La lettera “C” è, probabilmente, la più importante per chiunque abbia (o gestisca) un e-commerce. O quanto meno la più ambita. Soprattutto quando la “C” sta per conversion rate, ossia conversione di un utente in cliente. La conversione, tanto per intendersi avviene quando un utente conclude un acquisto nel nostro negozio online e compra uno dei prodotti presenti nel catalogo. Maggiori saranno le conversioni e maggiore, ovviamente, sarà il successo dello store.
Uno degli obiettivi principali di chi ha, o gestisce, un portale di commercio elettronico, dunque, è quello di migliorare il tasso di conversione del sito, o conversion rate. Ossia, aumentare la percentuale di visitatori che, dopo essere arrivati sul sito, individua l’oggetto che gli interessa e lo acquista, portando così a termine la transazione. Per questo, nel corso degli anni, hanno acquistato sempre maggior importanza le tecniche di Conversion Rate Optimization (dette anche CRO), che permettono di individuare le problematiche che affliggono uno store online e di eliminare gli ostacoli al processo di conversione che un utente potrebbe incontrare.
Ecco tre strategie vincenti per migliorare il tasso di conversione del negozio online.
Fissare i KPI, analizzare dati e interazioni
Secondo i dati dell’Osservatorio eCommerce B2c Netcomm – School of Management del Politecnico di Milano, il tasso di conversione degli e-commerce italiani è dell’1,6%. Questo vuol dire che per ogni 100 utenti che visitano un qualunque store di commercio elettronico meno di 2 completano un acquisto nel corso della loro visita. Gli altri 98 abbandonano in momenti differenti della loro visita: può capitare pochi secondi dopo aver effettuato l’accesso (43,9% dei casi), durante la ricerca del prodotto o la navigazione nel sito (42,8% dei casi) o al momento di finalizzare l’acquisto, con i prodotti già nel carrello (11,7% dei casi).
Per comprendere quali siano i motivi che hanno portato una percentuale così elevata di persone ad abbandonare il portale e-commerce è necessario partire dai dati, stabilendo opportuni indicatori (KPI, Key Performance Indicator), in base agli obiettivi di business. Dallo studio degli analytics del sito, ad esempio, è possibile ricavare il bounce rate delle varie pagine del portale e scoprire quali sono quelle che performano meglio e quali, invece, hanno i risultati peggiori. Sarà poi possibile scoprire quali sono state le “tappe del viaggio” dell’utente, partendo dalla pagina di ingresso e proseguendo verso le altre pagine e gli altri oggetti messi in vendita.
Un altro elemento importante da tenere in considerazione è quello dell’analisi delle interazioni. Alcuni strumenti consentono di analizzare il comportamento degli utenti sul sito e sulle singole pagine. Tramite le cosiddette heat map, ad esempio, sarà possibile scoprire dove si focalizza l’attenzione dei visitatori, quali sono gli elementi “più in vista” e quali, invece, quelli che vengono ignorati dagli utenti. Sarà così possibile scoprire anche quali possono essere gli “elementi di disturbo” che portano gli utenti ad abbandonare il loro journey non appena entrati nel sito o poco prima di concludere l’acquisto, lasciando il carrello con i prodotti all’interno.
Puntare sulla User Experience e valorizzare l’esperienza utente
Lo studio delle interazioni ci permette di passare alla seconda strategia vincente per il conversion rate: curare alla perfezione la user experience, in ogni suo singolo dettaglio. Creare un portale di e-commerce bello a vedersi, ma difficilmente navigabile, infatti, è altamente controproducente: se l’utente non trova quello che cerca o il customer journey è troppo articolato e lungo, le possibilità di conversione si riducono fortemente, sino ad annullarsi.
Per migliorare il tasso di conversione del sito, dunque, l’esperienza d’uso dell’utente deve essere ottimizzata sia nella versione desktop sia nella versione mobile. Prima di essere messo online, un sito (a maggior ragione se di commercio elettronico) deve essere testato approfonditamente, così da scoprire eventuali bug o problemi di usabilità.
In questa ottica risulta importantissimo potersi affidare al crowdtesting, una metodologia efficace di software testing per testare prodotti digitali come app, siti e, appunto, e-commerce. Attraverso la piattaforma di crowdtesting è possibile accedere a un’ampia community di tester, che possono essere sia esperti certificati in caso di test funzionale e bug fixing, che profilati sulla base dell’effettivo utente finale per testare la user experience dell’e-commerce. Il crowdtesting rende possibile fornire una spiegazione ai risultati numerici, permettendo di comprendere le motivazioni che sono alla base di diversi fenomeni, come ad esempio dell’abbandono del carrello, di migliorare il portale e, con esso, di aumentare le probabilità di conversione.
È opportuno farlo già in fase di design prima di andare online e ogni volta che si apportano delle modifiche, e anche in corrispondenza dei rilasci di nuove versioni dei sistemi operativi degli smartphone e di altre piattaforme utilizzate. Intervenire a posteriori è ovviamente possibile, ma molto costoso e i danni di immagine che ne derivano sono difficilmente recuperabili.
Contenuti e struttura a misura di utente
Il terzo passaggio, collegato a suo modo al precedente, riguarda la struttura e i contenuti da pubblicare sul portale. Affinché il customer journey non risulti compromesso, è necessario che l’architettura del sito sia studiata in dettaglio. Prima di realizzarla, dunque, si dovranno valutare i prodotti da mettere in vendita, quali sono le categorie merceologiche di interesse e, tramite un’accurata ricerca keyword, valutare quale possa essere la categorizzazione degli oggetti e la loro “strutturazione” nel sito, a partire da quello che ricercano gli utenti.
Una volta definita la struttura, si dovrà passare a studiare i contenuti. Ovviamente, non ci riferiamo esclusivamente al testo delle pagine prodotto, che devono comunque essere realizzate non solo in un’ottica “descrittiva”, ma anche e soprattutto di posizionamento sui motori di ricerca. In una strategia di funneling vincente, infatti, all’e-commerce dovrebbe sempre essere legato un blog, che permetta di portare sul sito utenti alla ricerca di informazioni su prodotti o tematiche legate al nostro core business, per dare così il via a un “percorso di conversione” per trasformarlo in un fidato cliente.