Pubblichiamo di seguito un estratto dell’introduzione dell’autore.
Strategia, un termine tratto dal linguaggio militare…
Strategós, nell’antica Grecia, era il termine usato per indicare il capo supremo di un esercito. E strategia, fino a poco più di mezzo secolo fa, è stato un termine utilizzato prevalentemente nelle scuole militari, dove si studiavano i modi in cui erano state condotte le guerre e le logiche con cui erano stati scelti i terreni di combattimento e disposte le truppe per le battaglie campali.
Significava comprendere il ruolo che l’innovazione – non solo quella tecnologica concernente le armi ma anche quella organizzativa riguardante la disposizione delle truppe e il loro uso delle armi – aveva avuto nel successo di alcuni grandi condottieri.
Significava comprendere come i grandi condottieri fossero riusciti a creare un forte spirito di corpo.
Significava comprendere come, alla base dei grandi successi, ci fosse una serie di competenze meno eclatanti ma non per questo meno determinanti: come effettuare gli spostamenti delle truppe, come garantire la continuità dei rifornimenti, come addestrarle.
Significava comprendere come la capacità di reperire con continuità risorse finanziarie fosse una precondizione per avviare le guerre e per impedire la disgregazione dei propri eserciti.
Significava comprendere come il successo in una guerra si potesse anche perseguire stringendo alleanze difensive od offensive.
… ma con un significato diverso
Questa premessa per mostrare come siano molte le analogie fra la strategia di impresa e la strategia militare, ma anche per evidenziare le differenze. Ne metterò in luce tre. Diverse sono le prospettive temporali. Le battaglie e le guerre, oggetto della strategia militare, rappresentano momenti di grande intensità e spesso gravidi di conseguenze, ma temporalmente limitati. La strategia di un’impresa, se si eccettuano i casi delle start-up alla ricerca di un compratore o delle imprese più mature messe in vendita da un fondo di private equity, è proiettata in generale su un orizzonte temporale più lungo e finalizzata alla sopravvivenza, alla crescita o addirittura alla conquista dell’egemonia.
Diversa è la numerosità e la varietà di interlocutori. La strategia militare è centrata sulla competizione, con un grande interlocutore che è il nemico. La strategia di un’impresa è competizione sul mercato, solitamente con più competitori; ma è anche acquisizione di imprese concorrenti o complementari, sottoscrizione di alleanze, integrazione lungo la supply chain, ricerca e sviluppo di prodotti e soluzioni innovative, affermazione dei brand e conquista di nuovi clienti, capacità di attrazione delle risorse umane pregiate, conquista della fiducia degli investitori e delle banche e capacità di attrazione delle risorse finanziarie, responsabilità sociale. Può essere anche lobbying, sfruttamento legale delle risorse umane o ambientali (approfittando delle differenze nelle regole nei diversi Paesi), ridotta belligeranza nei riguardi dei competitori (per mantenere più elevati i margini) o elusione fiscale. E – andando al di là della frontiera del lecito – può essere corruzione, collusione, sfruttamento illegale del lavoro, evasione fiscale, inganno dei consumatori o del mercato finanziario, truffa.
Diverse sono le regole del gioco e la presenza di arbitri. In guerra tutto è ammesso, mentre le imprese si muovono in un contesto regolamentare complesso, con comportamenti eticamente molto diversi: attenti al completo rispetto delle regole a un estremo, o pronti a individuare tutte le possibili scappatoie legali, o propensi all’altro estremo ad assumersi i rischi di sanzioni anche pesanti pur di perseguire la profittabilità.
Una materia in continua evoluzione
Che cosa si debba intendere per strategia di impresa, come nasca, quali siano i suoi contenuti fondamentali, quali gli obiettivi che essa dovrebbe perseguire e quali quelli perseguiti nella realtà (in dipendenza anche dall’assetto giuridico-proprietario e dal peso relativo delle diverse categorie di azionisti e di partecipanti in genere), sono alcuni dei temi che sono stati oggetto di maggiore dibattito nel trentennio circa intercorso fra i primi anni Sessanta e i primi Novanta.
Nel quarto di secolo più recente l’attenzione si è invece principalmente focalizzata sull’impatto – sulle scelte strategiche delle imprese – di una serie di cambiamenti che hanno progressivamente e profondamente modificato il contesto. Quali:
- le liberalizzazioni e le privatizzazioni, che a partire dagli anni Ottanta hanno portato a una significativa riorganizzazione dell’economia;
- la globalizzazione, anch’essa una scelta di natura politica, che ha indotto un rilevante processo di rilocalizzazione delle attività produttive, ha fatto morire molti mercati nazionali e ha «obbligato» molte imprese a internazionalizzarsi
- lo sviluppo di Internet e quello più recente del mobile e dei social network, con le loro grandi ricadute sui modi di vita, sull’organizzazione delle imprese e sui comportamenti di acquisto delle persone, nonché con il loro impatto disruptive su diversi comparti tradizionali dell’economia;
- il ribilanciamento, a livello di PIL, fra Paesi sviluppati ed economie emergenti, che ha portato ad esempio la Cina a essere la seconda economia del mondo e il Brasile a superare l’Italia;
- l’ingresso sul mercato di circa due miliardi di nuovi consumatori;
- la crescita continua, soprattutto nei Paesi tradizionalmente ricchi, dei vincoli ai comportamenti delle imprese: le regole sempre più stringenti di governance, gli obblighi sempre più pesanti di compliance, le spinte sempre più forti alla sostenibilità e alla responsabilità sociale.
Il libro
«Qualche cenno sull’impostazione che ho cercato di dare a questo libro, sfruttando le esperienze accademiche – come docente e studioso della materia – e allo stesso tempo la conoscenza «dall’interno» dei meccanismi di funzionamento delle imprese maturata come consigliere di amministrazione di diverse grandi società (operanti nell’industria, nei servizi, nel comparto bancario-finanziario e in quello assicurativo). Il primo obiettivo che mi sono posto è di guardare all’impresa nella sua integralità e alle interazioni fra le sue diverse anime: come entità economico-finanziaria, come organizzazione con una connotazione giuridica e con regole di governance da rispettare e come soggetto socio-politico e territoriale. Di guardare all’impresa, come si fa per gli umani, con le sue “virtù” e con i suoi “vizi”. Il secondo obiettivo è di dare ampio spazio ai fenomeni emergenti. La forte presenza dell’ICT nella trattazione è motivata proprio dal fatto che è in questo ambito che negli ultimi anni si sono viste le esperienze più innovative. Il terzo obiettivo è di accompagnare sempre la presentazione dei concetti teorici con esempi presi dalla realtà e di dare spazio soprattutto ai casi recenti: dai conti del mio editore sono più di duecento le imprese citate.»
Who's Who
Umberto Bertelè
Professore emerito di Strategia di Impresa al Politecnico di Milano; Chairman Osservatori Digital Innovation