Nonostante i vantaggi potenzialmente enormi, le piccole e medie imprese italiane sono ancora in forte ritardo nella trasformazione digitale. La digitalizzazione delle PMI assume oggi, alla luce della congiuntura economica attuale legata allo scenario post pandemico, un carattere di assoluta necessità e urgenza. Le tecnologie digitali, per quanto diverse, offrono una gamma di applicazioni potenzialmente illimitate per migliorare le prestazioni operative e superare i vincoli di scala anche nelle realtà più piccole, sbloccando nuovi livelli di efficienza e competitività.
Definizione di digitalizzazione
Il MISE (Ministero dello Sviluppo Economico), nello stabilire quali sono gli interventi finanziabili per la digitalizzazione delle PMI e, più in generale, delle imprese italiane, ha di fatto dato una definizione di digitalizzazione che fa riferimento alla dotazione di hardware, software o servizi specialistici che permettono di:
- Modernizzare l’organizzazione del lavoro, implementando tecnologie digitali e nuovi modelli di lavoro flessibile, lavoro agile e Smart Working
- Migliorare l’efficienza dei processi operativi
- Sviluppare nuovi modelli di vendita come l’eCommerce
- Adottare reti di comunicazione a banda larga (broadband), ultralarga (ultra broadband) o basate su reti satellitari
- Fornire formazione qualificata al personale negli ambiti delle tecnologie digitali e ICT
Qual è il livello di digitalizzazione delle PMI in Italia
Stando al DESI (Digital Economy and Society Index), l’indice ideato dalla Commissione Europea per misurare i progressi compiuti dai Paesi UE in termini di transizione digitale, la digitalizzazione delle PMI in Italia è a livelli inferiori alla media europea. Il Belpaese, infatti, si piazza al terzultimo posto tra i 28 membri dell’Unione in quanto a digitalizzazione della società e delle attività produttive, con un punteggio di 43,6 (la media UE si attesta a 52,6). Solo una PMI su 10 vende online (contro una media del 18% delle “sorelle” europee) mentre solo il 22% utilizza i social media (la media UE è del 25%).
L’ultimo Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI del Politecnico di Milano nel valutare il livello di digitalizzazione delle PMI italiane fa un distinguo interessante tra PMI in senso stretto, ossia quelle imprese con un numero di addetti compreso tra 10 e 249, che generano un fatturato inferiore ai 50 milioni di euro o con un attivo inferiore ai 43 milioni di euro, e PMI Large, cioè con fatturato sopra i 50 milioni di € o numero dipendenti superiore a 250, dove le PMI Large possono essere considerate come un gradino dimensionale successivo a quello delle medie imprese e al quale queste ultime potrebbero guardare in chiave evolutiva.
Stando dunque ai numeri rilevati dall’Osservatorio il digitale risulta essere un punto di forza delle PMI Large: il 71% mostra, infatti, un profilo convinto o avanzato, rispetto al 50% delle PMI. Si tratta di imprese che stanno cercando di riorganizzare i processi con l’ausilio del digitale e che dispongono internamente di competenze per l’innovazione. Solo il 29% delle PMI Large, invece, può essere ascritto alle categorie degli “analogici” e dei “timidi” (rispetto al 50% delle PMI); si tratta di imprese ancora restie ad abbracciare la transizione digitale, mancando soprattutto di un approccio olistico e di una visione strategica di lungo termine. Vi è poi una forte percezione dei vantaggi derivanti dal digitale: solamente il 2% delle Ibride lo considera come un costo (rispetto al 16% delle PMI) mentre il 61% lo considera lo strumento per costruire il futuro dell’azienda (rispetto al 35% delle PMI). Il digitale costituisce un aspetto culturale di queste aziende, nelle quali esiste una maggiore consapevolezza digitale. È, però, ancora carente l’attività di formazione svolta per i dipendenti e per il management.
Gli enti a supporto della digitalizzazione delle PMI italiane
La ricerca dell’Osservatorio evidenzia altresì come esistono 4 diverse tipologie di enti nati con la missione di guidare e affiancare le PMI in un percorso solido di trasformazione digitale.
I Digital Innovation Hub (DIH) sono 23 in Italia e svolgono il ruolo di promotori dell’evoluzione digitale, attraverso specifiche attività di sensibilizzazione e formazione sulle nuove tecnologie e sulle opportunità esistenti.
I Punti Impresa Digitale (PID) sono strutture localizzate presso le Camere di commercio. Nati nel 2016, sono oggi 88, punto di riferimento territoriale per attività di formazione e informazione, sia a livello di policy/incentivi/opportunità attivate dal Governo, sia per approfondimenti su specifiche tecnologie e loro applicazioni.
L’Innovation Manager (IM), figura introdotta con la Legge di bilancio del 2019, rappresenta un punto di contatto tra le PMI e gli enti pubblici a supporto dei processi di innovazione digitale, fungendo spesso da tramite per l’erogazione di servizi tra gli Hub di innovazione e le PMI stesse. Oggi sono circa 8mila gli Innovation Manager iscritti alle liste MISE, anche se in realtà non tutti operativi su progetti di innovazione.
I Competence Center (CC) costituiscono l’infrastruttura «hard» della rete, a supporto del trasferimento tecnologico in chiave Industria 4.0. I CC presenti sul territorio italiano, nati tra il 2018 e il 2020, sono 8, ciascuno specializzato su ambiti tecnologici specifici e complementari. Rappresentano l’ultimo ente a cui approdano le imprese nel loro tragitto di innovazione, e si concentrano sulle attività più collegate al lancio e accelerazione di progetti innovativi e di sviluppo, attraverso la sperimentazione pratica delle tecnologie (con live demo e test before invest), la produzione “in vivo” degli strumenti di Industria 4.0 e la raccolta di best practices per l’implementazione della trasformazione tecnologica.
Quali sono i vantaggi della digitalizzazione delle PMI
Digitalizzare significa, in buona sostanza, semplificare, automatizzare, smaterializzare, adottare processi guidati dai dati (o, come sentiamo spesso dire, data driven), ottimizzare, risparmiare, efficientare, guadagnare competitività. Ecco un elenco, assolutamente non esaustivo, dei vantaggi della digitalizzazione delle PMI:
- Performance: i dati dell’Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI evidenziano come le realtà più mature dal punto di vista della digitalizzazione ottengono performance economico-finanziarie migliori: +28% di utile netto, +18% di profitti, +11% di EBITDA, in media.
- Efficienza: la digitalizzazione si accompagna solitamente a un aumento delle prestazioni complessive di macchinari e impianti produttivi, a una riduzione dei consumi, all’ottimizzazione delle scorte.
- Continuità operativa: i processi digitalizzati sono il fondamento della business continuity, ovvero della capacità dell’azienda di continuare a svolgere le proprie attività anche a fronte di eventi avversi. Non esiste continuità operativa senza digitalizzazione.
- Agilità: la digitalizzazione dei processi assicura alle aziende, e alle PMI in particolare, la capacità di adattare in modo rapido il business alle mutevoli esigenze del mercato e all’evoluzione dell’ambiente competitivo.
- Competitività: l’eCommerce e il business online rappresentano un boost, ovvero un acceleratore dei processi di internazionalizzazione ed espansione in nuovi mercati.
- Collaborazione: digitalizzare significa mettere dipendenti e manager, ma anche i partner di filiera, in condizione di collaborare in modo proficuo e ricco, spesso in tempo reale.
- Resilienza: la pandemia ha imposto a molte PMI di ripensare la gestione delle scorte e l’intero assetto della supply chain. La digitalizzazione pervasiva dei processi aziendali permette di rendere più fluidi e trasparenti i rapporti di filiera abilitando anche gestione proattiva delle possibili interruzioni.
Quali sono le strade per digitalizzare le piccole e medie imprese
La digitalizzazione aziendale è una delle principali sfide che le PMI italiane si trovano a fronteggiare in questo particolare periodo storico. La tecnologia è ormai parte integrante e trasparente delle nostre vite e del nostro quotidiano. Nonostante questo, però, le realtà più piccole faticano a modernizzare i propri processi produttivi e operativi inserendo le tecnologie digitali in modo pervasivo. La trasformazione digitale richiede, infatti, un cambio di mentalità e un’attenzione particolare a tutti quegli aspetti di change management che sono fondamentali per ingaggiare tutta l’organizzazione, favorendo il buon esito delle iniziative di digitalizzazione delle PMI. Digitalizzare significa andare ben oltre la possibilità di eliminare i documenti cartacei dagli uffici. Significa piuttosto adattare e riadattare i processi aziendali di back e front office alle nuove esigenze di modernità, agilità, resilienza e gestione data driven. Una tendenza che nelle PMI assume la valenza di un vero e proprio cambio di passo strategico. Digitalizzare significa, infatti, riuscire a soddisfare meglio i bisogni dei propri clienti e, in alcuni casi, trasformare completamente il business reinventandosi all’insegna di modelli strategici innovativi.
Le agevolazioni per la digitalizzazione delle PMI
Diverse sono le opportunità che il Governo mette a disposizione delle PMI che vogliono innovare il business in ottica digitale. Una panoramica completa di agevolazioni e incentivi si trova sul sito del MISE (Ministero dello Sviluppo Economico), che attribuisce particolare importanza alla digitalizzazione delle PMI italiane, identificandola come un viatico per competere in modo più efficace sui mercati nazionale e internazionali. Ecco una breve panoramica delle principali misure a disposizione delle PMI.
Iperammortamento e superammortamento
Si tratta di un incentivo per l’acquisto di beni strumentali nuovi, materiali e immateriali, che sono funzionali alla trasformazione digitale dei processi operativi. Nel caso dell’iperammortamento è possibile supervalutare del 250% il valore degli investimenti in beni materiali, mentre in quello del superammortamento la supervalutazione si limiterà al 130% del costo dei beni strumentali, acquistati ex novo oppure presi in leasing. Per le aziende che beneficiano dell’iperammortamento c’è la possibilità di accedere anche alla supervalutazione del 140% degli investimenti in beni immateriali (sistemi operativi e software). Per accedere a queste agevolazioni, solitamente è sufficiente un’autocertificazione redatta in fase di stesura del bilancio.
Sabatini Ter o Nuova Sabatini
Questa agevolazione non viene erogata dal MISE ma da un istituto di credito, che concede finanziamenti a tassi agevolati riducendo in maniera cospicua gli interessi da corrispondere a fronte delle somme ottenute per investimenti in tecnologie digitali, con un trattamento particolare previsto per le tecnologie smart e IoT. La misura copre gli interessi che l’azienda deve pagare per il prestito ottenuto. Il testo della misura indica che le somme ottenute dovranno servire per “acquistare o acquisire in leasing macchinari, attrezzature, impianti, beni strumentali ad uso produttivo e hardware, nonché software e tecnologie digitali”. L’incentivo del MISE arriva a coprire anche il 100% delle spese ammissibili e il contributo è erogato in base agli interessi calcolati sul finanziamento e il 25% delle risorse stanziate è riservato alle PMI che acquistano (anche in leasing) macchinari a basso impatto ambientale e migliorano la sostenibilità dei prodotti e dei processi produttivi. Il tasso di interesse è diversificato in relazione alla tipologia di interventi:
- 2,75% per gli investimenti ordinari (non Impresa 4.0)
- 3,75% per gli investimenti in tecnologie digitali (Impresa 4.0)
- 3,75% acquisto di macchinari e attrezzature a basso impatto ambientale
- 5,5% per gli investimenti in tecnologie digitali (Impresa 4.0) per aziende con sede in Abruzzo, Basilicata, Molise, Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia.
La Nuova Sabatini può eventualmente essere affiancata anche dal “Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese”, posto a copertura dell’80% dell’investimento richiesto.
Patent box per la digitalizzazione delle PMI
Il MISE ha previsto un regime di tassazione agevolata per le aziende che svolgono attività di ricerca e sviluppo. Queste potranno escludere dalla base imponibile delle imposte il 50% dei redditi derivanti dall’utilizzo di beni immateriali (brevetti, formule, software protetto da copyright, disegni industriali) o dalla cessione degli stessi. Ma questo potrà avvenire solo nel caso in cui almeno il 90% del ricavato venga reinvestito in attività di manutenzione degli stessi beni immateriali oppure nello sviluppo di nuovi beni immateriali soggetti a tutela giuridica. Il credito è valido per cinque periodi d’imposta.
Nuovo Piano Nazionale Transizione 4.0 (credito d’imposta Transizione 4.0)
Il Piano Transizione 4.0 è un pacchetto di strumenti, finanziato dalle risorse stanziate nella Legge di Bilancio collegata al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Quest’ultimo promuove la transizione ecologica e l’innovazione digitale nel tessuto produttivo italiano nel periodo post pandemia, con particolare riguardo alla digitalizzazione delle PMI. Lo fa attraverso una serie di misure che comprendono crediti d’imposta da utilizzare in compensazione in sede di bilancio e incentivi a fondo perduto. Strumenti eventualmente cumulabili anche con altri stabiliti a livello europeo, nazionale e regionale, primi fra tutti i contributi de minimis autorizzati dalla Commissione Europea. Queste le principali misure previste.
Credito d’imposta Formazione 4.0
La misura del Credito d’imposta Formazione 4.0, ancora valida per tutto il 2022, mira a incentivare gli investimenti nello sviluppo di competenze digitali sulle cosiddette tecnologie abilitanti, o tecnologie 4.0, da parte del personale e del management aziendale. Il bonus consiste in un credito d’imposta pari a una percentuale variabile del costo del personale impegnato nella formazione sui temi della Digital Transformation. È concesso in modo differenziato:
- Il 50% delle spese ammissibili fino al limite annuo di 300mila euro per le piccole imprese.
- Il 40% delle spese ammissibili fino al limite annuo di 250mila euro per le medie imprese.
- Il 30% delle spese ammissibili fino al limite annuo di 250mila euro per le grandi imprese.
L’accesso al credito d’imposta avviene automaticamente in fase di redazione del bilancio, tramite l’utilizzo dello strumento della compensazione nel modello F24.
Credito d’imposta in ricerca e sviluppo, innovazione e design
Anche questa misura ha lo scopo di stimolare l’innovazione e la ricerca in campo scientifico e tecnologico, favorendo la transizione digitale ed ecologica delle imprese italiane. Si applica a tutte le attività di innovazione tecnologica e prevede la maturazione di un credito d’imposta utilizzabile in compensazione, in misura pari a:
- Il 20% delle spese sostenute, nel limite massimo dei 4 milioni di euro, nel caso di attività di ricerca.
- Il 10% delle spese sostenute, con un massimo di 2 milion di euro, nel caso di attività di design.
- Il 10% delle spese sostenute, con un massimo di 2 milioni di euro, nel caso di attività di innovazione tecnologica.
- Il 15% delle spese sostenute, con un massimo di 2 milioni di euro, nel caso di attività di innovazione tecnologica finalizzate a obiettivi di innovazione digitale 4.0 oppure di transizione ecologica.
Voucher innovation manager
La Legge di Bilancio 2019 all’art. 1 istituisce il voucher innovation manager (voucher per consulenza in innovazione). Si tratta di un contributo a fondo perduto a favore delle PMI, che nelle intenzioni del legislatore dovrebbe permettere alle aziende più piccole di avvalersi di consulenti e specialisti esperti di digital transformation. Figure in grado di fornire un aiuto concreto nei processi di digitalizzazione delle PMI attraverso le tecnologie abilitanti indicate nel Piano Nazionale Impresa 4.0, così come nell’ammodernamento organizzativo e gestionale. Grazie al voucher, quindi, le PMI possono acquistare consulenze specialistiche e avere accesso a competenze manageriali, tecnologiche e di revisione dei processi utili per stimolare i processi innovativi. Il MISE ha anche creato un albo degli Innovation Manager, gestito e aggiornato da Unioncamere, che permette alle PMI di selezionare il consulente che meglio si adatta a seguirle nella propria evoluzione digitale. L’unico vincolo imposto è che l’innovation manager collabori con l’azienda almeno per nove mesi. Con un comunicato datato 20/12/2021 e pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 04/01/2022 il Ministero dello Sviluppo Economico ha prorogato al 20/01/2022 la scadenza originariamente prevista per il 20/12/2021 a carico dei beneficiari del voucher in questione per richiedere il rimborso delle spese incentivate.
Voucher digitalizzazione delle PMI
Questa misura è erogata a tutte le PMI sotto forma di incentivo a fondo perduto utilizzabile per l’acquisto di hardware e software, spese di formazione del personale e, più in generare, sostenere l’adeguamento tecnologico dei processi aziendali. L’entità del voucher è stabilita in base al capitale dell’azienda e all’entità dell’adeguamento tecnologico posto in essere. L’aiuto arriva a finanziare fino al 50% delle spese da sostenere, con un limite di 10mila euro. La domanda va presentata tramite il portale Invitalia. Il Decreto Legge 104 del 2020 (il cosiddetto Decreto Agosto) ha aumentato l’entità del voucher per l’anno 2021, perché la digitalizzazione delle PMI è vista come una delle migliori cure alle ferite economiche lasciate dalla pandemia. A disposizione delle aziende ci sono oggi circa 50 milioni di euro, per sperimentare i benefici delle tecnologie digitali abilitanti e IoT, ma anche delle nuove metodologie di organizzazione aziendale, come lo smart working. I voucher sono concessi in modalità differenti a seconda della dimensione delle imprese:
- Micro imprese e piccole imprese (meno di 50 occupati e fatturato non superiore ai 10 milioni di euro)
Il contributo è riconosciuto per ciascun periodo d’imposta nella misura del 50% dei costi sostenuti, con il limite massimo di 40.000 euro.
- Medie imprese (meno di 250 occupati e fatturato inferiore ai 50 milioni di euro)
Il contributo è riconosciuto per ciascun periodo d’imposta nella misura del 30% dei costi sostenuti, con il limite massimo di 25.000 euro. - Reti d’impresa (aggregazioni di società create per raggiungere specifici obiettivi o portare a termine specifici progetti)
Il contributo è riconosciuto per ciascun periodo d’imposta nella misura del 50% dei costi sostenuti, con il limite massimo di 80.000 euro.
Come digitalizzare una PMI
La digitalizzazione delle PMI è un processo complesso, che travalica il rinnovamento tecnologico di macchinari, impianti e flussi di lavoro. Digitalizzare non è infatti automatico, tutt’altro… Si tratta di un percorso che richiede una profonda comprensione dell’organizzazione, degli stili di leadership e di lavoro, ma anche delle dinamiche che governano l’approccio al mercato. Tutto quel che fa riferimento al cosiddetto change management, quindi alla capacità di governare e indirizzare in modo attivo e adattivo il cambiamento e l’innovazione, piuttosto che subirli.
L’acquisto di software, hardware e servizi IT è, dunque, solo il passo conclusivo di un percorso che impone alla PMI di adottare un nuovo mindset strategico votato all’ascolto del cliente e alla gestione data driven degli eventi. Ma anche più inclusivo verso l’organizzazione, improntato al self empowerment dei dipendenti e alla promozione di una vera e propria cultura digitale nel top management e nei quadri aziendali.
Gli strumenti tecnologici ci sono e sono oggi alla portata delle realtà di qualsiasi dimensione, grazie soprattutto alle agevolazioni previste a livello europeo, nazionale e regionale. L’ostacolo principale, come evidenziava anche la scorsa edizione dell’Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI, rimane quello delle competenze digitali e delle soft skill, con ben il 42% delle aziende intervistate che ammette di avere competenze digitali basse o distribuite in maniera poco omogenea nel personale. Cosa, questa, che rende difficile introdurre o utilizzare in modo diffuso le nuove tecnologie e rivedere i processi e i flussi di lavoro alla luce del digitale.