«La fattura sarà il primo documento che obbligherà in modo massivo alle regole della conservazione in formato digitale». Maria Pia Giovannini, che è responsabile di questi temi per l’Agenzia dell’Italia Digitale (Agid), ha spiegato al nostro sito un aspetto che finora non è stato ben evidenziato.
Le conseguenze che la fatturazione elettronica avrà in ambito conservazione si sono esplicitate appieno solo di recente, con il D.L. del 24/4/2014 n. 66 (Decreto Irpef 2014). All’articolo 42 si prevede anche l’obbligo per tutte le PA (di cui all’art 1 comma 2 del D. Lgs 165/2001) di tenere il registro unico delle fatture. Entro 10 giorni dal ricevimento, vanno annotate le fatture o le richieste equivalenti di pagamento per somministrazioni, forniture e appalti e per obbligazioni relative a prestazioni professionali emesse nei loro confronti.
Le norme, insomma, ora fanno chiarezza sulla gestione documentale delle fatture, spingendo verso modalità moderne, pienamente elettroniche.
«L’articolo 42 forza ancora più la mano alla PA verso una visione digitale – dice Giovannini. Di per sé, prima di questo decreto, l’obbligo poteva fermarsi alla sola trasmissione delle fatture e poi le Pa avrebbero potuto gestirle nel solito vecchio modo. Con sistemi contabili frammentari, caotici, distribuiti sul territorio».
«L’obbligo del registro unico non era infatti stato esplicitato, prima di questo nuovo articolo. Che invece impone la tenuta del libro delle fatture nell’ambito del protocollo informatico e pertanto spinge le amministrazioni a conservare in modo uniforme e accentrato questi documenti. Equivale all’obbligo ad aggregare informazioni in modo unitario e digitale. Insomma, ad abbandonare del tutto le pratiche tipiche del cartaceo», dice Giovannini.
«Il registro unico può sembrare una banalità, ma così ora diamo una maggiore certezza della registrazione al momento dell’ingresso, della numerazione del documento e di una identificazione. Il registro unico migliora la trasparenza, la lettura delle fatture; facilita il compito al controllo della spesa pubblica e ostacola le possibilità di imbrogli», continua.
Più in prospettiva, la necessità di registrazione di questi documenti conferma il ruolo centrale del protocollo informatico. Adesso va considerato come la base dati di gestione documentale dell’ente.
Il decreto permette anche di eliminare ogni dubbio residuo su come andranno inviate in conservazione le fatture elettroniche: il trasferimento avverrà tramite il protocollo informatico, appunto.
Tutte le novità connesse con la fatturazione elettronica vanno quindi considerate come il banco di prova per l’ingresso della PA nell’era piena del digitale. Dove cambiano anche i termini da adottare. «Non si dovrà più parlare di conservazione sostitutiva ma di conservazione. La parola “sostitutiva” è stata introdotta per i documenti cartacei quando vengono scansionati e se ne conserva l’immagine. Le regole della conservazione sostitutiva permettevano di eliminare il cartaceo conservando in modo sicuro solo l’immagine elettronica. Quando il documento nasce in elettronico devo parlare di conservazione». Ed è quello che avverrà ora con la fatturazione; a tendere, con gli altri documenti.
È una rivoluzione che comporta conseguenze ad ampio spettro, all’interno degli Enti. E un bisogno di adottare una mentalità informatica, anche in termini di sicurezza.
«Tutta la digitalizzazione comporta la necessità di avvalersi di procedure sicure ed affidabili per conservare i documenti elettronici. Avere un sistema di conservazione sicuro è fondamentale per poter conservare i documenti, garantendone nel lungo periodo l’autenticità e l’integrità. Solo così potranno conservare il valore giuridico nel tempo», conclude Giovannini.
Siamo insomma sulla soglia di una trasformazione totale, richiesta alle PA. Adesso chiamate a adottare appieno la visione digitale. In tutti i suoi aspetti e anche nelle sue conseguenze. Ne nasceranno inefficienze o persino problemi se anche un solo anello della catena resterà ancorato al vecchio modo di lavorare.