Stiamo vivendo un periodo di cambiamento profondo e accelerato. La pandemia ha dimostrato alle imprese quanto sia forte il legame tra la digitalizzazione e la continuità del business, ma anche quanto l’adozione tecnologica e la modernizzazione dell’IT abbiano riflessi fondamentali sulle performance dell’azienda. Lo suggerisce il senso comune, ma la conferma arriva dai dati: nello studio Digital Acceleration, IBM afferma che le organizzazioni più avanzate a livello di technology adoption possono contare su livelli di crescita ben superiori (>10%) rispetto alle altre.
Sempre la stessa ricerca ha messo in luce quali tecnologie hanno avuto l’impatto maggiore negli ultimi mesi segnati dalla pandemia e come sia cambiato il loro posizionamento: se è vero che quelle afferenti all’universo Mobile restano in pole, la seconda e la terza posizione hanno subito un drastico riposizionamento, passando da IoT e Advanced Analytics a Cloud e Intelligenza Artificiale (AI). Tra queste due, il livello di adozione è chiaramente molto diverso: mentre il Cloud viene identificato come un performance differentiator in 11 dei 18 settori considerati dallo studio, l’AI ha un livello di adozione inferiore ma rappresenta una straordinaria opportunità per molte industry, come per esempio il macrocosmo bancario e finanziario.
Grazie al Cloud, l’IT affronta (e vince) le sfide di oggi
Che il Cloud sia il presente e il futuro dell’IT è un dato di fatto. Le resistenze dei primi anni sono crollate da tempo e il modello è evoluto progressivamente fino ad abbracciare efficienti architetture ibride e multicloud in grado di miscelare la scalabilità e la flessibilità della declinazione pubblica con i benefici di controllo dell’infrastruttura privata. Non è un caso che i numeri del Cloud siano in forte ascesa: sempre IBM, questa volta nello studio Covid-19 and the future of business, afferma che il 64% delle imprese ha incrementato il peso della ‘nuvola’ per le proprie attività di business come conseguenza della pandemia.
Oggi, il Cloud è uno strumento insostituibile al servizio dell’IT, perché, oltre a essere un “abilitatore naturale” di Smart Working, è anche un pilastro di quel concetto di Business Resilience cui tutte le imprese ambiscono. I sistemi IT devono garantire prestazioni eccellenti in ogni circostanza, compresi i picchi di transazioni (si pensi, per esempio, all’impennata dell’eCommerce), ma anche supportare appieno lo Smart Working e assecondare lo sviluppo di ecosistemi di aziende e servizi sempre più connessi e sinergici tra loro. Per questi motivi, l’IT trova nei modelli Cloud, nella loro scalabilità nativa, nel bilanciamento tra le componenti pubbliche e private e nella possibilità di sfruttare sinergicamente le infrastrutture di provider diversi un modo ideale per assecondare tutte le esigenze del new normal, che vanno dalla resilienza alle massime performance. Tutto questo, inoltre, senza dimenticare i benefici del Cloud per quanto concerne lo sviluppo e la gestione del ciclo di vita delle applicazioni, che sempre più spesso sono il vero motore del successo di un’impresa.
AI, il motore dell’IT e del business
Secondo lo studio di IBM, l’AI è una delle tecnologie chiave del momento e, oltretutto, presenta molti punti di contatto con il Cloud. La connessione tra i due si manifesta in diversi ambiti, ma a titolo d’esempio si può parlare di sicurezza dell’infrastruttura ibrida, un argomento di per sé molto complesso perché un ambiente IT formato da componenti private e pubbliche di diversi provider può creare non pochi grattacapi a livello di visibilità e controlli di sicurezza. Così come è necessario disporre di tecnologie adeguate allo scopo, occorrono anche competenze specialistiche, di cui purtroppo il mercato è avaro: il risultato è che nell’ultimo Cost of a Data Breach Report di IBM la principale causa di data breach (quasi 1 caso su 5) è stata proprio l’errata configurazione delle risorse cloud. Per questo motivo, cui si aggiunge il continuo aumento di minacce interne ed esterne e la necessità di adottare un paradigma di sicurezza ad hoc per i cloud ibridi, le aziende si stanno affidando sempre di più all’Intelligenza Artificiale e all’automazione a supporto delle attività di security, in particolare per le attività di identificazione e scoring dei rischi da sottoporre a personale esperto per la gestione più corretta. In aggiunta, l’AI può “supervisionare” l’elaborazione e l’esecuzione automatica delle risposte, un aspetto fondamentale che incide sull’efficienza di tutto il comparto IT e rende l’investimento in Cloud ancor più efficace. Non è un caso che, sempre secondo IBM, le aziende top performer utilizzino l’Intelligenza Artificiale per attività di threat intelligence con una frequenza molto maggiore (+72%) rispetto alle organizzazioni che ottengono risultati meno brillanti.
Oltre a fungere da supporto per la divisione IT in molti modi differenti, che spaziano dalla sicurezza dell’infrastruttura all’AI automation e ai chatbot per le operazioni di supporto, l’Intelligenza Artificiale può essere un pilastro portante dell’intero business aziendale. Applicazione per eccellenza è chiaramente la valorizzazione strategica dei dati, di cui ogni impresa è stracolma ma da cui non sempre riesce, a causa di una frammentazione più o meno marcata, a generare insight tali da indirizzare i processi decisionali che investono l’azienda a tutti i livelli. Inoltre, l’AI permette di estendere i sistemi dell’azienda verso ecosistemi più ampi ed è il fulcro attorno al quale ruota l’automazione dei processi, stadio finale di un lungo percorso di dematerializzazione e digitalizzazione: l’applicazione di RPA (Robotic Process Automation) potenziata da AI, Machine Learning e Cognitive Computing (Intelligent Automation) dimostra quanto l’Intelligenza possa avere un ruolo non soltanto nell’identificare i task automatizzabili, ma anche nel portare l’automazione stessa a un livello più alto, raggiungendo un livello di discrezionalità superiore e un peso ben maggiore sulla crescita dell’impresa.