Nel marketing online si sente parlare molto spesso del conversion funnel, ovvero del modello a imbuto che permette di capire quali sono le azioni da intraprendere per migliorare il tasso di conversione. Quest’ultimo è il rapporto tra il numero di visitatori unici del nostro sito web e quello di chi compie una conversione, ovvero un’azione per noi significativa come acquistare un bene o un servizio o iscriversi a una newsletter. Solitamente le azioni da intraprendere per trasformare un click in una vendita sono distinte in tre aree, che corrispondono idealmente a tre sezioni dell’imbuto/funnel.
- TOFU (Top of the Funnel). In cima al funnel si collocano i contenuti non filtrati che generano traffico sul sito, come post o notizie. Il traffico dei visitatori del nostro sito viene instradato verso contenuti generici, come video, guide “how to”, white paper. Lo scopo è incrementare le visite.
- MOFU (Middle of the Funnel). Questi sono i contenuti che permettono di trasformare i lead in prospect. Si tratta, in genere, di video o white paper più complessi, testimonianze degli utenti (case study) o e-book.
- BOFU (Bottom of the Funnel). A questo livello si trovano i contenuti che dovrebbero riuscire a generare le vendite, come demo e test gratuiti, offerte speciali e coupon di sconto.
Purtroppo la tendenza diffusa è quella di lavorare più sui contenuti TOFU, che si rivolgono a numeriche più ampie, che non sui BOFU (quelli che portano il fatturato). Spesso conviene “vendere” al management l’idea che i mille o diecimila visitatori del nostro sito siano un buon obiettivo di marketing e valgano più dei 20 o 100 che sul sito acquistano. Nelle aziende si lavora molto con il SEO specialist per migliorare l’uso delle keyword, in modo da posizionare il sito in cima ai suggeriti di Google o degli altri motori di ricerca – e generare più traffico – mentre meno viene fatto per finalizzare le visite convertendole in acquisti.
Un aiuto per riuscire a tarare meglio le leve del digital marketing e i contenuti del nostro sito arriva, però, da alcuni strumenti analitici molto noti in area marketing.
Le mappe di calore
Le heat map (mappe di calore, qui un approfondimento) sono un buon metodo per visualizzare informazioni multidimensionali e complesse in un modo intuitivo. Si tratta di una rappresentazione grafica nella quale i dati sono espressi in termini di colore e nel marketing digitale sono tra gli strumenti più utilizzati per capire come si comportano i visitatori del nostro sito. Esistono online alcuni tool analitici che generano mappe di calore in base ai dati del traffico, mettendo in evidenza quello che i nostri utenti cliccano, scrollano, leggono o compilano, monitorando i problemi di usability alla base dell’abbandono delle sessioni di navigazione. Tra i più noti, Mouseflow, Lucky Orange, Crazy Egg, ClickTale, Heatmap.me, ClickHeat, Chartbeat, Inspectlet, Sessioncam e Clicky.
L’A/B testing
Siccome spesso nel marketing (e quello digitale non fa differenza) si procede per approssimazioni successive, i digital marketing specialist non possono non avere confidenza con gli strumenti del cosiddetto A/B testing (qui un approfondimento). Come indica il nome, si tratta di un procedimento attraverso cui si confrontano due possibili soluzioni (elementi della campagna di e-mail marketing e newsletter, ma anche banner e contenuti del sito, per arrivare fino alla singola landing page) per valutarne l’efficacia ai fini degli obiettivi commerciali definiti a priori.
In pratica, questi test mettono sotto la lente d’ingrandimento l’usabilità e le strategie SEO per cercare di arrivare a migliorare il tasso di conversione. Titoli, immagini, testi, form, font del carattere di scrittura, pulsanti, bottoni e, in generale, tutto il layout del sito potrà essere confrontato e rivisto, fino ad arrivare al miglior compromesso tra usabilità e profondità del messaggio di marketing. L’A/B testing prevede la consultazione di un campione di utenti-tipo, cui saranno inviate le due opzioni. In base al loro comportamento (cosa cliccano, quanto tempo passano a leggere un certo contenuto) si misurano le performance in termini di click, tempi di risposta e conversioni sulla landing page. I risultati ottenuti permetteranno di “aggiustare il tiro” delle campagne di marketing digitale. In Rete sono disponibili alcuni strumenti gratuiti piuttosto intuitivi (A/Bingo, Five Second Test, Google Analytics Experiments, tra i più noti) e altri tool basici pay per use (al costo di una decina di euro al mese) come Unbounce, Instapage, Optimizely, Adobe Target o Vwo, che permettono anche a chi non ha alcuna conoscenza del linguaggio HTML di saggiare la validità dei propri strumenti di online e digital marketing.
Per soddisfare esigenze più complesse, invece, si potrà ricorrere a strumenti più sofisticati di analisi multivariate come Convert Experiment, Maxymizer, KISSmetrics e AB Tasty.