Ben il 63% delle grandi imprese italiane ritiene che l’esperienza della pandemia abbia accelerato i progetti di digitalizzazione e il 69% ritiene che il Pnrr, di cui buona parte dei fondi sarà destinata ad investimenti in innovazione digitale, sia utile per la propria organizzazione, oltre (per l’80%) che esserlo anche in generale per supportare il Paese. In questo clima di fiducia nelle opportunità che le nuove tecnologie digitali offrono si prevede che, nel 2022, quasi la metà delle grandi imprese e PMI italiane aumenterà gli investimenti ICT di oltre il 4%. Non solo. Sempre più spazio verrà dato ad azioni di open innovation, oggi già adottate dall’81% delle grandi aziende, che, in un’ottica win-win, consentono alle imprese di ricevere dall’esterno stimoli e spunti di innovazione. Sono questi i principali risultati dell’ultima ricerca degli Osservatori Startup Intelligence e Digital Transformation Academy della School of Management del Politecnico di Milano che, attraverso survey, interviste dirette e workshop, ha coinvolto oltre 1800 tra Chief Innovation Officer e Chief Information Officer, Amministratori Delegati e C-level di PMI, fondatori di startup italiane, Innovation Manager e responsabili R&D.
Investimenti ICT +4% nel 2022
Gli investimenti ICT ripartono a ritmo sostenuto. Dopo la previsione di crescita del +2,6 del 2019 e del + 2,8% del 2020, nel 2021 la spesa ICT aveva segnato un +0,9%, per poi superare il +4% nelle previsioni 2022. Ma si conferma la propensione a dedicare dei budget per l’innovazione digitale anche in altre funzioni esterne alla Direzione ICT (lo fa il 59% delle grandi imprese), segnale di una spinta a uno sviluppo diffuso dell’innovazione nelle organizzazioni.
Sistemi di Information Security e sistemi di Business Intelligence, Big Data e Analytics è dove si concentreranno principalmente gli investimenti ICT delle grandi imprese nel 2022. Gli investimenti nelle aree eCommerce e Smart Working su cui le imprese hanno lavorato molto negli scorsi mesi per rispondere alla pandemia saranno per tale ragione meno prioritari. Anche per le PMI gli investimenti in Information Security sono la priorità, ma sono seguiti da applicazioni di Industria 4.0.
Who's Who
Alessandra Luksch
Direttore dell’Osservatorio Digital Transformation Academy e Startup Intelligence, School of Management, Politecnico di Milano
“Oggi startup, imprese e pubbliche amministrazioni stanno affrontano la nuova normalità portando con sé due lezioni apprese dalla crisi – afferma Alessandra Luksch, Direttore degli Osservatori Digital Transformation Academy e Startup Intelligence del Politecnico di Milano –. La prima è che l’innovazione digitale non è un bene di lusso, ma una leva fondamentale per il progresso del business, per la sopravvivenza nei contesti competitivi e per la transizione ecologica. La seconda è che nessuno può salvarsi da solo: in un periodo di forte crisi e discontinuità, l’esigenza di innovare ha portato molte imprese a guardare a stimoli provenienti dall’esterno”.
Una Governance per l’innovazione
L’aumento di investimenti in innovazione digitale da parte delle imprese italiane porta la necessità di definire una Governance efficace, strutturando adeguati modelli organizzativi per diffondere il processo di innovazione e una “cultura digitale” in tutta l’azienda. A questo scopo, il 39% delle grandi imprese ha deciso di strutturare una “Direzione Innovazione” o un singolo ruolo dedicato, mentre nelle PMI sono ancora molto rari i ruoli dedicati. Nel 44% delle grandi aziende, oltre alla Direzione Innovazione, sono presenti figure provenienti da altre linee di business incaricate di favorire la gestione e la diffusione di innovazione.
È sempre più diffusa la Corporate Entrepreneurship, l’attività volta a creare stimoli imprenditoriali nella popolazione aziendale. Nella maggioranza dei casi si traduce in formazione su competenze digitali e imprenditoriali (47%) e azioni sul management per introdurre stili di leadership indirizzati al change management (46%).
Who's Who
Mariano Corso
Docente di Leadership & Innovation del Polimi, Responsabile scientifico dell’Osservatorio HR e dell'Osservatorio Smart Working del Polimi, Responsabile Scientifico di P4I-Partners4Innovation
“In un contesto sempre più sfidante e competitivo, in cui le minacce e le possibili fonti di innovazione sono sempre più dinamiche ed eterogenee, le imprese devono trovare un equilibrio tra l’apertura alla sperimentazione aperta ed esplorativa ed il focus sul conseguimento degli obiettivi di business – afferma Mariano Corso, Responsabile Scientifico della Digital Transformation Academy –. Per far questo, è necessario fornire un chiaro indirizzo e senso di direzione da parte dei vertici aziendali e contemporaneamente sviluppare una “cultura diffusa dell’innovazione” in azienda, superando gli ostacoli, che sembrano essere soprattutto la difficoltà ad accettare il fallimento come parte integrante del percorso di apprendimento, una ridotta propensione a dedicare spazio e tempo a queste attività e la limitata abitudine ad agire con pensiero creativo”.
Open innovation: dalle startup uno stimolo all’innovazione
Oggi l’81% delle grandi aziende italiane adotta azioni di open innovation spinto dalla necessità di individuare meccanismi per stimolare l’ecosistema esterno di innovazione. L’ecosistema di attori da cui le imprese traggono stimoli e spunti di innovazione è sempre più ampio e vario, e sono diventati fondamentali anche attori meno tradizionali: il 69% delle imprese ha realizzato collaborazioni con università e centri di ricerca, il 47% azioni di startup intelligence, il 39% partner scouting con imprese consolidate.
Who's Who
Stefano Mainetti
Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Cloud Transformation del Politecnico di Milano
“L’adozione di approcci di open innovation è una pratica sempre più diffusa all’interno delle imprese italiane, soprattutto in quelle di grande dimensione – dice Stefano Mainetti, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Startup Intelligence –, con una predilezione per gli approcci ‘inbound’ che puntano a stimolare e sfruttare opportunità provenienti dall’esterno. In particolare, spiccano le collaborazioni con enti di formazione e ricerca, la ricerca di startup e la definizione di partnership con altre imprese. Sta altresì crescendo l’attenzione ad integrare questi spunti con le iniziative interne volte a favorire una cultura interna d’innovazione più esplicita e pervasiva”.
Le startup sono un attore fondamentale per stimolare l’innovazione anche in imprese consolidate. Il 49% delle grandi imprese già collabora attivamente con startup, mentre per le PMI è un approccio ancora poco diffuso.
Who's Who
Andrea Rangone
Presidente di Digital360
“L’open innovation oggi è una chiave per accelerare la ripresa. Le imprese stanno ampliando sempre più anche ad attori non tradizionali il loro ecosistema esterno di innovazione. E le startup sono diventate un attore fondamentale per stimolare lo sviluppo di innovazione anche nelle imprese consolidate, per instaurare partnership, esplorare nuovi trend, nuove tecnologie e nuove opportunità di business”, conclude Andrea Rangone, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Startup Intelligence.