Oggi è il giorno in cui, dopo una lunga preparazione, scatta l’obbligo di Fatturazione Elettronica verso la Pubblica Amministrazione centrale. A essere coinvolti circa 9000 enti e gli uffici a loro afferenti – si tratta di oltre 16.000 uffici pubblici di ministeri, scuole, caserme, agenzie fiscali, enti di previdenza e assistenza sociale – che dovranno inviare solamente fatture elettroniche in formato strutturato, firmate digitalmente e conservate in formato elettronico. Per i restenti 1.500 enti della PA centrale e i 10.500 enti locali l’obbligo scatterà invece il 31 marzo 2015.
A fare il punto sulla situazione l’Osservatorio Fatturazione Elettronica e Dematerializzazione della School of Management del Politecnico di Milano, che oggi ha presentato i risultati della ricerca di quest’anno nel corso del convegno “6 giugno 2014: è tempo di Fatturazione Elettronica verso la PA!”, che si è svolto a Palazzo Lombardia, a Milano.
Le fatture destinate ogni anno agli enti coinvolti da questa prima scadenza sono comprese tra i 7,5 e i 10 milioni, quindi questo primo passo interessa poco più del 15% dei 60 milioni di fatture che la PA riceve ogni anno da 2 milioni di fornitori – si tratta del 40% delle imprese attive nel nostro Paese – per un valore complessivo di 135 miliardi di euro.
Secondo Alessandro Perego (foto), Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Fatturazione Elettronica e Dematerializzazione, «l’avvio della Fatturazione Elettronica verso la PA può essere l’inizio di un processo di ‘maturità digitale’ che si riflette sull’intero Sistema Economico Italiano». Basti pensare che il risparmio che deriva da ogni fattura ricevuta in formato digitale è di circa 17 euro – 14 euro per il minor impiego di manodopera, e 3 euro per la riduzione dei materiali e dello spazio utilizzato – e che il passaggio progressivo a un formato strutturato ha un beneficio potenziale per la Pubblica Amministrazione di circa un miliardo di euro l’anno grazie alla riduzione dei costi legati alle attività svolte, alla migliore accuratezza del processo, alla riduzione degli archivi e all’abbattimento dei tempi di esecuzione dei processi.
Di questo miliardo, poi, 200 milioni di euro sono a portata di mano, in quanto legati al risparmio dello spazio fisico, e possono avere ricadute dirette sui conti pubblici; mentre i restanti 800 derivano dall’incremento di produttività ottenibile solo quando si arriverà a pieno regime. E le ricadute positive ovviamente riguarderanno anche i fornitori della PA, per cui i benefici economici saranno di quasi 600 milioni di euro, che sommati a quelli della Pubblica Amministrazione, portano a 1,6 miliardi di euro la stima complessiva dei vantaggi per il Sistema Paese.
«Non sarà un percorso facile, ma costituisce un’evoluzione ineludibile che deve rientrare in un disegno di più ampio respiro. Infatti la Fatturazione Elettronica può innescare un’autentica ‘Ri-evoluzione Digitale’: il beneficio principale per imprese e PA non sarà l’aumento della Digitalizzazione nei processi, ma la consapevolezza di come l’innovazione digitale sia oggi uno strumento di crescita continua», ha ribadito Perego.
A questo punto però è lecito chiedersi se PA e fornitori siano pronti. «Il passaggio alla Fatturazione Elettronica verso la PA richiederà certamente qualche sforzo iniziale e in alcuni casi potrà avere anche un impatto complicato da gestire, perchè stravolge procedure e abitudini consolidate», afferma Paolo Catti, Responsabile dell’Osservatorio Fatturazione Elettronica e Dematerializzazione. Di fatto, se da un lato oggi la PA centrale è in gran parte pronta a ricevere, gestire e conservare le fatture elettroniche che saranno veicolate attraverso il Sistema di interscambio (SdI), dall’altro invece ci troviamo in un sistema economico in cui la maggior parte delle imprese invia ancora le fatture in formato cartaceo via posta, rallentando i propri processi e bloccando personale su attività non a valore aggiunto.
In quest’ottica secondo Catti, proprio la scadenza di oggi «rappresenta un’ottima occasione per provare a portare uno stimolo digitale verso un Paese troppo spesso ancorato a pressi e modelli di gestione cartecei costosi e inefficienti».