Il Retail è certamente uno degli ambiti in cui la digitalizzazione sta incidendo più profondamente. Per restare competitivi occorre sincronizzare perfettamente canali fisici tradizionali e canali digitali – sia sul front-end verso i clienti, sia nel back-end dei processi interni e di supply chain – ma realizzare questa sincronizzazione (Omnicanalità) non è affatto facile.
Da una parte i consumatori hanno esigenze sempre più sofisticate e difficili da prevedere; dall’altra la logistica ha raggiunto livelli di complessità senza precedenti anche a causa dell’eCommerce, vedi per esempio le problematiche di gestione dei resi (reverse logistics), e di moltiplicazione delle opzioni di consegna.
Di questi temi di estrema attualità si è parlato al quarto evento del “Digital Performance Lab”, percorso di incontri ideato da TESISQUARE, con il supporto di P4I-Partners4Innovations. «L’obiettivo è ascoltare, favorire il confronto, e capire lo stato d’avanzamento reale del digitale nei vari settori – ha spiegato Giuseppe Pacotto, CEO di TESISQUARE, introducendo l’evento -. Nel Retail per esempio l’innovazione sta prendendo molte forme e già definire precisamente di cosa si sta parlando è un passo importante».
L’1% del fatturato per digitalizzare
Tecnicamente l’Omnicanalità, ha spiegato Valentina Pontiggia, Direttore dell’Osservatorio Innovazione Digitale nel Retail del Politecnico di Milano, indica l’integrazione dei canali (negozio, web, mobile, ecc.) in modo che il consumatore non percepisca differenze di interazione con il retailer, a cominciare dal prezzo del prodotto.
Un modello che oltretutto è da realizzare in uno scenario sempre più eterogeneo e composito. In Italia abbiamo 19 milioni di web shopper, il 77% di chi ha uno smartphone lo usa nel processo d’acquisto, la domanda è in lenta ripresa (escluso il settore alimentare), e l’offerta molto frammentata, con livelli sempre più alti di competizione – per l’arrivo di multinazionali del retail (tipo Starbucks), e la pressione delle “dotcom” – e di complessità dei processi.
«In questo quadro, i Top Retailer in Italia investono meno dell’1% del fatturato nel digitale, e solo il 35% ha una strategia digitale in corso, mentre un altro 47% ne sta definendo una – ha spiegato Pontiggia, citando un’indagine dell’Osservatorio Retail -. Quando investono, però, la governance è abbastanza evoluta: la modalità collaborativa è la più diffusa, i progetti di digitalizzazione in media coinvolgono 6 funzioni aziendali, e i meccanismi di coordinamento in 2 casi su 3 sono strutturati con regole, piani integrati, o comitati permanenti».
Cercansi esperti di eCommerce, marketing, analytics, social
Le aree di competenza “calde” sono marketing online, user experience e data analytics. I profili più richiesti sono manager di eCommerce, CRM, digital marketing, customer analytics e social media. «Ce ne sono pochi, difficile anche stendere la job description e cercarli con canali tradizionali».
L’Osservatorio ha anche rilevato il diffondersi tra i top retailer di meccanismi d’innovazione sperimentali, come corporate entrepreneurship (azioni del management per far emergere cultura innovativa), e soprattutto open innovation, cioè iniziative per recepire idee da attori esterni. In quest’ultimo campo Pontiggia ha citato per esempio gli “hackaton” di Illy, il “corporate venture capital” di Percassi per le startup selezionate da un apposito programma di H-Farm, la “mentorship” per startup di Miroglio Group, e il “partner scouting” di Iper per condividere con altri operatori un programma di consegna della spesa in un’ora.
Top retailer: solo 2 su 3 vendono online, il 55% fa mobile commerce
L’indagine del Politecnico distingue poi le innovazioni digitali nel retail tra back-end e front-end. «Nel back-end ci sono più investimenti: per fare un buon eCommerce bisogna partire da qui». Nel 2016 ogni top retailer ha fatto mediamente 6 innovazioni di back-end e il 93% ne ha introdotta almeno una. Le aree prioritarie sono CRM, ERP, fatturazione elettronica, business intelligence e picking, mentre per il 2017 emerge interesse per tecnologie più avanzate: monitoraggio dei comportamenti del cliente negli store, Intelligent Transport System e tracciamento RFID.
Nel front-end il quadro è più arretrato. Nel 2016 quattro top retailer su 5 hanno introdotto almeno un’innovazione digitale, con prevalenza di soluzioni di pagamento innovative, couponing e loyalty, chioschi e sistemi di cassa evoluta o Mobile POS, mentre per il 2017 emerge interesse per realtà aumentata, digital signage e vetrine smart, indoor positioning e camerini smart.
ìAl cuore di ogni strategia di digitalizzazione del retail comunque c’è la presenza Online e Mobile: «L’88% dei top retailer italiani è sia Online che su canale Mobile, il 10% solo Online e l’1% solo sul Mobile. Due terzi dei retailer fanno Online eCommerce, con grandi differenze tra settori (dal 100% dell’editoria al solo 32% del food), mentre il 35% sul web ha solo una presenza istituzionale. Quanto al Mobile, il 55% dei top retailer permette di comprare via smartphone, il 34% di ricevere servizi pre o post vendita».
Supportare processi nelle filiere, ha poi spiegato Mauro Gullino, Business Line Executive Retail, è il core business di TESISQUARE, «e anche il Retail è una filiera, per cui qualche anno fa l’azienda ha deciso di proporre una piattaforma ad hoc a supporto della digitalizzazione appunto della Retail Value Chain e della collaborazione tra fornitori, distributori e anche consumatori».
Si tratta di un pacchetto di soluzioni installabili anche separatamente, che permettono di governare sia i processi interni di un’azienda Retail sia quelli verso l’esterno. «Per quelle più verticali – Merchandising Management e Store Operations – che estendono la visibilità fino al consumatore, abbiamo stretto una partnership con Symphony Gold, vendor specializzato sulla GDO Grocery».
Un modello a 5 variabili misura la “maturità omnichannel”
Nella parte finale dell’evento le aziende utenti hanno partecipato al “tavolo di simulazione” sulla “maturità omnichannel”, misurandosi su un modello dell’Osservatorio Retail basato su 5 variabili: canali, gestione front-end, gestione back-end, rete logistica e governance. Ne sono emersi diversi spunti e problemi, tra i quali alcuni molto condivisi, sintetizzati da due interventi.
«La pressione più forte nell’eCommerce è sul livello di servizio, soprattutto a causa di Amazon: la consegna in due ore degli acquisti eCommerce impone un’accelerazione spaventosa rispetto alla consegna in giornata, che è la best practice attuale in Italia – ha detto un manager di un operatore GDO -. Il problema cruciale è la sostenibilità economica: la stessa Amazon ha dichiarato che sarà in perdita per 5 anni su Prime Now».
Altra criticità è quella dei resi, evidente soprattutto nell’eCommerce del fashion/abbigliamento, di cui molti operatori hanno sottovalutato costi e complessità logistiche, anche perchè molti venditori online offrono la restituzione gratuita. «In periodi come Natale e San Valentino, i tassi di prodotti resi raggiungono il 35-40%, ma in generale sono sempre più frequenti casi in cui il consumatore compra un prodotto in 2 o 3 misure per essere sicuro di avere quella giusta, restituendo poi le altre, o compra il prodotto per usarlo in una precisa occasione – una cena, una festa – e poi renderlo», ha spiegato un manager del settore Luxury.
«Per questi e altri problemi una possibile soluzione è la sinergia con i negozi fisici: persino alcune Dot Com stanno pensando di aprire punti vendita di proprietà (Amazon) o utilizzano quelli di altri retailer per offrire servizi di click&collect o di reso – conclude Pontiggia -. Il negozio è indispensabile all’eCommerce non solo per abbattere alcune barriere all’acquisto dei web shopper, come la paura di non essere a casa al momento della consegna o l’esigenza di provare il prodotto prima di acquistarlo, ma anche per offrire servizi di consegna in poche ore grazie alla capillarità delle catene retail».