La riscoperta del punto vendita, del valore della visita dei clienti nei negozi fisici, è il più marcato trend retail degli ultimi mesi, in un contesto di forte stress e incertezza economica che sta limitando gli investimenti da parte delle aziende del settore, incluso quelli nella digitalizzazione.
Il quadro è stato tratteggiato nell’annuale convegno organizzato a Milano dall’Osservatorio innovazione digitale nel retail del Politecnico di Milano, uno dei principali appuntamenti italiani per gli operatori del comparto, dove vengono presentati i risultati della ricerca e le novità che modificano lo shopping nel nostro Paese.
La rivincita dei negozi e gli investimenti nel digitale
I dati italiani raccontano la svolta. Complessivamente, nel 2022 il valore delle vendite al dettaglio di prodotto (online e offline) ha registrato una crescita del +4,7% rispetto all’anno precedente. Le persone, dopo il boom dell’eCommerce durante la pandemia, sono tornate a frequentare dei negozi, e di conseguenza l’online non è cresciuto: la penetrazione del commercio elettronico sul totale retail rimane stabile all’11%. Sono rallentate fortemente anche le chiusure dei punti vendita, un calo inesorabile che continua da anni: sono state 3500 nel 2021, con forti differenze fra i settori merceologici.
Restando sui negozi fisici, si nota un progressivo abbandono delle grandi superfici a favore delle metrature ridotte, con una presenza più capillare sul territorio. Sono piccoli punti vendita molto innovativi, che fanno largo uso di tecnologia, anche a supporto del personale del punto vendita. In dettaglio, gli store con grandi superfici di vendita (comprese tra 1.500 e 5.000 mq) nel 2021 si sono ridotti del -12% rispetto all’anno precedente.
Anche l’incidenza degli investimenti in digitale non ha subito variazioni: il dato è lo stesso del 2021, ovvero il 2,5% del fatturato totale dei retailer. Cambiano, invece, le priorità degli investimenti. “Si evidenziano due cluster – ha spiegato Valentina Pontiggia, direttore dell’Osservatorio – . Nel primo prevale una posizione difensiva, ovvero la paura di investire in un contesto molto incerto, segnato dell’inflazione e della guerra in Ucraina. Il secondo cluster, più piccolo, vede invece nel digitale lo strumento per far fronte alla crisi, per migliorare e rivedere i processi: c’è una grande focalizzazione sul back end, con l’obiettivo di fare efficienza.
Who's Who
Valentina Pontiggia
Direttrice dell’Osservatorio Innovazione Digitale nel Retail del PoliMi
Gli interventi puntano all’ottimizzazione di alcune attività in negozio. Si investe in etichette smart, per gestire in modo dinamico e in tempo reale le variazioni di prezzo e garantire trasparenza al consumatore, e si lavora in parallelo all’efficientamento delle attività e dei processi lungo la supply chain. Per contrastare le difficoltà nell’approvvigionamento di beni e materie prime si potenziano i sistemi di demand, inventory e distribution planning, per effettuare previsioni più accurate della domanda e ottimizzare la gestione dei prodotti, e si cerca di contenere i costi con sistemi di incremento delle performance di magazzino e soluzioni di tracciamento dei prodotti lungo la filiera.
Il percorso di digitalizzazione, però, si fa più tortuoso, perché, ha spiegato Pontiggia “Cambiano continuamente gli obiettivi di medio lungo termine che sono quelli che dovrebbero guidare i grandi investimenti di innovazione digitale. Serve modificare la modalità con cui questi investimenti in innovazione digitale vengono portati avanti: occorre “fare a fette l’elefante” e trasformare questo processo, che sembra molto ampio, in step intermedi, adottando un approccio lean”.
Trend retail 2023, lo scenario internazionale
Pandemia, guerra, inflazione (+8% nel 2022), aumento dei costi e politiche monetarie restrittive: è un insieme di fattori negativi a mettere sotto stress i retailer, che prudentemente hanno limitato gli investimenti. Un combinato disposto che, a livello globale, ha favorito i grandi gruppi consolidati rispetto alle società di eCommerce e ai nuovi player innovativi, per anni sulla cresta dell’onda, segnando un cambio di rotta.
Cos’è accaduto in sostanza? “C’era un divario fra chi opera nell’eCommerce e i retailer tradizionali: i primi più preparati tecnologicamente e in fortissima crescita, accelerata dalla pandemia, gli altri in ritardo e in rincorsa. Oggi la gara è alla pari – ha spiegato Umberto Bertelè, chairman degli Osservatori, aprendo i lavori del convegno -. Negli anni si sono moltiplicati i business model e ampliati i portafogli di business”. Il colosso Walmart, ad esempio, ha adottato un modello molto simile a quello di Amazon, non solo per l’eCommerce: pur restando focalizzata sul punto vendita fisico, ha sviluppato un insieme di attività lontane da quelle tradizionali, dall’advertising alla logistica.
Who's Who
Umberto Bertelè
Professore emerito di Strategia di Impresa al Politecnico di Milano; Chairman Osservatori Digital Innovation
C’è anche chi ha saputo approfittare di questa fase di crisi economica per portare avanti un modello estremamente competitivo, basato su un’offerta limitata, con un numero ristretto di prodotti di qualità elevata e non di marca: è il “modello tedesco”, di Lidl e Aldi, che sta crescendo molto negli Stati Uniti e nel Regno unito, “mettendo a dura prova imprese tradizionali come Tesco, costrette a rispondere con un abbassamento dei prezzi e con un disperato tentativo di migliorare la loro efficienza”, ha spiegato Bertlelè.
Un altro cambiamento significativo riguarda le figure professionali che operano nel retail: “Se in passato i manager si occupavano prevalentemente di marketing oggi sono ricercati amministratori delegati che operano in uno spettro molto più ampio, che riguarda la gestione delle filiere, l’introduzione delle nuove tecnologie e la capacità di operare una serie di scelte che oggi sono sempre più importanti per la competitività delle imprese.