Il Governo continua a limare la normativa sulla fatturazione elettronica, sempre guardando a un progetto di ampio respiro. Si va infatti verso la nascita del primo sistema evoluto di “controllo di gestione” per lo Stato italiano. La Ragioneria di Stato, in modo analogo a quanto avviene nelle normali aziende, arriverà insomma ad avere il conto puntuale e aggiornato su tutti gli impegni assunti e i flussi finanziari delle PA.
Vanno interpretate così le novità contenute nel recente decreto Irpef (articolo 25). Tra l’altro, qui viene anticipato al 31 marzo 2015 (da giugno 2015) l’obbligo per le PA locali ad accettare solo fatture elettroniche (resta il termine del 6 giugno per le PA centrali). A quanto risulta, il Governo aveva provato ad anticipare il termine ancora di più, a gennaio 2015, per farlo coincidere con l’arrivo dei bilanci delle amministrazioni. Ha trovato poi un compromesso su marzo, per lasciare più tempo alle amministrazioni di adottare il sistema nazionale di interscambio.
Già questa spinta ad anticipare i termini la dice lunga su quanto per l’Italia sia importante arrivare a poter monitorare tutti i flussi di tutte le PA. Esigenza che si coglie anche da altre novità introdotte dal decreto Irpef (anche se meno pubblicizzate rispetto all’anticipo di marzo). Ora il decreto impone infatti a tutte le fatture rivolte alle Pa di riportare due codici: il Cig (codice informativo di gara) e il Cug (codice unico di progetto).
La legge prevede poche eccezioni: il codice informativo di gara può essere omesso se il soggetto è escluso dall’obbligo di tracciabilità dei flussi finanziari previsto dalla legge n. 136 dell’agosto 2010 (per esempio per i contratti per l’acquisto di terreni o siglati dalle stazioni appaltanti con i propri dipendenti). Tutto questo varrà anche per le fatture emesse dal 6 giugno alle Pa centrali. I relativi software dei fornitori verranno aggiornati per tempo a questo nuovo obbligo.
In altre parole, la fattura rivelerà immediatamente allo Stato non solo quanto la PA deve spendere ma anche il motivo (con quei due codici). Tramite un formato standard e di lettura automatica. Come ha detto Anna Pia Sassano in un recente convegno sul tema (dell’Unità di Missione per l’Agenda digitale e dirigente Agenzia delle Entrate), «la fatturazione elettronica si rivela così uno dei tasselli di un processo di cambiamento indispensabile per la “spending review digitale e continua” di uno Stato moderno». «Questa spending review non è altro che un “controllo di gestione” delle sue partecipate (le amministrazioni centrali e locali), di cui monitora con sistematicità gli impegni assunti ed i flussi finanziari». «Potremo così sapere le spese totali di tutte, mese per mese- e non solo più al momento dei bilanci annuali, come avviene ora; ma anche chi ha mancato la scadenza di un pagamento a 30 giorni», ha aggiunto Sassano.
L’Italia ha cominciato da anni questo percorso, a fronte del Patto di Stabilità, partendo dalla spesa sanitaria. Grazie al sistema della Tessera Sanitaria, la Ragioneria, il ministero della Salute, le Regioni e le Asl hanno mensilmente i dati delle spese farmaceutiche e specialistiche del Sistema Sanitario Nazionale, relative al mese precedente (mentre prima le conoscevano con un anno e mezzo di ritardo). E’ stato il primo nodo di interscambio (i dati arrivano da farmacie, specialisti eccetera e vanno a diversi rami della Pa in relazione alle competenze). L’embrione del nuovo Sistema di Interscambio che regge la fatturazione elettronica.
Con la fatturazione elettronica obbligatoria e la piattaforma incassi della PA si completerà insomma, entro l’anno prossimo, un percorso decennale. Alla fine del quale lo Stato acquisterà piena coscienza di tutti i flussi di cassa pubblici. Così si spiega l’urgenza di anticipare l’obbligo alle PA locali e il bisogno di inserire codici in fattura che migliorino la capacità di analisi e monitoraggio automatico da parte dello Stato.