Dal 2013 Inail ha avviato un percorso per strutturare l’innovazione in azienda. È stata creata un’area organizzativa (Innovation Lab) con il compito di favorire l’integrazione di innovazioni tecnologiche ed organizzative all’interno del processo produttivo. Progetti di Open Innovation hanno trovato collocazione nel Piano Strategico 2014-2016, ma con il Piano Strategico 2017–2019 si ha una puntuale individuazione di un programma specifico dedicato all’Innovazione. Con il Piano 2020-2022, avendo strutturato in maniera formalizzata il processo di integrazione dell’innovazione, non si è più ritenuto necessario prevedere un programma specifico, in quanto l’adozione dell’innovazione by design rientra nell’ordinario ciclo di sviluppo. In pratica è stato definito un processo organizzativo che introduce l’innovazione nell’Istituto in maniera strutturata e integrata.
Inail, le quattro fasi del processo di innovazione
Inail è dal 1933 l’Ente Pubblico non economico che gestisce l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, con l’obiettivo di ridurre il fenomeno infortunistico, assicurare i lavoratori che svolgono attività a rischio, garantire il reinserimento nella vita lavorativa degli infortunati sul lavoro, realizzare attività di ricerca e sviluppare metodologie di controllo e di verifica in materia di prevenzione e sicurezza. Ad oggi l’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro conta oltre 9.200 dipendenti distribuiti sull’intero territorio nazionale
Il processo di innovazione, strutturato e condiviso in Inail, prevede quattro fasi: 1) identificazione e generazione opportunità; 2) analisi e selezione; 3) validazione e raffinazione; 4) prototipazione e test. Il tutto in ottica di Open Innovation.
«Con l’emergenza sanitaria del 2020 l’innovazione è stata chiamata a dare evidenza del valore generato con la tecnologia, mantenendo i volumi di produzione pre-Covid anche con le persone (la quasi totalità dei dipendenti) che lavoravano da remoto ed in sicurezza sia sotto il profilo sanitario che dal punto di vista della cybersecurity”, spiega Stefano Tomasini, Direttore Centrale, Direzione Centrale per l’Organizzazione Digitale di Inail, ospite del workshop inaugurale della tredicesima edizione della Digital Transformation Academy del Politecnico di Milano.
Who's Who
Stefano Tomasini
Direttore Centrale, Direzione Centrale per l’Organizzazione Digitale, Inail
La PA come piattaforma e le piattaforme per la PA
A favorire questo processo è stato anche il ripensamento del ruolo della PA come piattaforma e del ruolo che le piattaforme hanno per la PA: approcci entrambi già immaginati in anni precedenti e che l’emergenza sanitaria ha accelerato, sia nei confronti dell’utenza esterna sia nei confronti dell’utenza interna.
«Le piattaforme rappresentano un fattore abilitante ed un acceleratore eccezionale per il “business” e per le persone di Inail e ci hanno consentito di riposizionare il ruolo della tecnologia e della digitalizzazione nell’Istituto: esse sono viste non più solo come un supporto, ma come un abilitatore per l’erogazione di servizi con una velocità e qualità che prima si pensavano inimmaginabili», racconta Tomasini. «L’Organizzazione Digitale di Inail, quindi, non solo stimola le Direzioni per sondare nuovi servizi, opportunità e soluzioni, ma viene ingaggiata in tempo reale per rispondere alle esigenze che emergono».
La strategia digitale di Inail: protagoniste le persone
Con questa duplice visione, organizzativa e tecnologica, la Direzione di Tomasini ha cercato di definire una strategia che guardasse al digitale come fattore di trasformazione per tutto l’Istituto.
«Avevamo già una piattaforma interna, che durante il periodo del primo lockdown ha permesso ai dipendenti di gestire “la distanza”. Abbiamo reso pubblici e analizzato i risultati della survey condotta con il Politecnico di Milano, che hanno messo in evidenza come le piattaforme abbiano favorito e sostenuto cambiamenti nella cultura e nell’organizzazione di una pubblica amministrazione come Inail. Il processo comunicativo, condiviso con le diverse funzioni aziendali ha dato consapevolezza alle persone dell’attenzione di Inail nei loro confronti». Attenzione che è stata ancor più evidente nella fase di “ back to office” dove sono stati introdotti strumenti di prenotazione degli spazi, di gestione del distanziamento e di programmazione dei rientri, nonché soluzioni organizzative di delocalizzazione di “competenze specifiche” sul territorio.
Più condivisione dati per una PA che è inclusione
«Questa esperienza dimostra che anche la PA può adottare modelli ormai consueti in alcune organizzazioni private complesse. Ma ci sono alcuni vincoli che primariamente vanno abbattuti: l’eccessiva frammentazione degli snodi amministrativi e la pressoché assente condivisione di dati, processi e piattaforme tecnologiche che paralizzano il percorso di evoluzione, direi trasformazione, della PA in PA digitale», spiega il manager.
Tomasini conclude: «Le piattaforme hanno frantumato resistenze storiche e hanno portato maggiore consapevolezza nei nostri stakeholder interni ed esterni sulla necessità di fare lo “switch” verso il digitale. Bisogna puntare all’inclusione ed alla valorizzazione della nostra risorsa principale: il capitale umano e le eccellenze che il nostro Paese è in grado di esprimere».