Sanità

Takeda Italia istituisce una nuova business unit sulle malattie rare. Il ruolo della Digital Health

La farmaceutica investe nel nostro Paese e mette insieme una task force per affrontare diverse patologie e dare voce e visibilità anche ai casi poco frequenti e diffusi, ma che colpiscono due milioni di persone in Italia. Nuovi progetti ad alto tasso di innovazione digitale puntano a favorire la relazione medico-paziente. Il direttore Alessandro Lattuada: «Serve un approccio a tutto tondo, dalla diagnosi precoce all’assistenza e tele-assistenza post trattamento»

Pubblicato il 25 Gen 2022

Takeda

Takeda Italia unisce le forze e fa convergere in una unica Business Unit le sue iniziative sulle malattie rare, che rappresentano il focus della ricerca e sviluppo in Giappone e negli Stati Uniti, coprendo buona parte dei 4,5 miliardi di dollari investiti ogni anno. Lo storico gruppo bio-farmaceutico giapponese ha già introdotto sul mercato internazionale 40 farmaci per 13 malattie rare e sono in dirittura d’arrivo, entro il 2023, trattamenti per l’infezione da citomegalovirus post trapianto, la porpora trombotica trombocitopenica e la malattia di Von Willebrand. Oltre a ricoprire una posizione di primo piano nel mercato dei farmaci oncologici, gastroenterologi ed emoderivati, infatti, Takeda ha una chiara strategia orientata allo sviluppo dei trattamenti per le patologie rare, che ha consolidato con l’acquisizione di Shire nel 2019. «È un mercato ben lontano dall’essere saturo, dove anzi ci sono grandi opportunità per cambiare la storia delle malattie. Già da anni Takeda ha deciso di concentrare lì le sue risorse di ricerca e sviluppo», commenta Alessandro Lattuada, Direttore della Business Unit Rare Disease in Italia.

Nell’Unione Europea, una malattia si definisce rara quando ha un’incidenza fino a 5 casi ogni 10.000 persone. Le patologie rare sono tra 5.000 e 8.000 nel mondo e colpiscono prevalentemente i bambini in una percentuale che va dal 50% al 75%. Attualmente toccano il 3,5%-5,9% della popolazione mondiale, circa 300 milioni di persone in tutto il mondo, 30 milioni in Europa e 2 milioni in Italia. Di tutte le malattie rare solo poco più di un centinaio hanno una specifica terapia a disposizione, ovvero poco più dell’1%.

Takeda in Italia e la nuova business unit

Presente in Italia con oltre 1000 dipendenti, Takeda ha due impianti produttivi all’avanguardia, uno a Pisa per la produzione di albumina umana e uno a Rieti che fraziona gli emoderivati. La decisione di riunire le divisioni delle malattie rare, immunologiche, ematologiche (branca acquisita da Shire) e gastroenterologiche è funzionale ad avere una maggiore massa critica e visibilità in un percorso abbastanza comune a malattie poco diffuse che richiedono un costante lavoro di informazione e presa di coscienza da parte di tutti i soggetti coinvolti. «Questa centralizzazione in una unica unità di business è a livello globale e risponde alla volontà di indirizzarsi a bisogni comuni per piccoli numeri. È una decisione precedente ai segnali di attenzione istituzionale che si stanno avvertendo in Italia, prima con l’approvazione del Testo Unico sulle malattie rare lo scorso 3 novembre e ora con lo stanziamento di risorse con la Legge di Bilancio e il PNRR, decisioni che saranno di supporto alle nostre attività», commenta Lattuada. Il Testo Unico prevede infatti una cabina di regia nazionale che dovrebbe uniformare per tutte le Regioni tempi e modalità di accesso ai trattamenti e prima ancora alla diagnosi, compreso lo screening neonatale.

La strategia di “awareness” di Takeda Italia sulle malattie rare

Puntare su una diagnosi precoce per cambiare il corso di una malattia e per supportare le famiglie, i cosiddetti “caregiver” che si trovano impreparati ad affrontare sintomi spesso non conosciuti e non facilmente riconoscibili, fa parte della strategia complessiva di Takeda. Per invertire la tendenza a diagnosi tardive è necessario sviluppare tutta una serie di azioni di networking per favorire la diffusione della conoscenza e la comunicazione tra i soggetti coinvolti: pediatri, strutture sanitarie, associazioni dei pazienti e dei familiari, ricerca, servizi di assistenza. La scelta organizzativa di una business unit dedicata è dunque assolutamente in linea con la strategia complessiva di migliorare la qualità di vita dei pazienti: la ricerca e sviluppo di terapie altamente innovative, la diagnosi precoce e lo screening neonatale, l’accesso rapido a cure di valore, l’assistenza domiciliare e la telemedicina.

«L’obiettivo delle iniziative di networking è quello di aumentare la conoscenza e la consapevolezza sulle patologie rare, difficili da riconoscere e da trattare, per le quali i ritardi relativi all’accesso rapido a cure di valore e alla mancanza di diagnosi precoce possono portare a gravi conseguenze», precisa Lattuada. Le nuove tecnologie digitali sono d’aiuto non sono sul fronte medico-scientifico per lo scambio di informazioni e di best practice, ma anche sul fronte divulgativo per accelerare l’individuazione di determinati sintomi.

“Come Takeda abbiamo istituito la figura del “Patient Journey Manager” che segue tutto il percorso di cura dai primi sintomi sino al post terapia, partendo dall’ascolto delle reali esigenze, farmacologiche, e non, dei pazienti e delle loro famiglie. Si tratta proprio di un altro paradigma di cura, “Beyond the pill”, oltre la cura stretta, con un approccio a tutto tondo del paziente. Con malattie non massive il rapporto dev’essere ancora più personalizzato», aggiunge Lattuada.

Come aiuta la Digital Health

Takeda fornisce in Italia tutta una serie di servizi ai pazienti, dalla formazione per l’auto-somministrazione del farmaco all’assistenza domiciliare, dalla consegna a domicilio con Takeda@home alla fisioterapia e al supporto psicologico. In particolare, la disponibilità di piattaforme digitali e app che facilitano e semplificano la relazione medico – paziente, rendendo possibile la comunicazione e il monitoraggio a distanza con la telemedicina. Negli ultimi anni Takeda ha sviluppato una serie di progetti ad alto tasso di innovazione digitale per favorire la relazione medico-paziente, con soluzioni differenti per ogni Paese. Semplificare il rapporto tra centro specialistico ospedaliero e paziente, per esempio, assicurando sicurezza e facilità nella comunicazione post-dimissione tra medici e assistiti è l’obiettivo di MyHospitalHub, la piattaforma di telemedicina di Takeda Italia adottata da diversi centri ospedalieri che hanno in cura pazienti affetti da patologie croniche. Evoluzione di MyHospitalHub è la versione Pro, che permette ai medici di medicina generale di seguire i pazienti da remoto, offrendo continuità assistenziale in totale sicurezza. Durante la pandemia, i device configurati con MyHospitalHub Pro sono stati alla base del progetto pilota “10 per 10”, realizzato in collaborazione con l’Istituto Nazionale Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani, la Federazione dei medici di medicina generale, la Asl Roma 2 e AdiLife. Il progetto ha permesso a dieci medici di seguire a distanza dieci pazienti dotati di altrettanti device multiparametrici per mantenere costante il contatto con il medico, minimizzando gli accessi in ospedale e razionalizzando la domanda di assistenza a domicilio.

Anche nel PNRR è stato attribuito uno spazio importante alla telemedicina con la Missione 6, che prevede, tra le altre, risorse per il potenziamento dei servizi domiciliari.

La pandemia ha fatto emergere il bisogno di una sanità che valorizzi maggiormente il territorio e l’assistenza domiciliare e da remoto dei pazienti, questo potrebbe aiutare in particolare i pazienti affetti da malattie rare e le loro famiglie, da diversi punti di vista: facilitare l’aderenza alla terapia, l’appropriatezza della cura e l’accesso al farmaco, migliorare il monitoraggio clinico della patologia, minimizzare i possibili rischi per i pazienti più fragili e gli spostamenti verso le strutture ospedaliere e semplificare le attività quotidiane dei caregiver con un supporto concreto.

Takeda è costantemente impegnata, al fianco delle istituzioni, per migliorare la qualità di vita dei pazienti con l’obiettivo di dedicare sempre più risorse ed investimenti ad aree chiave come l’assistenza domiciliare e la telemedicina, la ricerca e sviluppo di terapie altamente innovative, la diagnosi precoce e lo screening neonatale e l’accesso rapido a cure di valore.

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