Un time to market ridotto al minimo è necessario oggi a rispondere in modo efficiente alle esigenze del mercato e continuare a cavalcare l’onda dell’innovazione. Solo applicando i concetti di velocità e agilità alle attività IT è possibile assicurare un’evoluzione lungimirante del proprio business. È Il principio del “fast matters”, come ricorda Umberto Galtarossa, Partner Technical Manager di Pure Storage: si inizia dal creare le condizioni tecniche e infrastrutturali «per assicurare velocità e agilità anche nei livelli di servizio applicativo, in modo da mostrarsi fortemente reattivi e non accumulare ritardi nel rilasciare prodotti e servizi, che devono invece sempre essere innovativi”.
Who's Who
Umberto Galtarossa
Partner Technical Manager di Pure Storage
L’approccio “fast matters” parte dall’IT
Mentre l’evolvere delle nuove tecnologie stava già accelerando, tanto da lasciare con il fiatone molte aziende strutturalmente impreparate al ritmo con cui oggi il mercato pretende innovazione di prodotti, servizi e applicazioni, è arrivata la pandemia che ha reso ancora più marcata questa tendenza. Non solo: come sottolinea Galtarossa «ci ha forzati a confrontarci con una serie di problematiche dovute alla distanza, in ambito aziendale, scolastico e sociale. La tecnologia ci è venuta in aiuto e ha dato vita ad alcuni nuovi trend, come la necessità di ubiquità nell’accesso ai dati e la connessione in remoto tra persone, mentre ne ha rafforzati altri come la creazione di nuovi servizi e applicazioni in tempi molto rapidi e una gestione ‘on demand’ delle risorse IT».
Velocità e agilità sono le parole d’ordine.
Nello specifico, per garantire l’accesso ai dati da ogni luogo servono applicazioni che consentano ad esempio di effettuarlo anche da mobile, oltre che da PC e laptop tradizionali, con sincronizzazione automatica tra i dispositivi. Per permettere a persone distanti di lavorare come fossero fianco a fianco servono applicazioni e sistemi di web-conference e desktop virtualizzati con cui operare da qualsiasi posizione come se si fosse all’interno del contesto aziendale abituale.
«In entrambe le situazioni l’esperienza dell’utente è fortemente legata alla velocità di comunicazione e alle prestazioni che questo tipo di applicazioni deve fornire. Si tratta quindi di servizi intrinsecamente ‘demanding’ da un punto di vista IT – spiega Galtarossa – se non si è in grado di garantire un livello di servizio applicativo elevato, infatti, la UX sarà pessima e anche la qualità del servizio offerto risulterà pregiudicata».
Anche la costruzione di nuove applicazioni, impossibile da pianificare con anticipo, oggi richiede velocità, flessibilità e agilità in primis all’IT che deve essere in grado di creare in tempi rapidi un contesto applicativo potendo usufruire di un approccio on demand, cloud-like dinamico e in cui pagare solo ciò che si consuma.
«Questa situazione – commenta Galtarossa – mostra chiaramente che il concetto di ‘fast matters’ parte dall’IT e va oltre al provisioning rapido e alla gestione semplificata in ottica di time to market, richiedendo una forte velocità di risposta dal punto di vista infrastrutturale che permetta alle applicazioni, che abbiamo visto essere al centro del processo di innovazione, di scaricare proprio sull’infrastruttura tutto quello di cui c’è bisogno senza rallentamenti o tempi morti».
Velocità e agilità grazie a software e data services
Mettere nelle condizioni l’IT di abilitare l’innovazione di cui l’azienda ha bisogno significa che il management deve fare delle scelte strategiche. «Affidarsi a tecnologie flessibili e agili permette di creare vantaggi di business» spiega Galtarossa, illustrando come primo passo quello di liberare l’IT dal micro management infrastrutturale perché possa «concentrarsi su nuove applicazioni a servizio del business, evitando di impiegare diverse ore/uomo per mantenere l’infrastruttura esistente». Perché ciò accada serve puntare su tecnologie con profonda integrazione applicativa, gestibili tramite API e flessibili anche verso i public cloud provider che, nel caso di necessità di un maggior spazio per lo storage, ad esempio, facciano sì che venga richiesto direttamente dal contesto strutturale (macchine virtuali o container) e da chi lo gestisce. L’ideale sarebbe evitare di passare per l’IT per non interromperlo e rubargli tempo, eliminando colli di bottiglia.
«L’agilità è fortemente legata al software che guida gli strumenti, la vera componente a valore delle tecnologie IT, quella che consente ad esempio la ‘data mobility’ e in generale una gestione del dato più semplice e quindi più veloce e funzionale rispetto alle logiche e ai tempi anche del business – spiega Galtarossa –. Un’altra caratteristica importante da ricercare nello storage è la disponibilità di data services soprattutto se si ha a che fare con applicazioni non tradizionali ma basate su container e micro-servizi».
È evidente che abbracciare il concetto di “fast matters” implichi non una semplice accelerazione ma un «cambio di mindset iniziando a considerare l’IT una leva strategica per il processo di innovazione e adottando un approccio a servizio per adeguare la sua attività all’evoluzione del business guadagnandone in flessibilità, agilità e resilienza».
Pure Storage libera le potenzialità dell’IT a beneficio del business
Impegnata fin dalla sua nascita nel proporre tecnologie che permettessero ai clienti di concentrarsi sugli aspetti applicativi e a valore, evitando di investire tempo nel management infrastrutturale, Pure Storage propone un’offerta adatta ad assicurare che l’IT possa lavorare con il principio del “fast matters” senza affanno o pressioni e con la certezza di poter usufruire sempre e automaticamente dell’ultima versione tecnologica dello storage acquistato, grazie al modello Evergreen. «Questo riduce fortemente il tempo dedicato alla sua gestione, abbattendo così il time to market – spiega Galtarossa – mentre con le tecnologie storage on-premise come FlashArray e FlashBlade siamo in grado di assicurare il più alto livello di performance e sicurezza applicativa senza che l’IT se ne debba occupare, grazie ad uno strato software che permette la data mobility e lo spostamento trasparente dei dati in cloud, mantenendone il controllo e creando scenari di lift&shift applicativo o disaster recovery».
Dato che le nuove applicazioni richiedono un approccio a “micro-servizi” e quindi a container per rispondere alla necessità di velocizzare e rendere agile il processo di innovazione, può rivelarsi utile Portworx. Si tratta di una componente software in grado di astrarre l’infrastruttura sottostante rendendo l’applicazione capace di approvvigionare spazio storage da on-premise e da cloud, secondo le policy che l’IT ha impostato, lasciando che lo strato software, come un “pilota automatico infrastrutturale”, gestisca automaticamente temi di backup, business continuity e tuning.
Ben consapevole che il soddisfare le esigenze dell’IT debba comunque rientrare in una più ampia strategia di investimenti aziendale, Pure Storage ha poi studiato la soluzione Pure as a service con cui i clienti possono usufruire di tutte le sue tecnologie in una modalità a servizio che assicura costi chiari, rendicontazioni trimestrali, tempi di approvvigionamento immediati e soprattutto la capacità di effettuare un ridimensionamento infrastrutturale, gestendo la sottoscrizione al servizio anche su base annuale.