La burocrazia è il nemico da combattere all’interno delle moderne organizzazioni. È un mostro tentacolare in continua espansione in tutto il mondo: spegne lo spirito d’iniziativa, schiaccia la creatività e inibisce l’assunzione di rischi. Tanti pensano che sia inevitabile, ma così non è. La trasformazione digitale e l’innovazione, necessarie per competere sul mercato, si concretizzano solo se, in un mondo sempre più veloce, le aziende se ne liberano, abbandonando i vecchi modelli gerarchici troppo stratificati, dove il cambiamento è imposto dall’alto e le persone non hanno autonomia.
A puntare il dito sulla piaga è Gary Hamel, uno dei più noti esperti di business management, salito alla ribalta per il suo best seller “Core Competences” (competenze distintive), oltre 10 anni fa. Gary Hamel ha illustrato le sue tesi a Milano dal palco del World Business Forum.
Who's Who
Gary Hamel
Scrittore ed economista alla London Business School
“Ho scritto un libro che si chiama Core competence, ma oggi dovrei scrivere sull’incompetenza che le aziende sentono di avere. Nel mondo di tutto è veloce, siamo sommersi da informazioni, e il 94% dei CEO afferma che la propria impresa non sia in grado di innovare, malgrado lo ritenga prioritario. Le organizzazioni non riescono ad affrontare il cambiamento e tutte le grandi società di consulenza lo confermano: il change management top down non funziona più. Non sono le persone che fanno fatica a cambiare, sono le organizzazioni: quando il potere è nelle mani di pochi e si cerca di applicare le loro idee di cambiamento, di certo non si riesce ad arrivare in basso. Sono gli uomini ad avere passione, non le organizzazioni, ed è sulle persone che sono in prima linea che bisogna puntare, mentre in genere non sono formate per innovare e non sono coinvolte nelle decisioni. Non stupisce che il livello di engagement del personale oggi sia ai minimi: solo il 15%, a livello mondiale, si dichiara motivato”.
Il problema è che sempre più le imprese sono bloccate dalla burocrazia e ancorate a modelli di management superati. I dati parlano chiaro: dal 1983, il numero di manager, supervisor e amministratori è raddoppiato, mentre la forza lavoro impiegata in altri ambiti è cresciuta del 44%, e la produttività del lavoro continua a calare. In una survey di HBR, hanno risposto che la loro azienda è più burocratizzata che in passato due terzi degli intervistati. La burocrazia prolifera ovunque: aumentano i livelli decisionali, i leader sono sempre più isolati, i cicli decisionali si allungano, le policy sono formalizzate, i ruoli si moltiplicano, cresce il potere dei gruppi di staff. E ancora, si assiste a una balcanizzazione delle organizzazioni, non si dà voce agli impiegati (in Europa solo il 12% è consultato prima di fissare gli obiettivi, e solo il 14% viene interpellato nelle decisioni che riguardano il proprio lavoro), i compiti sono assegnati rigidamente e i legali proliferano. Risultato? Nessuno si assume il rischio delle decisioni.
Si salvano le startup, che proprio per questo hanno tanto successo (non tanto per le idee, ma per l’agilità), ma poi, appena crescono, anche loro vengono attaccate dal mostro tentacolare della burocrazia.
Come uscire da questo vicolo cieco?
“Occorre “umanizzare” le aziende e guardare ai pionieri, che esistono (Gary Hamel cita il caso di Buurtzorg, realtà olandese fondata nel 2006 per l’assistenza domiciliare), dove operano team altamente responsabilizzati, veloci e autonomi nelle decisioni. Occorre sostituire la stratificazione, la standardizzazione, la specializzazione, la formalità e la routine con la sperimentazione, la meritocrazia, l’apertura, il senso di community e di appartenenza. Bisogna saper sbagliare e ricordare che l’innovazione può solo arrivare dal basso, perché chi è più vicino al problema è nella migliore posizione per risolverlo. Tutti dovrebbero essere in grado di sperimentare, apprendere e riprovare. La posizione, l’obbedienza e la tradizione non dovrebbero contare nulla.