Riportiamo un articolo di Ralf Seifert, Professor of Operations Management e Director of Digital Supply Chain Management Program all’IMD (International Institute for Management Development) di Losanna, una delle più prestigiose scuole di management europee. Seifert racconta l’analisi condotta dal suo team di ricerca sulla minimizzazione degli scarti di frutta e verdura nel business di Migros, la principale catena di supermercati alimentari svizzera. In Italia il mercato della frutta e verdura vale oltre 13,7 miliardi di euro (+1,4% sul 2015), a fronte di prezzi stabili nell’ultimo triennio (dati GfK relativi al 2016, elaborati da Cso Italy per Macfrut Consumers’ Trend).
Secondo dati di FAO e McKinsey, lo spreco globale di alimentari freschi nel mondo è stimato in circa 940 miliardi di dollari. Per le aziende impegnate nelle filiere alimentari, questo ha un impatto diretto su tutti i principali indici nel senso più lato. Esistono quindi grandi opportunità di risparmio di costi, e di riduzione degli impatti sociali e ambientali. Ma cogliere queste opportunità è molto complesso, perché richiede interventi e soluzioni a tutti i livelli della supply chain.
In particolare, nel retail alimentare, frutta e verdura sono una categoria estremamente impegnativa, a causa dei cicli di vita molto brevi, dei grandi flussi di merce da gestire continuamente, delle infrastrutture specializzate e dell’alto livello di disponibilità di un portafoglio di prodotti che per definizione è a forte stagionalità. Nel retail alimentare, i livelli “best practice” di scarti sono tra il 3% e il 5% del fatturato: Migros si colloca in questa fascia, ma comunque visto il suo volume d’affari l’impatto sui profitti è notevole.
Per individuare esattamente le determinanti degli scarti di prodotti ortofrutticoli, IMD ha analizzato la supply chain di Migros, la principale catena di supermercati svizzera, con un fatturato di 27,4 miliardi di franchi svizzeri (25,6 miliardi di euro), e una quota di mercato oltre il 20%. Un franco su 10 spesi in frutta e verdura in Svizzera è incassato da Migros.
Esaminando un database di circa 500mila osservazioni da tutti i supermercati della catena, abbiamo scoperto che gli scarti del fresco sono originati da tre principali driver: scorte in eccesso, varianza degli ordini, e lunghi lead time di consegna.
Dall’analisi è emerso che la leva più efficace su cui agire è la riduzione delle scorte nel punto vendita. Una diminuzione delle scorte di 0,5 giorni comprime i costi degli scarti del 40%. Altri interventi vantaggiosi (vedi grafico a fianco) sono la riduzione del ciclo dell’ordine a un giorno (cioè il rendere la frequenza degli ordini dei negozi giornaliera), e il dimezzamento della varianza dell’ordine: in entrambi i casi i costi degli scarti calano del 17%.
Come creare i presupposti per attivare queste leve? La formazione degli addetti e degli appositi sistemi di incentivi possono aiutare. Ma la cosa più efficace è certamente l’adozione di soluzioni digitali di supply chain management che indirizzino in particolare tre aree: data management, integrated collaborative forecasting, product tracking.
I 3 elemeni fondamentali delle soluzioni SCM per il settore Fresh Food
Il data management è essenziale per migliorare la gestione degli ordini e la visibilità sulla supply chain, e ottimizzare dinamicamente i livelli di scorte. I passi da fare sono soprattutto tre. Uno è usare dati storici di alta qualità (da questo dipende l’accuratezza del demand forecasting). Il secondo è usare dati real time provenienti dai punti vendita (live POS data), per rispondere tempestivamente alle fluttuazioni della domanda. Il terzo è automatizzare il processo dell’ordine, cosa che permette di evitare l’accorpamento degli ordini (batching), che spesso causa problemi di eccesso di scorte o stock-out, e riduce le risorse da dedicare a quest’attività.
L’integrated collaborative forecasting serve serve soprattutto a ridurre la varianza degli ordini, e i lead time di trasporto. La condivisione di dati e previsioni tra partner nelle supply chain del fresco infatti aumenta la visibilità a livello dell’intera filiera, e quindi riduce i rischi di eccesso o insufficienza delle scorte.
Infine il product tracking, che significa avere dei “registri digitali” dell’entrata e dell’uscita dei prodotti a ogni stadio della supply chain. Questo permette di attivare un modello “first in, first out” che riduce il tempo medio di permanenza a scorta (inventory age) e quindi riduce gli sprechi.
In conclusione, nelle filiere della frutta e verdura le soluzioni digitali di supply chain management possono dare un forte contributo all’accuratezza della previsione della domanda e all’ottimizzazione della gestione delle scorte. Tuttavia questi risultati non sono facili da ottenere per la grande complessità di questo mercato, legata tra l’altro ad altissima obsolescenza, volatilità dei prezzi, frammentazione dei produttori e varianza dei driver di valore da un segmento all’altro. Prima di implementare queste soluzioni quindi è vitale sentire il parere di tutte le principali categorie di operatori nella propria supply chain, e fare accurate valutazioni del loro possibile impatto di business.
* Ralf Seifert è Professor of Operations Management e Director of Digital Supply Chain Management Program all’IMD. Merve Kirci è Doctoral Researcher al College of Management of Technology at EPFL, specialista strategic and operational improvements in food supply chains