Matt Brittin, a capo delle operazioni di Google in area EMEA ne è convinto: il motore del rinnovamento digitale è la semplificazione. Solo mettendo a disposizione della collettività strumenti di ricerca e collaborazione intuitivi ed economici sarà possibile diffondere l’innovazione e far crescere le organizzazioni a ritmi finora sconosciuti. Questo significa lavorare per cancellare la tecnologia dalla nostra vita. Un paradosso? No, una lezione che tutti dovremmo imparare.
Oggi sono circa 2,5 miliardi le persone connesse a Internet, che diventeranno 5 miliardi nel 2020. Per quell’epoca il numero dei dispositivi connessi alla grande Rete, tenuto conto del fatto che non si parlerà più di smartphone, notebook e tablet ma di tessuti, elettrodomestici, contatori e automobili “smart”, sarà di circa 25 miliardi di unità. «Si tratta di una vera e propria rivoluzione – esordisce Matt Brittin, President, Business & Operations EMEA (Europa, Medio Oriente e Asia) di Google, parlando alla platea che ha affollato la tappa milanese del World Business Forum -. Nei prossimi cinque anni, la nostra vita di tutti i giorni cambierà radicalmente per effetto della diffusione dell’Internet delle cose. Dispositivi che noi nemmeno immaginiamo saranno interconnessi e arricchiti di intelligenza». E questo permetterà a tutti di essere collegati virtualmente con chiunque nel mondo. Il manager rifiuta categoricamente l’accusa di “tirare l’acqua al suo mulino”. «Molti ancora pensano che il business digitale sia quello che fanno realtà come la nostra, come Facebook, YouTube o Apple – chiarisce-. Io ritengo invece che non abbia più senso distinguere tra aziende digitali e tradizionali. La realtà è che ogni organizzazione, oggi, è digitale, perché sono i singoli clienti delle aziende, i suoi dipendenti e partner a essere sempre connessi. Anche la più piccola impresa, il negozio locale o l’artigiano non possono ignorare il web».
È opinione diffusa che il digitale sia qualcosa “per le grandi aziende” ma non è cosi… «Secondo studi recenti -spiega il manager – le PMI che hanno un sito web crescono in media dalle 4 alle 8 volte più velocemente di quelle che non hanno una presenza online, incrementando le esportazioni e creando nuovi posti di lavoro». A sostegno delle sue affermazioni, Brittin cita alcuni esempi di botteghe artigiane italiane che hanno avuto un’eco planetaria grazie alla presenza online.
Who's Who
Matt Brittin
President, Business & Operations EMEA
Da Fabriano alla Patagonia: in vetrina sul web per vendere ovunque
«Una realtà che presento spesso è quella del maestro cartaio Sandro Tiberi di Fabriano, specialista nella produzione di carta pregiata fatta a mano. Tiberi ha compreso da subito il potere del web e delle tecnologie digitali e, soprattutto, si è incuriosito e ha voluto capire il profilo dei visitatori del suo sito Internet. Chi erano? Cosa gli interessava e cosa no? Da dove venivano? Quanto tempo passavano sul suo sito? Utilizzando uno strumento gratuito di Google è riuscito a raddoppiare il numero di clienti e a far conoscere le sue creazioni anche in Patagonia e Nuova Zelanda, cosa impensabile senza l’ausilio della Rete».
Un altro esempio che il manager riferisce con orgoglio è quello di Giovanna Bronico, Fondatrice di Ghirigoro, realtà che produce t-shirt e accessori unici, personalizzati mescolando arte, letteratura e materiali Made in Italy. Esporta le sue magliette con stampe a calligramma (una poesia scritta in modo che le parole realizzino un disegno, in genere il soggetto stesso dei versi) in tutto il mondo, dal Canada alla Cina, direttamente dal suo laboratorio artigiano di Formello (RM).
Un motore di collegamenti fra chi cerca e chi offre
«Tutti pensano che i servizi che Google mette a disposizione siano legati alla ricerca – puntualizza -. A ben guardare, però, quello che abbiamo sviluppato è un motore di connessioni gratuite alle informazioni dei singoli soggetti, enti e organizzazioni. Collegamenti che esulano dal tradizionale messaggio pubblicitario o dalle attività di marketing, link utili sia a chi sta cercando un servizio sia a chi lo offre. Le aziende aggiornano di continuo le informazioni sui prodotti o i servizi svolti e noi, con l’aiuto di strumenti tecnologici come StreetView o Maps, li facciamo conoscere al pubblico con modalità facili da utilizzare». Se un utente inglese digita su Googlel a query “mobili in stile tradizionale italiano”, il risultato non sarà un messaggio di tipo pubblicitario ma una serie di informazioni utili a capire meglio in cosa consiste lo stile italiano, quali sono le caratteristiche dei mobili prodotti con quello stile e quali sono le aziende che li offrono. Ecco perché, forza la mano Brittin, «non può esistere più un’attività che non sia legata alla pubblicazione di contenuti, statici o dinamici, di video, di tutorial…».
Via la tecnologia dalle scrivanie
«Io ho due figli adolescenti, fanno parte della generazione dei nativi digitali, quelli che sin da piccoli sono stati abituati a utilizzare le nuove tecnologie,a cercare e condividere informazioni e filmati in Rete, collegarsi in chat con le altre persone e scambiarsi idee e opinioni sui social network. Questo è indubbiamente un vantaggio per loro, perché li rende più inclini ad abbracciare l’innovazione in tutti gli aspetti della loro vita». Proprio questa “neutralità” di pensiero è uno degli aspetti che il manager apprezza di più anche all’interno della sua organizzazione. «I blog del personale Google- commenta – nascono per cercare di capire come far sparire la tecnologia dalle nostre scrivanie. Lo stesso obiettivo ha guidato lo sviluppo di Google Search e Google Maps».
Una sorta di democratizzazione delle competenze digitali, quindi? No, molto di più. «Obiettivo dell’innovazione – ne è convinto – è permettere a chiunque di utilizzare la tecnologia in modo inconsapevole e trasparente, senza avere alcuna conoscenza degli aspetti scientifici che la supportano». La rivoluzione del motore di ricerca Google è stata proprio questa: gli individui sono ignari di tutti gli algoritmi e i motori di analisi semantica che rendono possibile un’azione all’apparenza semplice come digitare sulla tastiera del proprio PC una frase, un nome e trovare, in pochi secondi, una marea di informazioni.
C’è innovazione solo se c’è collaborazione
La creatività, secondo il manager, può nascere solo dall’integrazione e dallo scambio delle idee.«Internet è una fucina di progetti che non ha uguali in alcun laboratorio di ricerca – conclude -. Attualmente sono 2,7 miliardi le persone connesse alla Rete, che diventeranno 5 nei prossimi anni. Il web ha creato le premesse per un salto quantico nell’innovazione in tutti i settori. La creatività nasce sempre più spesso dalla collaborazione a livello planetario, magari tra persone che neppure si conoscono ma che tramite Internet sono in grado di condividere idee e spunti di riflessione, esperimenti e fallimenti, inversioni di rotta e ripensamenti».
Basta pensare all’escalation nell’utilizzo di YouTube e alla diffusione dei video in generale, che permettono ai ricercatori universitari di collaborare a un progetto anche se i singoli membri vivono a decine di migliaia di chilometri di distanza.
******Il fenomeno YouTube
YouTube è la piattaforma web di condivisione video più utilizzata al mondo. Fondata in California nel febbraio 2005 da tre ex dirigenti di PayPal, nell’ottobre 2006 è stata acquistata da Google. I numeri cha la riguardano sono da capogiro: oltre un miliardo di utenti, ovvero quasi un terzo degli individui presenti su Internet, generano ogni giorno miliardi e miliardi di visualizzazioni. Il numero di persone che guarda video su YouTube cresce del 40% anno su anno e il tempo di visualizzazione (il numero di ore che le persone trascorrono sulla piattaforma) aumenta del 60% su base annua. Triplicato negli ultimi due anni anche il numero di utenti che accede a YouTube dalla home page e, nota curiosa, è possibile navigare su YouTube in 76 lingue diverse, che corrispondono agli idiomi parlati dal 95% della popolazione Internet. Più della metà delle visualizzazioni sulla piattaforma proviene da dispositivi mobili (la sessione media è di oltre 40 minuti) e raddoppia, di anno in anno, il tempo che le persone trascorrono a guardare video sui device senza fili.
******Cosa cercano gli italiani sul web?
In Italia, Google è il motore di ricerca più utilizzato in rete e, come sempre accade a fine anno, pubblica le statistiche sulle parole più ricercate. In vetta, non solo nel Bel Paese ma in tutto il mondo, nel 2015 si riconferma la parola “Facebook”, seguita da “YouTube” e, guarda caso,da “Google”. La maggior parte degli utenti, quindi, snobba le applicazioni per utilizzare la versione web dei servizi. Appena fuori dal podio, “meteo” e, a seguire, “Libero”. Interessante anche vedere quali sono le parole la cui ricerca è cresciuta di più nel corso dell’anno. La medaglia d’oro va ad “alta definizione”, seguita da “Expo” e “Isis”. Se si guarda alle ricerche relative al significato delle parole, spicca “gender”, seguita da “transgender”, “Isis” e “Je suis Charlie”. Tra i personaggi più ricercati in Italia lo scorso anno Pino Daniele, Valentino Rossi e il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
****** Crescere in digitale, un progetto a misura di PMI per sviluppare competenze
Uno studio congiunto di Unioncamere e Ministero del Lavoro (Sistema Informativo Excelsior) stima che le competenze digitali sono considerate sempre più essenziali per il mondo del lavoro. E l’ Ai giovani al di sotto dei 30 anni, quelli che hanno più familiarità con le nuove tecnologie, si rivolgono 2 assunzioni su 5 e per oltre il 60% delle figure professionali richieste è necessaria un’esperienza specifica in quest’area. La difficoltà di reperire i candidati in possesso delle competenze digitali richieste si rivela più elevata rispetto alla media delle altre competenze (il 16% contro il 10,1%). A livello geografico, sono le aziende lombarde quelle più interessate agli skill digitali (26,2%) seguite da quelle laziali (12,2%) e piemontesi (9,3%). Partendo da queste premesse Unioncamere, Ministero del Lavoro e Google hanno varato a settembre “Crescere in digitale”.
Il progetto punta a diffondere le competenze digitali tra i giovani iscritti al programma Garanzia Giovani, avvicinando anche le PMI al web. Tre le fasi previste: 50 ore di training online per i giovani, laboratori orientati al digitale sul territorio e 3mila tirocini retribuiti presso le imprese (500 euro al mese, coperte dai fondi nazionali Garanzia Giovani). «Gli ultimi dati rilevati – dice Matt Brittin, Presidente Business e Operation EMEA (Europa,Medio Oriente e Asia) di Google – sono incoraggianti. Oltre 200mila ore di formazione erogate; 36mila ragazzi iscritti al programma e 2.600 che hanno già completato le 50 ore di formazione online». Oltre 2mila giovani sono stati segnalati per svolgere un tirocinio presso le 900 aziende che si sono rese disponibili a far entrare nella propria organizzazione uno o più “digitalizzatori”. Tuttavia, le nostro Paese il programma sembra incontrare qualche difficoltà: poche finora le iscrizioni.
Chi è Matt Brittin
Matt Brittin è Presidente Business e Operation EMEA (Europa, Medio Oriente e Africa) di Google. In azienda da nove anni, è stato dapprima Direttore Generale di Google UK e, dal settembre 2011, Vice Presidente Europa Settentrionale e Centrale. Dal dicembre 2014 è alla guida delle operazioni EMEA. Un passato da consulente McKinsey e una carriera nel mondo dell’editoria, approda a Google dopo aver ricoperto il ruolo di Direttore Strategie e Digital presso la casa editrice del noto quotidiano britannico The Daily Mirror. Dopo essersi laureato all’università di Cambridge, ha conseguito un MBA (Master in Business Administration) alla London Business School. Sportivo, pratica il canottaggio a livello agonistico e vive a Londra, in riva al Tamigi, con la moglie avvocato e due figli adolescenti.