La trasformazione in corso del mercato, ma soprattutto dell’approccio alle informazioni degli “umani”, oggi impone di affrontare il tema della digitalizzazione partendo dai processi piuttosto che dai documenti, agendo su: organizzazione, comportamenti, tempi e stili di gestione.
«Siamo tutti singolarmente coinvolti in un’accelerazione digitale senza precedenti, ma le imprese non stanno cogliendo a pieno il cambiamento in atto adeguando i loro processi operativi. Hanno fatto step “abbordabili” cogliendo benefici tattici su EDI, GED, home banking, per arrivare a PEC e fatture in pdf», afferma Piergiorgio Licciardello, Business Developer di Di.tech, azienda leader nei sistemi informativi e nella consulenza strategica ed operativa per la distribuzione, i produttori di beni di largo consumo e gli operatori logistici.
Se prendiamo ad esempio l’EDI, spiega il manager, rileviamo una buona diffusione della fatturazione e del ciclo ordini e conferme; viceversa, «per i documenti di consegna (DesAdv e RecAdv, nel linguaggio della GDO) dopo anni siamo ancora al “palo”. Il fornitore è poco motivato a sostenere costi per aggiornare i propri sistemi e affiancare i documenti digitali a quelli cartacei nella fase di transizione. Il suo processo migliorerebbe sensibilmente con il ricevimento del RecAdv». Per il distributore, invece, il valore dal DesAdv è oggi quasi teorico, perché i suoi processi di ricevimento merce sono disegnati a partire dalla carta (DDT ed etichette logistiche), quindi l’utilizzo del documento digitale produce benefi ci limitati se non irrigidimenti.
Chi ha ridisegnato i propri processi di ricevimento contando sulla disponibilità del DesAdv ne ha tratto grandi benefici in efficienza e qualità dell’informazione: è il caso ad esempio di Conad per le piattaforme freschi. Le normative sul DDT e sul diritto del trasporto, presentate spesso come un vincolo, sono più un alibi per non affrontare il cambiamento che un vero limite», prosegue Licciardello.
Se invece parliamo di fatturazione, l’articolo 62 ha introdotto de-facto l’obbligo di trasmissione elettronica tracciabile delle fatture tra produttori e distributori. La scelta più semplice per molti è stata la trasmissione via PEC: certezza di consegna e riduzione dei costi postali. «In realtà ha creato costi aggiuntivi in software, il PEC Manager, e confusione nell’operatività. Nelle affollate caselle PEC arrivano documenti PDF che ai fini del trattamento vengono stampati. Anche dove è già presente l’archiviazione documentale spesso non ci si risparmia neppure la successiva scansione, perché il documento archiviato “deve” riportare timbri, firme, note ecc.. Non aver scelto la fatturazione EDI è un’occasione persa per tutti».
Una volta tanto, dunque, lo Stato è stato rapido e concreto. Siamo cittadini contenti almeno per questo? «Ovviamente no – conclude il manager-. Molte imprese vivono questa innovazione come l’ennesimo lacciuolo anziché accoglierla come stimolo a fare lo stesso nella propria impresa. Quante aziende retail della GDO ad esempio hanno piani per digitalizzare sia i DDT che le fatture agli affiliati?».