Intervista

Generali Italia sempre più innovativa: i traguardi del percorso di trasformazione digitale

Automazione dei processi core, bot e gestione automatica di 2 milioni di documenti l’anno, servizi per clienti e agenti accessibili da remoto, con oltre il 60% delle polizze firmate digitalmente, un’architettura IT con performance in netto miglioramento. E un massiccio investimento su competenze e talenti. David Cis, Chief Operating Officer di Generali Italia, racconta l’evoluzione tecnologica del modello operativo, ovvero le fondamenta della compagnia del Leone

Pubblicato il 04 Ago 2021

Manuela Gianni

Direttrice, Digital4Executive

sviluppo prodotto

La trasformazione tecnologica era uno dei pilastri del piano triennale presentato nel 2019 da Generali, ma il percorso di innovazione e semplificazione era partito anni prima. È dunque nuovamente tempo di bilanci, e i traguardi raggiunti sono stati notevoli, anche perché la compagnia assicurativa è tra quelle eccellenze italiane che ha saputo reagire rapidamente allo shock della pandemia, e in risposta ha ulteriormente accelerato il percorso di digitalizzazione. Bisognerà aspettare la presentazione del nuovo piano a fine anno per i dettagli sul futuro, ma già sono stati annunciati investimenti per oltre 500 milioni di euro per l’area Salute, con l’obiettivo di sviluppare un nuovo modello tecnologico in grado di avere un “impatto sociale positivo sul Paese”.

Digitalizzazione e automazione dei processi, dematerializzazione, uso avanzato di intelligenza artificiale e bot, nuove architetture IT e infrastrutture in cloud: sono tanti i risultati concreti raggiunti, grazie anche a un massiccio piano di assunzioni di talenti digitali, perché “la tecnologia da sola non basta mai”, come ci spiega in questa intervista David Cis, Chief Operating Officer di Generali Italia. Il manager sta guidando l’evoluzione tecnologica del modello operativo, ovvero le fondamenta della compagnia del Leone, senza la quale non sarebbe possibile compiere il balzo annunciato a livello strategico: non solo Generali Italia vuole adeguarsi alle nuove aspettative di clienti sempre più digitali e attenti, ma intende innovare il modello assicurativo “classico”, focalizzato su meccanismi di pagamento dei danni causati dai sinistri, per crearne uno fondato sulla prevenzione e su un’esperienza personalizzata per i clienti, in una logica data-driven.

Ing. Cis, tre anni fa ci aveva raccontato i primi risultati incoraggianti ottenuti grazie all’automazione di processo, che ha un ruolo centrale nel percorso di evoluzione del modello operativo. A che punto siete ora?

Sull’automazione abbiamo portato avanti un programma massivo e le sperimentazioni di cui parlavo tre anni fa oggi sono state portate a scala, grazie al lavoro di un team che ora è permanente. 40 processi chiave sono stati automatizzati. Un filone dell’automazione che si è rivelato particolarmente produttivo è senza dubbio quello della gestione documentale automatizzata con circa 2 milioni di documenti gestiti in modo automatico. Ogni sinistro malattia, per fare un esempio, comporta fatture mediche e prescrizioni, e tutte sono in formato diverso. Originariamente questi documenti erano raccolti da personale, che li classificava li leggeva e imputava a sistema informazioni rilevanti. Ora tutto avviene automaticamente, grazie ad algoritmi di intelligenza artificiale in grado di “capire” ciò che è scritto in ciascun singolo documento. È un lavoro molto complicato, ma su queste applicazioni siamo a scala. Nei prossimi mesi pensiamo anche di poter progressivamente portare a scala casi d’uso che abbiamo già attivato e che sfruttano tecnologie “voice bot”.

La pandemia e l’esigenza di distanziamento hanno spinto verso la gestione a distanza dei clienti e dei processi di vendita. Che iniziative avete realizzato e come si concilia la remotizzazione con il ruolo, per voi cruciale, della distribuzione fisica tramite la rete agenziale, capillarmente presente sul territorio?

Questa è l’area che più è stata accelerata dalla fase pandemica. Oggi oltre il 60% delle polizze – con punte di oltre l’80% per alcuni settori – è digitale, ovvero senza necessità di stampare per il cliente, che può utilizzare la firma grafometrica oppure otp su cellulare per concludere la polizza. Quello che prima si faceva di persona, su un iPad, oggi si può fare a distanza e questo ha avuto anche un risvolto interno: abbiamo remotizzato completamente i call center e tutti i collaboratori direzionali hanno lavorato in Smart Working. Non solo abbiamo reso possibile il processo, ma è stato ottimizzato e messo in sicurezza.

Queste innovazioni si conciliano con il ruolo della rete agenziale in due modi. Da un lato, è una remotizzazione che contempla la possibilità per un cliente di interagire con il suo agente, anche se non di persona. Oltre alla possibilità di finalizzare i contratti, abbiamo anche messo a disposizione nuovi strumenti di comunicazione, come la videochiamata. Dall’altro lato, abbiamo reso disponibili al cliente funzionalità self service come supporto al canale agenziale. Inizialmente erano funzionalità informative, come il controllo dell’estratto conto, le scadenze, le certificazioni IRPEF. Ora c’è anche la possibilità di fare transazioni, come pagare il rinnovo polizza o modificare la posizione anagrafica. Sono strumenti digitali a supporto al canale agenziale, con un processo che prevede il coinvolgimento dell’agente, che non viene sostituito dal canale diretto.

Alla base di queste iniziative per clienti e agenti c’è una “macchina IT” che è stata profondamente trasformata in questi anni, per rendere lo sviluppo dei progetti più rapido e più efficiente. Quali sono i passi più recenti che avete fatto e con quali risultati?

Abbiamo agito su 3 leve. La prima è tecnica: abbiamo riscritto secondo il modello a microservizi una parte importante dei sistemi core, come quello dei sinistri, con un utilizzo molto importante del cloud. Sono poi cambiati i metodi di lavoro: un terzo delle progettualità viene sviluppato con metodologia Agile e un uso spinto di DevOps. Infine, le competenze: abbiamo creato una Digital Factory dove condensiamo tutte le nuove skill e che ora impiega più di 100 colleghi.

I risultati sono già molto importanti, anche se il percorso non è ancora finito: l’indisponibilità dei nostri sistemi scesa del 70%, i tempi di risposta del 70%, le difettosità divise per 10. Significa che la qualità dei servizi informatici che offriamo ai nostri distributori è molto migliorata, e questo si riverbera sui nostri clienti.

Perché creare una Digital Factory? E come si relaziona questo gruppo di lavoro con la Direzione IT?

La Digital Factory è un contenitore di talenti e competenze che vengono allocate alle altre fabbriche e ai progetti IT: ci sono sviluppatori dei linguaggi più moderni, esperti di cloud, di network, di automazione. È a riporto del responsabile dell’IT ma è distinta dalle altre fabbriche. Per fare un esempio, può capitare che alla squadra dell’automazione venga assegnato uno sviluppatore della Digital Factory. La Digital Factory non sostituisce ma rinforza l’IT. Credo che la Digital Factory sia anche un bella esperienza in termini di diversity: siamo riusciti ad assumere per metà ragazze, un esercizio che almeno nella fase iniziale non era scontato.

Quali saranno i prossimi passi?

Ora stiamo definendo le nostre ambizioni future. Sicuramente ad esempio c’è da completare il percorso di riscrittura a microservizi dei nostri sistemi ma su alcuni ambiti minoritari, così come proseguire il percorso di adozione del cloud ad esempio. Stiamo però identificando ulteriori passi che possiamo fare per spingere verso l’eccellenza. Ad esempio, cercheremo un approccio ancora più proattivo al modello di assistenza. L’obiettivo è di fare un passo ulteriore nella direzione della predizione e prevenzione di un possibile disservizio per intervenire anche prima che l’utente lo rilevi. Le eccellenze digitali come Google e Amazon ci mostrano che si può fare. Questa è la nostra ambizione.

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