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Green Deal europeo: rendere sostenibile l’economia dell’UE, trasformando i problemi ambientali e climatici in opportunità

Ridurre le emissioni nette di gas a effetto serra di almeno il 55% entro il 2030 e fare dell’Europa il primo continente a impatto climatico zero entro il 2050: questi gli obiettivi del Green Deal europeo, la strategia dell’Unione Europea per la crescita sostenibile che vuole trasformare l’emergenza climatica in opportunità di sviluppo economico e sociale più equo e inclusivo. La ricerca tecnologica e la digitalizzazione svolgeranno un ruolo essenziale

Pubblicato il 24 Set 2021

Green deal europeo

Il Green Deal europeo è l’unica rotta per un’Europa sostenibile e il momento di mettersi in moto è adesso. L’allarme  è arrivato lo scorso agosto, quando l’Onu ha comunicato i risultati del rapporto Climate Change 2021: The Physical Science Basis realizzato dai ricercatori del Panel on Climate Change (IPCC), il principale organismo internazionale per la valutazione dei cambiamenti climatici formato nel 1988 in seno alle Nazioni Unite.

Il rapporto mostra come le emissioni di gas serra delle attività umane nel mondo sono responsabili di circa 1,1°C di riscaldamento delle temperature dal 1850-1900 a oggi. Se non si interviene immediatamente, nei prossimi 20 anni la temperatura globale potrebbe raggiungere o superare un aumento medio di 1,5°C. Ciò si tradurrà in ondate di calore crescenti, stagioni calde più lunghe e stagioni fredde più brevi. Toccando i 2°C di riscaldamento globale gli estremi di calore raggiungerebbero più spesso soglie di tolleranza critiche per l’agricoltura e la salute, generando una portata di cambiamenti nel sistema climatico senza precedenti.

Per gli studiosi è inequivocabile l’influenza umana nel processo di riscaldamento dell’atmosfera, dei mari e della terra. Il cambiamento climatico indotto dall’uomo – sostengono i ricercatori – sta già producendo un incremento degli eventi meteorologici e climatici estremi in ogni regione del mondo. Le prove delle modifiche indotte dall’uomo  si sono rafforzate rispetto al precedente rapporto di valutazione dell’Onu. Bisogna dunque agire al più presto per frenare il riscaldamento globale e salvaguardare il pianeta. A questa grande sfida l’Unione Europea risponde con l’European Green Deal. E il digitale potrà svolgere un ruolo chiave.

Green Deal europeo: origini e roadmap

È il 2019 quando nasce il Green Deal europeo. L’11 dicembre la Commissione Europea presenta “una tabella di marcia per rendere sostenibile l’economia dell’UE, trasformando i problemi ambientali e climatici in opportunità in tutti gli ambiti e rendendo la transizione giusta e inclusiva per tutti”.

Il nome “European Green Deal” prende spunto dalla politica economica americana rifacendosi in primis al New Deal firmato da Roosevelt, il piano di ripresa dopo la Grande Depressione del 1929. Tornando a epoche molto più vicine il piano europeo guarda anche al Green New Deal, il piano di riforme economiche e sociali promulgato negli Stati Uniti nei primi anni 2000 per arginare il cambiamento climatico e il conseguente esacerbarsi delle disuguaglianze economiche e sociali.

Il Green Deal europeo prevede una roadmap con azioni per stimolare l’uso efficiente delle risorse, grazie al passaggio a un’economia circolare e pulita, arrestare i cambiamenti climatici, mettere fine alla perdita di biodiversità e ridurre l’inquinamento. Il documento illustra gli investimenti necessari e gli strumenti di finanziamento disponibili e spiega come garantire una transizione giusta e inclusiva.

Come viene finanziato il Green Deal europeo?

Almeno 1.000 miliardi di euro in investimenti sostenibili nel prossimo decennio è la cifra che la Commissione si è impegnata a mobilitare per conseguire gli obiettivi fissati dal Green Deal europeo. Ben il 30% del bilancio pluriennale dell’UE (2021-2028) e dello strumento unico dell’UE NextGenerationEU (NGEU) per la ripresa dalla pandemia di Covid-19 è stato destinato agli investimenti verdi. La Commissione, a nome dell’UE, intende raccogliere il 30% dei fondi nell’ambito di NGEU attraverso l’emissione di obbligazioni verdi.

I Paesi dell’UE, a loro volta, devono destinare almeno il 37% dei finanziamenti ricevuti nell’ambito del dispositivo per la ripresa e la resilienza (che vale 672,5 miliardi di euro) a investimenti e riforme che sostengano gli obiettivi in materia di clima.

I Paesi, le regioni, i governi locali e le città europee devono inoltre destinare agli investimenti per il raggiungimento degli obiettivi del Green Deal il 30% di quanto ricevuto dal Fondo europeo di sviluppo regionale, così come il 37% del Fondo di coesione contribuirà specificamente al conseguimento della neutralità climatica entro il 2050, riporta la comunicazione ufficiale.

Una transizione giusta e inclusiva

Ultima novità in merito alle modalità di finanziamento dell’European Green Deal: lo scorso maggio il Parlamento Europeo ha approvato in via definitiva il Just Transition Fund (JTF), il Fondo per la Transizione Giusta dotato di 17,5 miliardi di euro, che aiuterà i Paesi dell’Unione europea, in particolar modo quelli che dipendono di più dai combustibili fossili e da industrie ad alte emissioni, a far fronte all’impatto sociale, economico e ambientale della transizione energetica.

Si tratta di un pacchetto di investimenti che comprende 7,5 miliardi di euro provenienti dal quadro finanziario pluriennale Ue 2021-2028 e 10 miliardi di euro del Next Generation EU, e in quanto tali, saranno messi a disposizione dal 2021 al 2023. Il pacchetto di investimenti sosterrà in particolare quelle regioni in cui ci sono piani per trasformare industrie ad alta intensità di emissioni in industrie a basse emissioni; una trasformazione essenziale per raggiungere il target dell’Unione europea di ridurre le emissioni di gas a effetto serra di almeno il 55% entro il 2030 e di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050.

Quali sono gli obiettivi del Green Deal europeo?

In termini pratici il Green Deal europeo punta a ridurre le emissioni nette di gas a effetto serra di almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990. Ridurre questa percentuale di emissioni nei prossimi 10 anni è fondamentale per fare dell’Europa il primo continente a impatto climatico zero entro il 2050 e tradurre il Green Deal europeo in una realtà concreta. L’obiettivo finale è quello di dissociare la crescita economica dall’uso delle risorse e ripristinare la qualità ambientale e la salute sia delle persone che della natura.

Diversi i vantaggi previsti del Green Deal europeo, che promette di accrescere il benessere e di migliorare la salute delle generazioni attuali e future: aria e acqua pulite, un suolo sano e biodiversità; edifici rinnovati ed efficienti dal punto di vista energetico; cibo sano e a prezzi accessibili; più trasporti pubblici; energia più pulita e innovazione tecnologica pulita d’avanguardia; prodotti che durano più a lungo, che possono essere riparati, riciclati e riutilizzati; posti di lavoro adeguati alle esigenze future; formazione delle competenze per la transizione; un’industria competitiva e resiliente a livello globale.

I 5 macro settori della Green economy

Potenzialmente non c’è settore che non possa trovare punti di contatto con la Green Economy. Secondo l’Ocse, tuttavia, come riporta l’ultima edizione degli Stati Generali della Green Economy 2020, sono cinque i settori fondamentali in cui va organizzata una ripresa basata sulla lotta ai cambiamenti climatici:

  • trasporti
  • energia
  • agricoltura
  • edilizia
  • industria

Il Green Deal europeo, pur riguardando dunque tutti i settori dell’economia, si sofferma in particolare proprio su questi cinque. Nel settore dell’agricoltura, per esempio, gli obiettivi che l’Ue intende perseguire attraverso azioni mirate sono: garantire la sicurezza alimentare di fronte ai cambiamenti climatici e alla perdita di biodiversità; ridurre l’impronta ambientale e climatica del sistema alimentare dell’Ue; rafforzare la resilienza del sistema alimentare dell’Ue; guidare la transizione globale verso la sostenibilità competitiva dal produttore al consumatore.

Nel settore dell’energia invece, i principali obiettivi della Commissione per la transizione all’energia pulita sono: costruire sistemi energetici interconnessi e reti meglio integrate per sostenere le fonti energetiche rinnovabili; promuovere le tecnologie innovative e una infrastruttura energetica moderna; incrementare l’efficienza energetica e promuovere la progettazione ecocompatibile dei prodotti; decarbonizzare il settore del gas e promuovere l’integrazione intelligente tra i settori; responsabilizzare i consumatori e aiutare gli Stati membri ad affrontare la povertà energetica; promuovere gli standard e le tecnologie dell’Ue nel campo dell’energia a livello mondiale; sviluppare il pieno potenziale dell’energia eolica offshore dell’Unione.

Green Deal Italia: un’opportunità per le aziende

Il report prodotto dall’Italian Climate Network, “Il Green Deal conviene. Benefici per economia e lavoro in Italia al 2030”, esamina le dinamiche economiche e del sistema emissivo italiano dal 1990 al 2018. Lo studio, completo di scenari macroeconomici, climatici e occupazionali al 2030 e al 2050 (in linea con gli obiettivi italiani ed europei), mostra che nel nostro Paese alcuni settori sono stati in grado nel tempo di migliorare il proprio impatto sull’ambiente, ma altri sono addirittura peggiorati. Tra questi, il settore edilizio e i trasporti.

A fronte di un calo delle emissioni dei settori industriale e della generazione di energia, complice  la crisi successiva al 2008 che ha espulso dal mercato le imprese più arretrate, si legge nello studio, sono cresciute le emissioni di quei settori che di solito l’attivismo ambientale non annovera fra i soliti sospetti ma che sono comunque responsabili di oltre il 40% delle emissioni italiane. In questo contesto il Green Deal europeo rappresenta un’imperdibile opportunità per la ripartenza e lo sviluppo di un futuro sostenibile.

Come accedere ai fondi del Green Deal europeo?

Tra gli strumenti green messi in campo dall’Europa per concretizzare gli obiettivi del Green Deal disponibili già adesso primo tra tutti troviamo Horizon 2020 o H2020, il programma quadro per la ricerca scientifica e l’innovazione della Commissione europea per il periodo 2014-2020. Il suo successore Horizon Europe 2021-2027 ha una durata di sette anni – corrispondente al bilancio di lungo termine dell’UE – e una dotazione finanziaria complessiva di 95,5 miliardi (a prezzi correnti), cifra che include i 5,4 miliardi destinati al piano per la ripresa Next Generation EU: è dunque il più vasto programma di ricerca e innovazione transnazionale al mondo. A gennaio 2021, l’ultima call Horizon 2020 è stata la Green Deal Call. La call ha messo a disposizione 1 miliardo di euro per progetti di ricerca e innovazione che rispondano alle sfide legate alla crisi climatica e ambientale in Europa.

Oltre ai programmi Horizon, c’è LIFE, istituito dalla Commissione Europea nel 1992 mirato alla protezione dell’ambiente declinata in 4 accezioni: natura e biodiversità; economia circolare e qualità della vita; riduzione e adattamento ai cambiamenti climatici; transizione all’energia pulita. Nel semestre 2021-2027 LIFE dovrebbe essere rifinanziato per 5,45 miliardi di euro, 1,95 miliardi in più rispetto al finanziamento del periodo 2014-2020.

Infine, l’Innovation Fund: il programma di investimenti nelle tecnologie pulite che nel periodo 2020-2030 erogherà 10 miliardi di euro. L’Innovation Fund è uno dei maggiori programmi di finanziamento al mondo che mira a testare le migliori tecnologie innovative per contribuire all’abbattimento delle emissioni di CO2 in linea con la strategia dell’European Green Deal. I settori più vicini al Fondo per l’Innovazione sono: chimica, energia geotermica, solare e eolica, idrogeno, ferro e acciaio, bio-raffinerie, bio-elettricità ed altre ancora.

Il ruolo del digitale nella transizione green

La digitalizzazione è un’ottima leva per accelerare la transizione verso un’economia climaticamente neutra, circolare e più resiliente. Allo stesso tempo, dobbiamo mettere in atto il quadro politico appropriato per evitare gli effetti negativi della digitalizzazione sull’ambiente”, ha affermato Svenja Schulze, ministro federale per l’ambiente, la conservazione della natura e la sicurezza nucleare della Germania.

Non ci sono dubbi, dunque, che la digitalizzazione supporti la transizione ecologica, tanto da poter parlare di “Digital Green deal”. Altrettanto certo è che, parallelamente, va perseguita la sostenibilità digitale.

Nel nostro Paese la strada verso un’Italia digitale e green è ancora lunga. Secondo un’indagine di Unioncamere e Centro Studi delle Camere di Commercio Guglielmo Tagliacarne su un campione di 3.000 imprese manifatturiere, solo il 6% delle imprese è “arrivato al traguardo” o comunque è nel tratto finale del percorso della duplice transizione ecologica e digitale, il 26% si trova a metà strada, mentre ben il 62% non ha investito e non ha intenzione di investire in azioni di digitalizzazione e in sostenibilità ambientale. Appena il 6% non ha ancora investito in digital e green ma ha programmato di farlo.

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