Le guerre militari si combattono con le armi convenzionali (quasi sempre). Le guerre commerciali si combattono con le sanzioni economiche, che possono assumere forme varie ed eventuali (giusto per fare un paio di esempi, USA/Cina e USA/UE, combattute a colpi di dazi). Il conflitto Russia/Ucraina, no, è diverso; è il primo conflitto militare inter-statuale combattuto sul suolo europeo dalla fine della seconda guerra mondiale; è il primo conflitto inter-statuale post caduta del muro di Berlino (e non è un caso che esploda proprio quando la sete russa di egemonia geopolitica mondiale raggiunge il suo apice, stretta a Ovest dagli stati Uniti d’America e a Est dalla Cina); è il primo conflitto inter-statuale combattuto con le sanzioni economiche.
Fiaccare il nemico riducendolo ad un isolamento economico, quasi una beffarda eredità del distanziamento sociale pandemico; e in spregio alle teorie protezionistiche e, di conseguenza, isolazioniste che in tempi di emergenza sanitaria avevano attratto più di uno studioso e di un politico.
Senza mai dimenticarci che è una guerra vera, le devastazioni, le macerie, i morti e i feriti non appartengono a un set cinematografico, ma a città fino a qualche settimana fa vive e ora terrorizzate e nascoste nelle cantine e nelle metropolitane; le file che cercano scampo verso l’Europa non sono comparse, ma persone comuni, la gente di De Gregori che fa la storia e che in ogni guerra perde sempre, anche quando appartiene al Paese vincitore.
Sanzioni economiche contro la Russia, qualche dato
Il 22 febbraio la Russia riconosce ufficialmente le neonate Repubbliche di Donetsk e Luhansk, in territorio ucraino, il Protocollo di Minsk II, siglato l’11 febbraio 2015 da Ucraina, Russia, Francia e Germania, è lettera morta; due giorni dopo, la Russia invade l’Ucraina.
L’Unione europea reagisce immediatamente con l’arma non convenzionale delle sanzioni economiche (come USA e UK, del resto), pubblicando 21 regolamenti dal 21 febbraio al 15 marzo:
- 23 febbraio: primo pacchetto di sanzioni;
- 28 febbraio: secondo pacchetto di sanzioni;
- 2 marzo: blocco dell’accesso a Swift ad alcune banche russe e sanzioni ad organismi di informazione;
- 9 marzo: terzo pacchetto di sanzioni, coinvolta la Bielorussia;
- 15 marzo: quarto pacchetto di sanzioni.
Sanzioni economiche: in cosa consiste questa potente arma?
Le misure sono di due tipi.
Misure restrittive personali, che colpiscono 877 individui, 62 entità, la banca centrale russa, la banca centrale bielorussa, 10 banche (7 russe e 3 bielorusse), le società di radiodiffusione Sputnik e Russia Today
Misure restrittive sui beni: divieto di esportazione di beni a duplice uso, divieto di esportazione di beni militari, divieto di esportazione di beni e tecnologie specifiche (aviazione, spazio, metallurgia, raffinazione), divieto di esportazione di prodotti siderurgici, divieto di esportazione di beni di lusso.
Le sanzioni economiche disposte dalla UE (ma anche da UK e USA) incidono in misura drastica sui flussi commerciali e di investimento (finanziari), provocando ricadute dirette, come la riduzione dell’export verso la Russia dei beni listati, la riduzione dell’export verso la Russia di beni di libera esportazione, ma verso soggetti listati, la riduzione dell’import dalla Russia e dall’Ucraina; e ricadute indirette, quali gli effetti sulle transazioni commerciali globali, sulle catene logistiche globali, sui rapporti economici e finanziari infragruppo.
Misure di contorno, a completare questo indigesto banchetto, il divieto di sorvolo dello spazio aereo della UE e di accesso agli aeroporti della UE da parte di vettori russi di ogni tipo, il divieto di sorvolo dello spazio aereo russo e di accesso agli aeroporti russi da parte di vettori di linea e commerciali UE, i porti ucraini e russi inutilizzabili, la sospensione di tratte di trasporto ferroviario e terrestre.
Difficile contare il numero di porta containers ferme nel Mar Nero dall’inizio delle ostilità, il blocco delle attività con la Russia di molte compagnie di shipping non è conseguenza solo degli effetti delle sanzioni (la crisi di liquidità inizia a colpire duramente le aziende russe), ma soprattutto del rischio di affrontare trasporti in quella regione e nel conseguente incremento dei costi dei premi richiesti dalle società assicurative.
Suonano campanelli d’allarme
Gli incrementi di prezzo dei prodotti energetici, solo in parte mitigati dai salvagente gettati dai governi europei e delle materie prime hanno determinato un effetto evidente, ovvero un preoccupante innalzamento del tasso di inflazione (e lo spettro della stagflazione sempre ad aleggiare sui conti pubblici) ed un effetto meno evidente, strisciante, ma assai pericoloso, almeno quanto l’inflazione: la sfiducia, la paura, la disperazione di lavoratori e imprese soffocate da costi insostenibili dopo due anni di pandemia; il settore dell’autotrasporto (ma, direi, del trasporto in generale) e della logistica, lodato per la sua efficienza in tempi di COVID-19 e per il fondamentale ausilio nell’imboccare la via di uscita da una situazione tragica, ora naviga in acque più che tempestose.
Grano +38%, mais +17%, grano tenero foraggero +65%, gasolio +54,7% rispetto al 2021, benzina +41,7% sempre rispetto al 2021: non è un semplice elenco di aumenti, è, lupus in fabula, un bollettino di guerra, cui contribuisce in misura decisiva la difficoltà nei trasporti dovuta ai blocchi delle vie terrestri e marittime. Del resto, Russia e Ucraina coprono un quarto dell’export mondiale di grano, il 17% dell’export mondiale di mais e oltre la metà dell’export mondiale di olio di girasole, mentre la Russia è uno dei principali esportatori mondiali di fertilizzanti e cibo e mangimi per animali.
E non commettiamo l’errore di pensare che gli effetti negativi del conflitto si generino solo sull’asse Bruxelles-Mosca; in Asia si parla di ristrutturazione della catena logistica di approvvigionamento, allontanandola sempre più dalle sirene cinesi, come testimonia anche il “Indo-Pacific Economic Framework” redatto dall’amministrazione Biden.
Tutti auspicano che il buon senso torni presto ad albergare nelle menti umane e ponga fine a quella barbarie che rappresenta ogni guerra, da qualsiasi ragione supportata; ma non illudiamoci che gli effetti economici del conflitto scompaiano velocemente, che le sanzioni si dileguino al primo sole della pace, ricordiamoci delle misure, ben più tolleranti, disposte nel 2014 ed ancora in vigore.
Ci aspetta, con ogni probabilità, un nuovo equilibrio mondiale, una nuova mappa geopolitica, che non potrà non avere effetti sulle prassi commerciali; tra chi profetizza la fine della globalizzazione e chi pregusta la nascita di una globalizzazione rivisitata, preferiamo pensare ad un nuovo assetto delle transazioni finanziarie e delle rotte commerciali, un allargamento su scala mondiale della ristrutturazione della catena logistica di approvvigionamento asiatica. Non si tratta di pensar male, ma di imparare dalla storia.