Alla prima edizione del FED (Forum dell’Economia Digitale), organizzato a Milano da Giovani Imprenditori di Confindustria e Facebook Italia (ne abbiamo parlato diffusamente anche in questo articolo), molti sono stati gli interventi dei protagonisti diretti della rivoluzione digitale in Italia, in particolare piccole e medie aziende. Ne raccontiamo qui alcuni, a partire da quello di Fabio Cannavale, CEO di Lastminute.com Group e socio di vari fondi italiani per startup, come Dpixel, H-farm, Club Italia e Digital Magics.
«Sono una persona normale che ha fondato un’azienda in Italia, partendo da un piccolo sito, Volagratis, che forniva un servizio che nessuno dava, e ora è diventato un gruppo di 1200 persone che compete con giganti del settore viaggi come Expedia e Booking, e colossi generalisti come Google e Facebook – ha spiegato Cannavale -. Per farlo dobbiamo distinguerci, puntando su snellezza, velocità nelle decisioni, attrazione di talenti. Per un’impresa italiana la ricetta per il successo internazionale secondo me comprende manager con formazione all’estero, forti capacità di execution, e creatività italiana».
Farinetti: il digitale come la scoperta del fuoco
A proposito di colossi di settore, L’Oreal è leader in un business tradizionale, e si sta “reinventando”, ha spiegato Cristina Scocchia, AD di L’Oreal Italia. «I nostri brand sono stati costruiti puntando su investimenti molto tradizionali in pubblicità e punti vendita, ma ora le modalità d’acquisto e consumo sono profondamente cambiate, si basano sul rapporto continuo con il marchio, così abbiamo quadruplicato la spesa nel digitale, per raggiungere i consumatori su tutti i canali possibili. In particolare l’analisi dei Big Data è ormai possibile relativamente a basso costo, e ci permette di capire quali servizi sviluppare, quali tendenze di mercato si affermeranno, ma prima di tutto di sviluppare un rapporto di intimità con il cliente».
Di tutt’altra opinione, almeno su questo tema, è Oscar Farinetti, come di consueto piuttosto “diretto” e spiazzante: «Odio il marketing one-to-one, Eataly non ha carte fedeltà, i dati sui clienti mi servono per migliorare prodotti e servizi per tutti». Il digitale però avrà comunque effetti talmente dirompenti «da essere paragonabile alla scoperta del fuoco», ed Eataly sta già cominciando a verificarne i benefici: «Abbiamo 33 punti vendita fisici e 2 online, che sono quelli più visitati: già il 5% delle vendite confezionate (prodotti “secchi”) in italia è online, ora la sfida è la vendita online di prodotti freschi, con cui partiremo a giorni».
Interessante come storia di “creazione della domanda” attraverso il digitale è poi quella di Saturnino Celani, famoso come musicista (tra i migliori bassisti italiani,
da 25 anni lavora con Lorenzo Jovanotti) e da qualche tempo anche imprenditore, con un’azienda completamente digitale, ma un prodotto estremamente concreto: occhiali di fabbricazione artigianale. «Sono conosciuto, ma non si sapeva che faccio occhiali, quindi ho aperto una pagina Facebook e poi un sito, Saturnino Eyewear, creando grande curiosità: gli ottici hanno iniziato a sentirsi fare richieste, a chiedermi, ed è iniziata la produzione, con ordini gestiti uno a uno dalla cucina di casa mia. Nel frattempo la notizia si diffondeva, perché la gente postava foto degli occhiali sui social e i loro amici le “taggavano”, così alcuni distributori esteri sono stati attirati da ciò che hanno visto su Facebook e Instagram ed è iniziata una commercializzazione più organizzata: finora ho venduto 18mila occhiali».
Velasca: «Il negozio fisico è solo un’estensione dell’online»
Una tavola rotonda poi ha raccolto tre storie di piccole aziende che hanno “cambiato marcia” o addirittura esistono grazie al digitale.
«Facciamo calzature artigianali di altissima qualità, ma il nostro è un marchio che sfrutta tutte le potenzialità del digitale non solo per marketing e vendita, ma anche per i processi interni: tagliamo fuori gli intermediari e abbiamo un rapporto diretto con il consumatore, vendiamo sul sito 1400 paia di scarpe al mese, con clienti anche in Alaska – spiega Enrico Casati, fondatore di Velasca -. L’offline per noi è un’estensione dell’online. Alcune campagne su Facebook servono solo per portare persone nel nostro store (in piazza Sempione a Milano, ndr): entra gente che già ha sullo smartphone il prodotto che vuole, se non l’abbiamo glielo spediamo a casa».
Velasca utilizza molto i social, innanzitutto Facebook e Instagram, avendo un prodotto molto legato allo stile, continua Casati. «È fondamentale customizzare la comunicazione in funzione dei vari canali: Instagram per esempio è più internazionale, ci permette di puntare su made in Italy, stile di vita italiano. Lavoriamo moltissimo sui dati di interazione con il consumatore per branding e comunicazione, e su dati e algoritmi più complessi per l’advertising».
Orlando: dolci, conserve e pasta, con l’eCommerce in tutto il mondo
Persino il settore primario, il più tradizionale di tutti, può beneficiare del digitale, ha raccontato Davide Orlando, titolare dell’azienda agricola Orlando, che opera nel palermitano: «Produciamo mandorle, grano e olio e li trasformiamo, grazie a un’apposita legge possiamo vendere i prodotti ottenuti: biscotti, conserve, pasta, dolci e così via». Una rete di negozi o la grande distribuzione richiederebbero grandi investimenti, invece con l’eCommerce Orlando raggiunge consumatori di tutto il mondo molto semplicemente.
«Ma è fondamentale sviluppare marketing e comunicazione, soprattutto in chiave digitale: Facebook con investimenti alla nostra portata ci consente di rivolgerci al mercato che possiamo soddisfare, mentre con Instagram abbiamo trovato una cuoca toscana con 15mila follower che cucina e fotografa le sue ricette, le abbiamo mandato i nostri prodotti e lei ha iniziato a mostrarli e usarli: nel giro di un mese abbiamo aumentato il fatturato di 12mila euro».
Wood’d: Facebook per la storia del prodotto, Instagram per lo styling
Un prodotto completamente diverso, nativamente legato al digitale, è invece quello di Wood’d, che fa custodie per smartphone e tablet in legno e alluminio. «Mio fratello lavorava come visual merchandiser, io come fotografo, ci siamo trovati nel 2012 a realizzare un progetto nostro partendo da un’azienda di famiglia molto tradizionale, che produceva stuzzicadenti e poi articoli casalinghi in legno per la grande distribuzione – ha spiegato Stefano Aschieri, co-fondatore di Wood’d -. Quindi abbiamo completamente cambiato gli schemi, progettando su uno schermo, ispirandoci al mondo artistico, grafico e creativo, e vendendo tramite department store, negozi d’arredamento di fascia alta, ed eCommerce: esportiamo per il 70% del fatturato, il 15% viene dall’Italia e il 15% dall’online».
Col tempo intorno a Wood’d si è creata una community di appassionati, per la quale social e web sono stati decisivi, continua Aschieri: «Abbiamo cercato di dare un’immagine ben precisa fin dal primo giorno. Usiamo Facebook e Instagram, il primo per raccontare la storia del prodotto, della gente che ci lavora, i workshop degli studenti in azienda, il secondo invece è incentrato fortemente sullo styling del prodotto, sugli oggetti, la grafica e l’arte da cui nascono le nostre ispirazioni».