Cultura è la parola chiave ad Analytics 2015, l’evento che Sas ha portato quest’anno a Roma: costruire in azienda una nuova mentalità intorno agli analytics vuol dire permettere un processo decisionale basato sui dati che genera valore per l’impresa, come ha osservato Carl Farrell, Executive Vice President & Chief Revenue Officer di Sas.
It e business tornano a dialogare
Essenziale per monetizzare i dati e usarli per differenziarsi dalla concorrenza è anche far dialogare i diversi dipartimenti aziendali: It e business non possono più restare separati, ha indicato Jill Dyché, Vice President of Best Practices di Sas. “Analytics e dati rappresentano un riavvicinamento tra i dipartimenti business dell’azienda e i suoi team che si occupano di tecnologia”, sostiene la Dyché. Entrambi lavorano per innovare e usare gli analytics per l’innovazione è la nuova killer App. La top manager ha ricordato il caso di una grande compagnia telefonica americana che ha studiato i dati sui clienti per disegnare nuove offerte su misura, scoprendo, grazie alla data “discovery”, categorie di utenti apparentemente dissimili ma che chiedevano bundle con le stesse caratteristiche.
Con gli analytics servizio clienti al top. Ma servono competenze
La discovery è uno degli elementi più avanzati dei software di Business analytics che non si accontentano più di produrre reportistica, ma è così sofisticata da scandagliare i dati senza nemmeno porre le domande, aprendosi a ogni risposta possibile da tradurre poi in decisioni fruttuose per il business. E’ questo l’atteggiamento mentale di “totale apertura” di cui ha parlato Fritz Lehman, Senior Vice President, Customer Engagement and Support Division, Sas. Ma se gli analytics sono fondamentali anche per costruire un servizio clienti “che da positivo diventa eccezionale” (perché non si accontenta di risolvere il problema ma va a capire dove e quando il problema sorge), altrettanto importante è che i team aziendali dedicati agli analytics possiedano le giuste competenze. “Investite in training, assumete persone con background variegati e muovetevi subito, i vostri competitor sono già partiti”, ha ammonito Lehman. Intanto Sas sta lanciando una Sas Academy for Data Science per aiutare a scovare e formare i talenti.
L’aspetto “umano” dei dati
Ma i dati possono avere anche un “aspetto umano”? Per Jer Thorp, Data Visualization Artist, i dati “sono” umani: siamo noi a crearli, non esistono se non perché rappresentano lo strumento con cui l’essere umano misura la realtà che lo circonda. Riappropriarsi dei dati (magari spingendo per un mondo dove l’open data sia sempre più la regola) aiuta le persone a prendere controllo delle infinite informazioni che le circondano. Thorp fa questo anche col suo lavoro nella digital art e con i suoi progetti di data visualization che permettono di leggere “dietro e dentro” i numeri i fenomeni umani che descrivono. Al tempo stesso comprendere il lato umano dei dati è uno stimolo all’innovazione: una ricerca creativa data-focused può avere importanti applicazioni anche per il business e per la risoluzione dei grandi problemi dell’uomo, ha concluso Thorp.
Geo-revolution: dati e analytics per affrontare le sfide del pianeta
E’ un punto di vista ripreso da Philippe Mathieu, Scienziato dell’Esa (Earth Observation Scientist, Applications & Future Technologies Department, European Space Agency). La popolazione mondiale si avvicina a raggiungere i 9 miliardi di persone nel 2050 e questo vuol dire anche un’esplosione della domanda di risorse idriche e alimentari e quindi un’enorme pressione per le risorse del pianeta. Ci sono ancora i cambiamenti climatici, i processi di urbanizzazione, singole emergenze come un’epidemia o un disastro naturale. Tutto questo può essere affrontato in modo più efficace se ci sono i dati: “Non si può gestire quel che non si può misurare”, sostiene Mathieu.
L’Europa sta facendo molto in questa direzione col suo programma Copernicus e il lancio di Sentinel-1 nel 2014 e di Sentinel-2 a giugno 2015, che stanno raccogliendo enormi quantità di dati sul pianeta ad uso di tutti gli scienziati e non solo, perché si tratta di open data. Queste informazioni permettono una migliore gestione dei rischi e delle emergenze, come quella sul clima di cui si discuterà il prossimo mese a Parigi con la grande conferenza COP21. “La geo-revolution è anche questa”, ha concluso Mathieu: “Gli scienziati della Terra si rinnovano sfruttando tutte le tecnologie a disposizione, da big data e analytics al Cloud per conservare e condividere fino alle piattaforme mobili per comunicare, non solo tra loro ma con le comunità di cittadini che contribuiscono al nostro lavoro con dati su campo in tempo reale”.