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Piccole e medie imprese, i problemi non sono euro e UE

Solo il 6% dei piccoli imprenditori addebita all’Europa la crisi economica, mentre il 42% se la prende con l’Italia, il malgoverno e le mancate riforme. Quanto alla moneta unica, Il 57% la valuta positivamente, ma anche molti dei contrari non la lascerebbero: solo il 27% tornerebbe alla lira. I responsi di un sondaggio Ipsos Public Affairs per CNA

Pubblicato il 29 Ago 2014

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Non esiste un “grande nemico” a Bruxelles. Le piccole imprese il “grande nemico” lo hanno a casa propria, in Italia. E più percepiscono negativamente il potere nazionale, e soprattutto locale, più sperano nell’Europa. E’ il risultato del sondaggio curato da Ipsos Public Affairs per conto della CNA su “Che cosa pensano dell’Europa e dell’euro le piccole imprese del nostro Paese alla vigilia del Semestre europeo di presidenza italiana”. Un sondaggio che demolisce molti luoghi comuni e altrettanti miti mediatici.

Nonostante anni di crescita lenta o di decrescita, solo poco più della metà degli imprenditori interpellati guarda negativamente alla UE. E il giudizio positivo cresce insieme alla dimensione dell’impresa, fino a superare il 50% dei consensi nelle aziende di media dimensione. Anche nel settore dei servizi e nel Centro-Sud l’Europa raccoglie oltre la metà dei giudizi favorevoli. Probabilmente in molti pensano che l’Italia (e il Mezzogiorno in particolare) non possa uscire dalle sabbie mobili in cui si trova attualmente senza un robusto sostegno esterno. Un’opinione condivisa anche da una recente analisi del Centro studi di Confindustria che indica proprio nei fondi europei una delle leve da utilizzare per risalire la china.

A prescindere dal giudizio sull’UE e sull’euro, solo il 6% dei piccoli imprenditori addebita all’Europa la crisi che stiamo attraversando. Il 21% ritiene che la responsabilità vada divisa tra UE e Italia, il 29% accusa la crisi economica ciclica mondiale, che ha molteplici cause, mentre il 42% se la prende con l’Italia, il malgoverno e le mancate riforme. La platea è ancora una volta divisa: il 54% (il 64% del Nord-Ovest) preferirebbe affidarsi a una guida nazionale, il 46% (il 52% del Centro-Sud) guarda con maggiore fiducia all’UE.

Quanto all’euro, il 57% dei piccoli imprenditori valuta positivamente la moneta unica: semplifica e garantisce gli scambi, è accettata dappertutto. Anche una parte consistente di chi la vive in maniera negativa non vorrebbe abbandonarlo. “Meglio uscire dall’euro” lo afferma solo il 27% del campione, grazie soprattutto a quel 18% che ha nostalgia delle svalutazioni competitive della lira. Ma i rischi delle svalutazione (crescita dei tassi d’interesse, aumento dei prezzi delle materie prime, incremento del costo dell’energia) sono temuti dalla stragrande maggioranza (73%) dei piccoli imprenditori.

Le imprese con più addetti e le imprese del Nord-Est sentono maggiormente (62%) i benefici dell’euro. Al semestre italiano di presidenza europea le piccole imprese chiedono l’eliminazione di tutto quello che distorce la concorrenza fra i sistemi e fra le imprese, interventi per ridurre la pressione fiscale, sburocratizzare la macchina pubblica e facilitare il credito alle imprese, una richiesta che tocca il 52% nel Centro-Sud.

A sorpresa in molti guardano al futuro con ottimismo. Il 59% dei piccoli imprenditori ritiene che l’UE vada nella direzione giusta con punte tra le imprese maggiori (65%), nei settori dell’industria e delle costruzioni (63%) e al Centro-Sud (67%). Però ora è necessaria una forte e riconoscibile guida politica, un vero governo unico, non ostaggio di appetiti e paure dei diversi Paesi, che possa ridurre e armonizzare i carichi fiscali, prosciugare la burocrazia, allentare la morsa del credito, creare un effettivo mercato unico del lavoro.

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