Con una comunicazione online sempre più agguerrita, i marchi oggi fanno davvero fatica ad acquisire nuovi clienti dalla rete. Ecco, dunque, che a ricordare la propria presenza sul mercato come a spingere verso l’acquisto di un proprio prodotto abbandonato nel carrello dell’eCommerce arriva in aiuto delle aziende il remarketing. Il remarketing è una strategia che mira a stimolare le conversioni dei clienti indecisi. Vediamo in questo articolo come, con la progressiva eliminazione dei cookie di terze parti, sta cambiando l’approccio al remarketing.
Che cos’è il remarketing?
Il remarketing (o retargeting) è una strategia sofisticata di CRM, in uso molto spesso sui siti di ecommerce, finalizzata a recuperare una relazione online con un cliente che, per vari motivi, si è interrotta e non ha generato una conversione (e quindi un’occasione di business). Sono i casi, ad esempio, di una vendita online non portata a termine o dell’abbandono nella compilazione di un qualsiasi form relativo alla richiesta di un preventivo o di una newsletter.
Il remarketing permette dunque di inseguire gli utenti che hanno visitato un eCommerce, stimolandoli a tornare per concludere l’azione e a on lasciare il carrello vuoto, ad esempio. Come? Presentando all’utente servizi e prodotti anche quando è fuori dal sito aziendale. È così che si può cercare di riprendere le fila della relazione, potenziando il CRM e il business.
Il remarketing è un modo altamente targettizzato di fare pubblicità online in base alle abitudini di navigazione degli utenti. Come funziona? Ogni volta che un nuovo visitatore accede al nostro sito, un codice Javascript rilascia al browser un cookie anonimo che traccia la navigazione sul web di quell’utente e permette così di pubblicare annunci personalizzati sulla base delle pagine da lui visitate (e quindi dei suoi reali interessi). L’obiettivo? Indirizzare l’utente nuovamente al nostro sito per fare sì che porti a termine l’azione precedentemente non conclusa.
I visitatori sono così inseriti in una “lista di remarketing” e gli annunci personalizzati sono diffusi su piattaforme come Google Ads, Facebook Ads e altri servizi basati sul Web display. L’obiettivo principale del remarketing è quello di creare incrementi nelle conversioni (ad esempio il volume delle vendite) ed abbassare i costi complessivi.
In altre parole, il remarketing è una strategia di marketing digitale che consente alle aziende di raggiungere i loro clienti che navigano su Internet tramite l’utilizzo di annunci pubblicitari personalizzati per i visitatori del proprio sito web, in base alle pagine che hanno visualizzato. Ecco perchè a volta ci sembra di essere “inseguiti” dagli annunci pubblicitari che si riferiscono a prodotti, servizi o attività che abbiamo ricercato online.
Per questo motivo, più avanti, condividiamo i suggerimenti degli esperti con le 5 linee guida fondamentali per attivare una strategia di remarketing e anche i 5 errori da non fare.
Indirizzare il messaggio giusto a un pubblico selezionato: principali benefici del software di retargeting e come sceglierlo
Due tipologie di annunci retargeting
Le tipologie di annunci retargeting disponibili sono due: retargeting basati su un pixel e retargeting basati su elenchi di nomi e mail.
Il tipo più comune di remarketing, quello che incorpora un pixel nella pagina, mostra la pubblicità del prodotto o servizio a chi ha già visitato il nostro sito (solitamente un ecommerce), senza fornire informazioni di contatto: i cookie comunicheranno a Google Ads quando qualcuno abbandona il sito senza effettuare acquisti. Questo provoca una rapida reazione a catena e fa sì che i nostri annunci siano visualizzati quasi subito dall’utente che naviga su un altro sito web della rete display Google o che ricerca su Google termini (query) correlati alla nostra attività. Il vantaggio principale risiede nel fatto che Google Ads è in grado di pubblicare annunci molto specifici, ad esempio sulla base di una particolare pagina o prodotto che l’utente ha visitato in precedenza sul nostro sito.
Una strategia di remarketing usata meno comunemente si basa su un elenco di indirizzi email, forniti dall’attività o raccolti direttamente sul sito.
Questa strategia può essere particolarmente utile per le piccole imprese, poiché consente di raggiungere i clienti attraverso un canale diretto e personalizzato.
Gli elenchi possono essere costruiti in diversi modi: ad esempio con la registrazione al sito web dell’azienda, l’iscrizione a una newsletter o la compilazione di un modulo online. Una volta raccolti gli indirizzi email, le aziende possono inviarli messaggi promozionali personalizzati contenenti informazioni su nuovi prodotti o offerte speciali. Questo tipo di campagna può aumentare notevolmente il tasso di conversione e portare maggior traffico al sito web aziendale.
Approfondisci come effettuare la raccolta dei dati dei clienti con cookie di prime parti con i Customer Data Platform
Remarketing: cosa cambierà dal 2023
Come sappiamo, anche nel browser Chrome di Google, come già Firefox e Safari di Apple, l’utilizzo dei cookie di terze parti sarà abolito dalla metà del 2023. Questo articolo ha approfondito la revisione delle policy sui cookie di terze parti per comprende cosa cambierà. La questione sta suscitando un notevole dibattito, perché rischia di mettere fuori mercato diversi operatori pubblicitari, rendere ancora più fragili i modelli di business degli editori e ridurre la capacità di personalizzazione spinta dell’esperienza cross-sito da parte degli inserzionisti.
“L’eliminazione dei cookie di terza parte, in pratica, renderà il retargeting molto diverso da come lo abbiamo conosciuto fino ad oggi. L’intento dichiarato di Google è quello di proteggere la privacy delle persone, impedendo di fatto una riconoscibilità individuale dei profili di navigazione cross-sito. Sarà possibile probabilmente effettuare iniziative di retargeting con un approccio statistico, tramite l’inserimento degli utenti in coorti di persone a cui saranno proposti contenuti pubblicitari in maniera casuale da un paniere di inserzionisti, considerati rilevanti per gli interessi non del singolo individuo ma del cluster in cui si è inseriti. È chiaramente un passaggio che cambia profondamente l’efficacia di questa tecnica di comunicazione“, spiega Federico Della Bella, Associate Partner Partners4Innovation.
Who's Who
Federico Della Bella
Consultant P4I, Partners4Innovation – Data Insights & Organization
Il remarketing: 5 cose da fare
Come ogni strategia di business, remarketing e retargeting sono efficaci solo se attuati con cognizione, sulla base di diverse considerazioni preliminari e seguendo alcune prassi generali. Vediamo cinque spunti utili da prendere in considerazione.
- Scegliere le piattaforme per sapere chi fa cosa e dove. Le reti di retargeting più popolari attualmente sono AdWords di Google ma anche Facebook e Twitter. Google AdWords consente di raggiungere il pubblico in una logica multicanale: sul cellulare, sul motore di ricerca Google, su YouTube e su tutti gli altri siti che fanno parte della rete di Big G. Facebook e Twitter consentono invece di raggiungere il pubblico all’interno del proprio network.
- Impostare i cookie e tracciare i comportamenti on line. Anche se non si è ancora del tutto pronti per partire con il primo annuncio è sempre bene iniziare a costruire il proprio pubblico. Come? Sfruttando i cookie per tracciare i comportamenti degli utenti sul nostro sito. In questo modo, quando si darà avvio alla campagna, non ci sarà bisogno di aspettare. Google AdWords, ad esempio, permette di abilitare un tag di remarketing utilizzando il codice di Google Analytics già presente sul sito web. Per Facebook e Twitter, invece, è necessario andare sul cruscotto dedicato alle campagne pubblicitarie e creare segmenti di pubblico, personalizzati in base al proprio target.
- Essere chiari e specifici, profilando il target. Non basta creare un annuncio generico verso il proprio sito e pretendere che questo funzioni per attirare tutti indistintamente. Se si dispone di diverse pagine dedicate a specifici prodotti o particolari servizi in vendita, è opportuno creare annunci che promuovano proprio quei prodotti e quei servizi (e non l’attività in generale).
- Filtrare il pubblico e localizzare il messaggio. Se la maggior parte delle vendite fatte attraverso il sito sono, ad esempio, di clienti che vivono in Italia, è possibile filtrare gli annunci per mostrarli solo alle persone che vivono in Italia, ovvero solo al pubblico con più alta probabilità di conversione. Questo permetterà di spendere meno in pubblicità e di essere più efficaci.
- Impostare gli elenchi, ripulendo il database. Il remarketing prevede l’invio di una e-mail a un utente registrato al sito – il quale, pur avendo aggiunto qualcosa al carrello, non ha comprato nulla – con il fine di incoraggiarlo a completare l’acquisto. Bisogna però porre la massima attenzione nella gestione di questi elenchi di e-mail, in modo tale da assicurarsi che la rimozione degli indirizzi (e il loro passaggio da un elenco all’altro) sia automatizzata. In questo modo non si rischia di inviare e-mail di invito all’acquisto all’utente quando quest’ultimo ha già comprato ciò che gli volevamo vendere.
Remarketing: 5 cose da non fare
Sapere cosa non fare, quando si mette in atto una campagna di remarketing e retargeting, è importante tanto quanto avere chiare le azioni da compiere. Errori, sviste o inesattezze, infatti, potrebbero compromettere anche la migliore delle strategie e rendere nulla la sua efficacia.
- Non avere obiettivi chiari. Anche la campagna più creativa e accattivante potrebbe essere priva di un effettivo valore reale se non impostata sui giusti obiettivi, che devono essere chiari, pertinenti, specifici, misurabili e conseguibili in un determinato lasso di tempo. In egual modo, non centrare il target di riferimento può compromettere il raggiungimento di questi obiettivi: far visualizzare un determinato annuncio a un pubblico che non è minimamente interessato al prodotto proposto è probabilmente l’errore più costoso che si possa fare (in termini di denaro ma anche di reputazione).
- Non monitorare il Roi di una campagna di retargeting. Qualsiasi cliente, prima o poi, vi chiederà di conoscere con esattezza i risultati della campagna che avete realizzato per lui (e se il cliente siete voi stessi sarete altrettanto curiosi di conoscere gli effettivi risvolti delle vostre azioni di remarketing e retargeting). Come sottolineano gli esperti di Google Adwords, monitorare l’efficacia delle campagne passate è fondamentale per calibrare e ottimizzare quelle future.
- Non prestare attenzione alla forma dei contenuti di remarketing. Gli errori di battitura sono il modo più sicuro per perdere credibilità agli occhi dei consumatori. Il pubblico potrebbe pensare che la trascuratezza con cui sono gestiti i contenuti sia la stessa con cui è condotta l’intera attività.
- Non curare la scelta delle immagini del remarketing. Scegliere un’immagine di alta qualità non è sufficiente. Anche la figura esteticamente più bella, se non è in grado di richiamare l’attenzione e incuriosire il cliente (senza rivelargli troppo) risulta inadeguata. Non solo: occorre tenere in considerazione anche i colori del sito su cui l’annuncio sarà pubblicato, in modo da riuscire a distinguersi e risultare allettante per il potenziale cliente. Può essere anche utile creare diverse versioni dello stesso annuncio, con testi ed elementi visivi differenti, in modo tale da non risultare ripetitivi agli occhi degli utenti.
- Non ottimizzare la landing page di retargeting. Gli obiettivi della campagna sono chiari, il pubblico è targettizzato alla perfezione, testi e grafica sono eccellenti, la campagna è online e i clic arrivano numerosi… sulla nostra home page? Ogni sforzo fatto fino a qui, siatene certi, è stato vano! Qualunque sia il tipo di conversione che si vuole ottenere, quando un utente clicca sul nostro annuncio si aspetta di finire esattamente dove gli abbiamo promesso di condurlo. La pagina di destinazione deve contenere tutte le informazioni di cui il consumatore ha bisogno per compiere l’azione che ci aspettiamo da lui. Il contenuto deve essere a portata di clic con meno passaggi possibile. L’attenzione e la pazienza degli utenti online è bassissima: nessuno vorrà spendere più di un paio di secondi per trovare ciò che cerca. Costringere il potenziale cliente a chiudere e aprire finestre, seguire link, cliccare qua e iscriversi là lo allontana (e ci allontana) inesorabilmente dall’obiettivo.
Articolo originariamente pubblicato il 19 Apr 2021