Le aziende italiane e le multinazionali presenti in Italia sono partite alla caccia di nuove figure IT, in ambiti particolari come i big data, gli analytics, la Mobility, il Cloud. E questo nonostante la crisi economica e il calo della spesa informatica. È quanto sta rilevando Value Search, società che opera nella ricerca diretta di manager e professionisti. «Dal 2011 al 2014 sono aumentate del 200 per cento le richieste a noi pervenute di figure legate al Cloud; del 70 per cento quelle per la mobility e del 300 per cento quelle per big data e analytics», spiega Caterina Tortorella, partner, insieme a Roberta Rachello, di Value Search, società milanese indipendente di executive search per diversi settori tra cui in modo specifico l’ICT, che monitora costantemente i trend tecnologici emergenti e le nuove professionalità e skill ad essi collegate.
Come sta cambiando lo scenario delle professioni IT, in Italia?
C’è una richiesta di nuovi profili o di nuove competenze con cui aggiornare quelli esistenti. Coinvolge vendor, system integrator, ma anche le aree sistemi informativi di aziende end-user.
Nello specifico, cosa cercano?
Vendor e system integrator che stanno indirizzando i nuovi trend tecnologici come il cloud sono per esempio sempre più interessati alla figura del business unit director. Questa serve a portare sul mercato nuove tecnologie e servizi cloud. Rilevante è anche la figura del contract manager, che elabora e gestisce il contratto del servizio in cloud. È richiesta insomma una grande evoluzione nelle competenze anche di tipo legale. A volte il Paese in cui il servizio cloud è erogato è diverso da quello in cui è usufruito. Di conseguenza, bisogna avere competenze nelle leggi internazionali. Non solo: stanno nascendo nuove figure esperte anche nella pacchettizzazione dell’offerta, nel calcolo del pricing e delle metriche per il calcolo dell’utilizzo dei servizi stessi a cui sono collegati i service level agreement.
Le aziende che avete chiamato “end user” quali richieste stanno sviluppando?
Si tratta di aziende di vari settori, banche, retail o fashion per esempio. Significa che le nuove competenze richieste sono importanti in modo trasversale al mercato, a prescindere dallo specifico settore in cui le aziende operano.
Per esempio, le aziende vogliono che il loro chief architect, profilo già esistente, acquisti nuove competenze per governare il tema del cloud e l’utilizzo di servizi e App su dispositivi diversi, anche mobili.
Come rispondono solitamente le aziende italiane a queste nuove esigenze?
In due modi: con la formazione delle figure esistenti- tramite società esterne di consulenza specializzate- o prendendole dal mercato. In questo secondo caso si rivolgono a noi per la ricerca.
Quali sono le complessità che emergono da questa evoluzione?
La premessa di fondo è che il mercato italiano dell’IT risente della congiuntura economica. I trend di cui parliamo quindi, anche se emersi ormai anche in Italia, sono più forti all’estero. Ma in un momento in cui le evoluzioni tecnologiche sono tantissime e rapide, le aziende che sono in grado di supportare il business attraverso l’innovazione tecnologica avranno un vantaggio competitivo indubbio.
Ma c’è un ritardo nell’offerta di queste figure?
Sì, su alcune figure sì, perché sono molto nuove e richiedono competenze a 360 gradi. Non solo tecniche, ma anche, di business e di gestione del cambiamento e talvolta anche statistiche. Pensiamo in particolare all’ambito della business intelligence e quindi alle figure del business intelligence manager, il data scientist, il data miner, il data architect, il data modeler.
Quali sono le differenze tra queste figure?
Il data scientist per esempio utilizza gli strumenti di analisi di dati destrutturati che provengono dalla rete, permettendo alle aziende di comprendere che cosa i clienti dicono in rete sui loro prodotti/servizi. Il data architect invece mette insieme competenze tecniche e la comprensione delle esigenze business della propria azienda, per favorire scelte strategiche nella gestione dei dati
Che consiglio possiamo dare ai nuovi professionisti dell’IT, magari giovani, che si affacciano ora al mercato?
Solo uno. Devono imparare il linguaggio del business. Cioè saper trasformare i trend tecnologici in opportunità di business per le aziende presso cui operano. Dovrebbero puntare quindi soprattutto su big data, digital, analytics, cloud e mobility. Sono questi gli ambiti IT sempre più richiesti dalle aziende.