IMPRESA RESPONSABILE

Guida al Green Marketing: perché puntare sulla sostenibilità fa bene al business

C’è ancora chi lo considera, con poca lungimiranza, un “trend” per promuovere il marchio. Ma molte aziende usano il Green Marketing con convinzione ed etica, nell’ambito di una strategia davvero sostenibile. Eccone i principi base: il ritorno è notevole, ma attenzione al rischio del greenwashing

Pubblicato il 08 Apr 2022

Green Marketing

Ci sono molti modi per definire il Green Marketing (marketing sostenibile, per esempio, o environmental marketing), ma il concetto è lo stesso: mettere al centro l’ambiente. Il Green Marketing descrive l’impegno di imprese e organizzazioni nel restituire al Pianeta qualcosa del tanto che si è preso nel corso del tempo.

Sono tantissime le aziende che iniziano ad interessarsi alle tematiche ambientali e alla sostenibilità. Le possibilità per fare qualcosa di concreto sono davvero molte, tanto che si parla anche di brand activism, proprio a indicare il passaggio all’azione da parte delle imprese. Una scelta spontanea delle big corp? In realtà, no: si tratta di una volontà forte dei consumatori, sempre più consapevoli e pronti ad attribuire proprio alle aziende il maggiore peso nella responsabilità in merito al cambiamento climatico e allo sfruttamento delle risorse ambientali.

Definiamo il Green Marketing

Il Green Marketing è l’insieme delle attività e delle strategie messe in atto da un’azienda per contribuire a migliorare la propria sostenibilità ambientale, che, lo ricordiamo, è una delle tre declinazioni della sostenibilità, insieme a quella sociale ed economica.

Ci sono molte attività possibili, alcune più di “produzione”, cioè legate agli stessi prodotti e servizi della company stessa, che vengono declinati in una nuova chiave più ecologica, a beneficio degli utenti e dell’immagine dell’azienda stessa.

Altre attività, invece, sono più legate alla comunicazione e agli eventi o alla beneficenza in senso stretto: ad esempio, l’organizzazione di giornate per ripulire aree di città e parchi, oppure donazioni ad enti che si occupano del benessere della Terra e degli animali.

C’è poi il percorso più impegnativo che è quelle che vede piccole e grandi imprese intraprendere strategie per contenere le proprie emissioni di CO2 fino ad arrivate alla cosiddetta “carbon neutrality” o ad entrare a far parte delle B-Corp certificate, un panel di aziende internazionali che promuovono un modo più etico di fare business.

Uno studio del colosso della finanza BlackRock stima che la transizione verso il “net zero”, cioè l’annullamento delle emissioni di CO2 entro il 2050, aiuterà economia mondiale a crescere del 25% in 20 anni. Da qui il grande interesse che le aziende green rivestono anche per gli investitori. Comunicare la sostenibilità e rendicontare i risultati è dunque fondamentale per attirare gli investimenti nei prossimi anni, che saranno consistenti, in vista dei piani di ripresa nazionali ed europei.

I principi base: restituzione e responsabilità

I principi fondamentali del marketing sostenibile sono due concetti molto validi e nobili, quello di “restituzione” e quello di “responsabilità”, intrecciati tra loro in modo indissolubile.

Restituire, soprattutto per i grandi colossi mondiali della produzione (pensiamo alle Big Tech ma anche alle multinazionali dell’alimentare), significa comprendere e ammettere di avere avuto un ruolo, purtroppo in negativo, nel corso degli ultimi decenni, a livello di emissione di sostanze inquinanti e di gestione poco accorta delle risorse terrestri.

In questo senso, quindi, voler restituire significa iniziare ad aggiustare il tiro, adottando comportamenti produttivi più etici e ottimizzando il consumo di energia, risorse e materie prime.

Responsabilità è il principio centrale, da cui discende anche il concetto di “restituire”. Se però quest’ultimo presuppone quasi un’ammissione di colpa iniziale, la responsabilità ambientale è messa in gioco anche e soprattutto da aziende giovani, startup e brand digital-first che hanno un mindset nuovo e che vogliono porsi da subito come business sostenibili.

Come impostare una strategia credibile

La parola chiave è credibilità: è fondamentale crederci davvero, se si vuole dedicarsi a una strategia di Green Marketing, essere coerenti, trasparenti e concreti.

Le opzioni sono tante: è possibile valutare di creare una linea di prodotti “green”, sostituire tutto il proprio packaging con confezioni riciclabili o impegnarsi in progetti di riforestazione che vadano a coprire le proprie emissioni di CO2.

O ancora, si possono intraprendere progetti mirati all’eliminazione della plastica da ogni ambiente di lavoro, ad esempio con la distribuzione ai dipendenti di borracce personalizzate per non doversi più rifornire di bottigliette di plastica alle macchinette di vending degli uffici.

Si possono persino organizzare team building aziendali per stimolare un impegno attivo nello staff in attività di riqualificazione e bonifica di spiagge, parchi e quartieri delle città

Uno step ulteriore, che solo marchi davvero etici possono – o potrebbero – permettersi, è il porsi come divulgatori, non solo agendo per il bene del Pianeta, ma educando la propria customer base a fare altrettanto. In questo ambito rientrano le campagne ad hoc sui social media, contenuti di approfondimento e coadiuvati da voci influenti, testimonial ed eco-blogger.

Green Marketing: la coerenza è fondamentale

Sono tutte attività che vanno eseguite e successivamente comunicate con grande accortezza: il rischio, infatti, è altissimo.

Introdurre questo genere di attività in maniera poco convinta, poco credibile e poco coordinata, significa esporre il brand a pesanti critiche, se non a vere e proprie multe.

A livello di produzione, infatti, vantare certificazioni o affermare che i propri pack hanno un contenuto di plastica ridotto di una specifica percentuale può essere passibile di revisione e sanzionamento da parte dell’Antitrust, se venisse accertato che le informazioni non sono reali.

Accanto alle sanzioni, c’è poi la “gogna mediatica”, perché un’organizzazione incoerente dal punto di vista della sostenibilità si espone a pesanti critiche e rischia di perdere clienti in modo massivo.

In gergo tecnico, la pessima pratica di millantare un comportamento sostenibile non comprovato dai fatti viene definita “ greenwashing , e può essere tradotta con l’espressione “ambientalismo di facciata”.

È successo a diversi colossi, nazionali e internazionali, aziende di produzione e commercializzazione trasversali per settore, dal food&beverage alla moda, dall’energia al design, sanzionati per aver esagerato il proprio impegno ambientale tramite green claim non veritieri. Mentre enti governativi e associazioni dei consumatori si stanno mobilitando per redigere una normativa, compaiono anche le prime sentenze specifiche per il reato di greenwashing.

Quali sono i vantaggi del Green Marketing

I vantaggi di un Green Marketing “fatto bene” sono notevoli.

Dando per scontato il vantaggio più “spirituale”, cioè il fatto che attuare azioni di supporto alla sostenibilità ambientale è positivo e giusto in sé, ci sono ovviamente dei ritorni d’immagine più che positivi.

I consumatori sono sempre più attenti a ciò che acquistano e all’impegno etico dei brand che amano. Per fare un esempio, secondo una ricerca di Nielsen con Novamont rilasciata a inizio 2020, l’88% degli intervistati sostiene che contribuire a ridurre inquinamento e degrado ambientale è una delle maggiori sfide del mondo di oggi. Ben il 75% afferma di essere disposto a pagare di più un prodotto, se ha la certezza che abbia un impatto ridotto sul Pianeta dal punto di vista del packaging e della produzione. Non solo: gli utenti si aspettano che siano soprattutto le aziende a fare qualcosa in merito e scelgono i propri love-brand anche sulla base di quanto sono green.

Questi dati vengono confermati da un altro studio specifico, pubblicato a fine 2020 da Gfk, intitolato #WhoCaresWhoDoes, un report sulla sostenibilità condotto a livello europeo da cui emergono dati molto interessanti. In primis, le scelte sostenibili nelle famiglie vengono promosse dai più giovani (45%) sono i figli, le nuove generazioni, che prendono decisioni d’acquisto basate su un consumo più attento. Mentre alla domanda “Chi può fare maggiormente la differenza nella riduzione dell’impatto ambientale?”, gli intervistati rispondono con un netto 40% “I Produttori”, seguiti dai Governi (35%) e dai consumatori stessi (20%). In Italia, il 36% del campione intervistato ha anche affermato di aver smesso di acquistare alcuni prodotti/servizi perché considerati poco rispettosi dell’ambiente e quindi non più sostenibili.

Rivolgersi a un pubblico così consapevole significa non potersi permettere trucchi e mezze verità, ma dover giocare la carta della trasparenza e della reale volontà di fare la differenza, a tutto vantaggio di una brand reputation positiva.

L’importanza del marketing sostenibile in azienda

Noi stessi siamo, per primi, utenti e consumatori: ecco perché sapere di lavorare per un’azienda etica, impegnata per il bene dell’ambiente, è sicuramente positivo, anche in termini di ricerca di nuovi talenti.

Non solo, attività ed eventi interni volti alla sostenibilità ambientale stimolano il dialogo e cementano il legame con la propria organizzazione.

Ma quali sono state nel 2021 le imprese italiane più sostenibili? Lo si può estrapolare dai dati pubblicati a inizio 2022 di Corporate Knights Global 100 , che ogni anno stila la classifica delle 100 company più green al mondo. Questo ranking non vuole solo mostrare la bontà delle attività ecosostenibili intraprese dalle aziende ma anche dimostrare come un sano green marketing abbia portato loro notevoli vantaggi in termini di business e fatturato. Solo due le italiane presenti in classifica: Unicredit Spa (59° posto) e Intesa Sanpaolo (90° posto).

Agire in modo etico e sostenibile non è, quindi, qualcosa che si possa fingere o fare solo per “posa”: il Green Marketing è sicuramente un pilastro delle strategie di comunicazione delle organizzazioni di oggi per il mondo di domani. Un impegno importante da ricordare soprattutto in questo periodo, dato che il 22 aprile ricorre la Giornata Mondiale della Terra.

Esempi di green marketing

Tra gli esempi di green marketing fatto bene si possono prendere le strategie messe in atto proprio dai due istituti bancari sopracitati tra i Knight Global 2022.

Unicredit è fortemente impegnata nella riconversione di tutte le sue sedi secondo i dettami del full-renewable: entro il 2023 tutti i consumi di energia degli edifici in Italia, Germania e Austria proveranno da fonti rinnovabili. Ha anche introdotto una nuova policy di Gruppo sul carbone, che vieta l’erogazione di prestiti per attività finalizzate alla produzione di energia da fonti fossili.

Intesa San Paolo, dal canto suo, ha aderito a numerosi standard internazionali legati allo sviluppo sostenibile e all’impegno sociale, in termini di risorse umane e inclusione così come di contenimento dell’impatto ambientale. Ad esempio, Intesa partecipa a Net-Zero Banking Alliance, progetto delle Nazioni Unite dedicato proprio al mondo del banking, per quelle banche che si impegnano a portare i loro portafogli di prestiti e investimenti ad emissioni nette zero entro il 2050.

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