorio ha sviluppato modelli di stima di costi e benefici di quattro applicazioni Smart City, applicandoli alla città di Milano. Ne emerge che tutti i progetti analizzati si riescono a ripagare: in 1-2 anni la Gestione dei parcheggi, in 2-5 anni la Raccolta rifiuti, in 3-5 anni l’Illuminazione intelligente, in 6-9 anni lo Smart Building in edifici pubblici. A ciò si aggiungono i benefici legati a migliori servizi alla comunità, sostenibilità e vivibilità: a Milano ogni cittadino potrebbe risparmiare 3 giorni all’anno per la ricerca di parcheggi liberi e si ridurrebbero le emissioni di oltre 60mila tonnellate di CO2 all’anno.
Industrial IoT, grandi attese dal Piano Calenda
L’Osservatorio ha poi intervistato 110 aziende con sede in Italia, scoprendo che il 45% ha recentemente avviato almeno un progetto di Industrial IoT. Le applicazioni più diffuse (52%) sono di Smart Factory (gestione intelligente della fabbrica), controllo in tempo reale della produzione, manutenzione preventiva e/o predittiva, e logistica (43% dei casi).
Ben il 25% però di Industrial IoT non ha neanche mai sentito parlare, ma per il 2017 le attese sono ottime grazie al Piano Calenda. La mancanza di competenze è il primo ostacolo in quest’ambito, indicata dal 57% delle aziende. «L’Industrial IoT ha due importanti direzioni di sviluppo – spiega Giovanni Miragliotta, Direttore dell’Osservatorio IoT -: da un lato puntare sulle competenze necessarie per analizzare e gestire i dati raccolti da impianti e macchinari connessi, dall’altro spostarsi dalla vendita del solo hardware all’offerta di servizi di valore abilitati dall’I-IoT, ad esempio macchinari gestiti da remoto o ceduti con modelli di pricing basati sulle ore di funzionamento».
Cosa fanno le aziende dei dati IoT
L’Osservatorio ha studiato 53 progetti in Italia e all’estero, scoprendo che i dati si usano come input per ottimizzare i processi (75% dei progetti), creare nuovi prodotti/servizi (49%), personalizzare prodotti/servizi (26%), mentre risultano ancora marginali la monetizzazione diretta tramite vendita dei dati e l’uso per l’Advertising & Commerce.
«I dispositivi connessi consentono di raccogliere tantissime informazioni sul loro funzionamento e sulle persone che li usano: definire strategie per valorizzare i dati raccolti, sia in ambito consumer sia business, è sempre più rilevante per le aziende – sottolinea Angela Tumino -. Cresce di pari passo però l’attenzione per temi di Privacy e Cyber Security: i consumatori sono tendenzialmente restii a condividere i propri dati, a meno di ricevere in cambio vantaggi concreti».