Bilanciare il contenuto umano con le tecnologie digitali è la soluzione vincente per il Customer Management: chatbot e altre soluzioni innovative che fanno leva sull’intelligenza artificiale non possono e non potranno sostituire l’interazione con il supporto clienti “in carne ed ossa”, pena la perdita del cliente stesso. Il futuro del customer care è perciò disegnato intorno a quella che si definisce Augmented Humanity: un sistema digitalizzato al cui centro restano agenti umani e sempre più specializzati. È quanto si legge nel White paper “Il futuro del Customer Management: augmented humanity”, elaborato dalla School of Management del Politecnico di Milano in collaborazione con Comdata, uno dei principali provider globali di soluzioni innovative nel settore Customer Operations.
La visione customer-centrica
La digitalizzazione sta influenzando in maniera significativa il settore del Customer Management. I canali di automazione intelligente (applicazioni di machine learning, chatbot, mobile messaging, ecc.) sono il punto di partenza per molte interazioni evolute del consumatore con il brand nella fase di customer care e probabilmente cresceranno nel futuro, anche perché offrono alle aziende efficacia e abbattimento dei costi. Tuttavia, l’importanza del contributo umano non si riduce; anzi è necessario introdurre punti di contatto con personale sempre più qualificato e competente, prevedendo percorsi di formazione continua e skill differenziate per chi si occupa della relazione con i clienti. Tutto ruota intorno all’esperienza che si vuol dare al cliente – o meglio, in ottica customer-centrica, all’esperienza che il cliente si aspetta dal brand. La scelta del corretto bilanciamento di punti di contatto fisici e digitali deve essere condotta avendo come bussola i bisogni del cliente.
L’emozione guida l’acquisto
L’industria hitech tende a enfatizzare il ruolo del digitale; molti si spingono a prevedere un futuro in cui le tecnologie soppianteranno le interazioni umane. Eppure, sottolinea il White paper, “tutte le evidenze scientifiche dimostrano come ciascuno di noi sia ancora oggi fortemente guidato nelle proprie decisioni dalle emozioni”. Una recente indagine di Capgemini ha rilevato che gli utenti di Internet preferiscono, durante gli acquisti di grande importanza (ovvero di alto costo e/o investimento emotivo), interagire con persone fisiche (45% dei casi) o con un mix di intelligenza umana e artificiale (47% dei casi).
Mai come oggi “la qualità dell’interazione – potremmo dire esperienza – tra marca e individuo rappresenta un elemento discriminante per il mercato”. Ed è a questo livello che si può cogliere la nuova prospettiva con cui guardare al brand: quella che fa riferimento ad una dimensione di utilità per il cliente e che diventa legame di fiducia e elemento di fidelizzazione. Se nella visione tradizionale la creazione del valore era incentrata sul prodotto/servizio da portare al mercato, ora il centro della creazione si sposta a valle, ovvero su come il prodotto viene comprato, consegnato, consumato e, più in generale, su come il consumatore interagisce con il sistema dell’offerta.
Il customer journey non è lineare
Dalle ricerche realizzate dalla School of Management del Politecnico di Milano emerge anche un altro elemento: il customer journey non è affatto lineare. Nel processo di relazione col brand, le persone hanno bisogno di accedere a più opzioni di contatto e di scegliere quella più adatta alle proprie esigenze in quello specifico contesto e momento. I vari canali di contatto devono dunque lavorare in modo sinergico con un mix offline e online nelle diverse fasi del processo d’acquisto.
I touchpoint digitali restano un punto di contatto fondamentale, anche per coloro che esprimono un forte bisogno di tangibilità e fisicità all’interno del proprio percorso verso l’acquisto. Ma il consumatore mette in pratica comportamenti di acquisto molto differenziati e ibridi sulla base della combinazione di tre variabili: le proprie attitudini; le specifiche categorie di prodotto; le esigenze che emergono nel contesto in cui si svolge il proprio customer journey. Non solo, quindi, i processi di acquisto sono eterogenei a fronte di consumatori diversi o categorie merceologiche differenziate, ma si osservano comportamenti di acquisto dissimili, messi in campo dal medesimo consumatore, in base agli specifici bisogni del momento.
Caring ed experience contano di più
L’experience è dunque il valore centrale su cui deve ruotare il customer journey e l’offerta del brand: gli individui multicanale desiderano vivere un’esperienza contestualizzata e personalizzata. Nel processo di acquisto vogliono essere riconosciute nelle proprie esigenze specifiche, che riguardano non solo i prodotti ma le modalità di shopping e caring. Il caring oggi ha un valore senza precedenti: i clienti si aspettano assistenza dalle imprese e dai loro partner ed esperienze contrassegnate da immediatezza, personalizzazione e convenienza. Quando non ricevono il supporto necessario, sono disposti a rinunciare al prodotto e abbandonare la relazione con la marca.
In un sondaggio di Segment del 2017 il 44% dei clienti ha detto che diventerebbe un acquirente frequente dei brand che riescono a dare un’esperienza d’acquisto personalizzata e il 71% sostiene di non essere soddisfatto da un’esperienza d’acquisto impersonale/non personalizzata. Da un ricerca PwC del 2018 emerge anche l’80% dei consumatori richiede velocità, praticità e un servizio informato e amichevole, che vada oltre l’utilizzo delle tecnologie in negozio o online.
Un mondo di Augmented Humanity
Il mondo del customer care è in piena digital transformation ma non avverrà una digitalizzazione e automazione totale della relazione col cliente, conclude il White paper. Intelligenza artificiale e intelligenza umana si devono unire lungo il customer journey con l’essere umano che resta il punto fermo, il perno su cui ruota l’intera esperienza. Pur se il processo è ampiamente supportato dalla tecnologia, la persona continuerà a fare la differenza, perché interagisce con altre persone – i clienti – che “non si nutrono unicamente di una dieta digitale”. In questo senso si fa riferimento a una prospettiva di Augmented Humanity, con agenti del customer care sempre più qualificati, in grado di garantire empatia e contatto umano in una relazione “aumentata”, ovvero facilitata e potenziata, dalla tecnologia.