Sono già molti anni che parliamo di innovazione digitale e Digital Transformation e ora è tempo di fare un passo avanti. La digitalizzazione di processi, servizi e prodotti è ormai un fatto scontato, almeno per chi non voglia sembrare un dinosauro. È vero che ci sono aziende e PA che sono molto indietro nel percorso, ma ormai ogni business di successo è soprattutto un digital business, ogni servizio efficiente è un servizio digitale, ogni prodotto fisico ha un “gemello” virtuale (digital twin), gli oggetti sono connessi in rete (IoT) e così via.
Nel frattempo, la frontiera dell’innovazione si è spostata avanti: ora si chiama Deep Technology (o Deeptech, che tradotto letteralmente significa tecnologia profonda, ad alto impatto sulla società) e sta già muovendo enormi flussi di denaro. Scienziati, aziende, ricercatori e governi sono alla ricerca di applicazioni dirompenti e si pongono obiettivi ambiziosissimi, orientando l’innovazione verso le sfide più complesse del nostro tempo, come mitigare gli effetti del cambiamento climatico, sfamare 8 miliardi di persone o mantenere in salute una popolazione in costante invecchiamento. Sfide che stanno anche dando vita a nuovi mercati, i più promettenti dei prossimi anni, ma che mettono in secondo piano il profitto, nella convinzione che le aziende non possano sottrarsi alla loro responsabilità sociale.
Cosa significa Deep Technology
Deep Technology è un’espressione coniata nel 2014 in riferimento al mondo delle startup. L’ha usata per la prima volta la CEO di un fondo di investimento, Swati Chaturvedi, per definire un gruppo di aziende particolarmente promettenti su cui investire. Cosa distingue le Deep Tech dalle normali tecnologie? Si tratta di scoperte scientifiche o innovazioni tecnologiche in grado di portare un progresso realmente significativo nell’umanità. Non si tratta dunque di usare la tecnologia digitale che è già disponibile per mettere in commercio un nuovo servizio. Il termine viene anche usato in senso più ampio, per indicare le tecnologie più promettenti del futuro. Al MIT di Boston, ad esempio, si svolgeva, prima della pandemia, il Deep Technology Bootcamp, un incontro di una settimana riservato a innovatori talentuosi per aiutarli a creare soluzioni dirompenti utilizzando in particolare IoT, Intelligenza artificiale e Blockchain.
Le Deep Tech sono diventate il nuovo Eldorado per gli investitori in cerca di fortuna, ma anche per le aziende ICT, che devono alzare lo sguardo verso il futuro alla ricerca di un vantaggio competitivo. Un fermento che è globale, come conferma BCG, che ha pubblicato la seconda versione del report Deep Tech: the great wave of innovation: la ricerca sta attirando una enorme quantità di investimenti privati, cresciuti da 20 a 52 miliardi di dollari dal 2016 al 2019, e a più di 60 miliardi di dollari nel 2020. Le previsioni sono al rialtro: potrebbero triplicare, arrivando a circa 200 miliardi entro il 2025 anche se il modello di investitore verrà riadattato al contesto tecnologico.
Con le Deep Tech, si sta anche affermando un nuovo modo di fare innovazione, molto più frammentato e disperso sia a livello geografico che funzionale e industriale, basato su ecosistemi collaborativi, data la complessità delle soluzioni allo studio.
Si parla anche di una quarta ondata di innovazione, di maggiore portata rispetto alla precedente e ha appena preso il via. Un po’ come all’inizio degli anni ’90, quando non sapevamo ancora l’impatto della digital disuption.
Le 3 caratteristiche distintive delle Deep Tech
Le Deep Technology non sono solo digitali. BCG a la società di ricerche Hello Tomorrow ne hanno individuato, in particolare, sette tipologie, alcune in embrione altre in pieno sviluppo, ritenute le più promettenti. Ecco l’elenco.
- Advanced materials (nuovi materiali)
- Artificial intelligence (AI),
- Biotechnology
- Blockchain
- Droni e robotica
- Photonics and electronics
- Quantum computing
Tre caratteristiche distinguono le Deep Tech in un contesto di business.
In primo luogo, come già anticipato, hanno un grande impatto sulla società e generano enorme valore economico. Salute e benessere sono fra i principali obiettivi, insieme alla salvaguardia dell’ambiente, ma anche l’impatto atteso da alcune di queste tecnologie sull’industria e sulle infrastrutture è rilevante.
La seconda peculiarità è che si tratta di innovazioni che richiedono un lungo tempo di gestazione prima di raggiungere la maturità per essere adottate dal mercato e applicate in contesti reali. Tale lasso di tempo non è quantificabile a priori, ma in generale è superiore a quello necessario per sviluppare un’innovazione basata su tecnologie già disponibili, come può essere una nuova app. Stime riportate da BCG parlano di 4 anni per una tecnologia biotech. Per questo è importante giocare d’anticipo: colmare il gap con chi si è mosso per tempo non sarà facile. Fa eccezione lo sviluppo dei vaccini per il COVID-19, che segue queste logiche ma che, come noto, ha avuto un iter accelerato come mai si era visto prima, grazie alla cooperazione su scala globale.
La terza caratteristica di queste tecnologie è che necessitano di grandi capitali per il loro sviluppo e la loro diffusione. Il processo tradizionale di finanziamento di una startup non viene in questi casi utilizzato. Piuttosto, si vengono a creare ecosistemi che includono player diversi del mondo pubblico e privato (università, startup, investitori, aziende…)
In quest’ottica, non sono Deep Tech companies quelle che hanno avuto più successo in questi anni, da facebook a Uber, e nemmeno quelle che hanno costruito la loro fortuna su business model innovativi, come Airbnb.
Gli esempi di applicazioni Deep Tech
Per comprendere il vero potenziale del Deep Tech possiamo prendere in considerazione il “Nature Co-design”, un nuovo paradigma industriale che ha portato allo sviluppo dei vaccini per il COVID-19. Questo approccio comporta la conoscenza delle forze e dei processi naturali a livello atomico per produrre direttamente le materie prime di cui l’industria ha bisogno, invece di estrarle dall’ambiente. Moderna, Pfizer e BioNTech hanno adottato un approccio radicalmente nuovo: invece di inoculare una versione neutralizzata del virus per scatenare una risposta immunitaria nel paziente, hanno iniettato le istruzioni utili a riconoscere la parte del virus che scatena questa risposta immunitaria, lasciando alle cellule il compito di produrla. Sono quindi le cellule umane che si occupano dell’ultimo passo nella fabbricazione del vaccino. Questo nuovo modo di progettare e produrre che sta per cambiare profondamente le nostre industrie, il nostro rapporto con la natura e che, secondo lo studio realizzato da BCG, avrà un impatto del 40% sul PIL globale (esclusi i servizi).
Altri esempi di Depp Tech sono la plastica prodotta da batteri a partire dalla CO2, la carne coltivata in laboratorio, gli edifici costruiti con blocchi prodotti da microrganismi piuttosto che con il cemento convenzionale, che incide in modo consistente in termini di CO2. Ancora, invece di raccogliere l’energia solare o bruciare combustibili fossili per produrre elettricità, saremo in grado di creare le nostre stelle artificiali per raccoglierne l’energia, applicando il principio della fusione nucleare.
Le imprese Deep Tech sono orientate al problema, piuttosto che alla tecnologia. BCG dice che il 96% usa almeno due tecnologie. Partendo dai progressi della rivoluzione digitale, poi, il loro focus di innovazione è spostato sul mondo fisico (“bit e atomi”), piuttosto che software, l’83% delle imprese Deep Tech sta attualmente costruendo un prodotto con una componente hardware.
Il ruolo dell’Europa fra Cina e Stati Uniti
Il tema non è nuovo. Già nel 2019 in Finlandia si teneva lo Shift Business Festival evento dedicato all’impiego responsabile ed etico delle Deep Technology. Secondo i suoi promotori, occorre agire e sviluppare nuovi approcci mentali e competenze perchè oggi la capacità di investire in nuove tecnologie è in mano alle aziende e si sta traducendo in un testa a testa fra Cina e Stati Uniti. Ma quali interessi potranno trovare le imprese nello sviluppo di soluzioni che contrastino, ad esempio, povertà e cambiamenti climatici? Chi saprà orientare l’intelligenza artificiale verso utilizzi corretti? Chi è responsabile di formare gli utilizzatori ad un uso consapevole delle tecnologie, spiegando loro le possibili conseguenze? Sono tutti quesiti aperti. A di là dei limiti tecnici, vi è infattila necessità di definire un nuovo quadro etico.
“L’Europa oggi sta guidando il dibattito sull’etica dell’AI – scriveva la giovane CEO di Shift, Mari Mannisto -. È importante comprendere la competizione globale adesso che gli standard stanno prendendo forma. Le regole che definiranno i grandi sviluppatori di AI avranno impatto sulla vita di milioni di persone”.
Lo Shift Business festival si inseriva in un solco già tracciato dall’Unione Europa, nell’ambito del programma Horizon 2020. Con l’iniziativa Startup Europe, è stato lanciato nel 2018 il progetto DeepTech4Good per accelerare lo sviluppo di startup nate in Europa.
Il business intelligente e olistico
Le Deep Tech raccolgono dunque l’ambizione della generazione dei nativi digitali di superare il modello capitalistico dei loro genitori e costruire business non solo profittevoli, ma che abbiano anche un impatto positivo sulla società, facendo leva sulle incredibili opportunità create dalle tecnologie intelligenti, utilizzate in una armoniosa collaborazione con le enormi potenzialità dell’essere umano. Per fermare la distruzione di risorse del pianeta e dar forma e sostanza a un nuovo modo di fare business, intelligente e olistico.
Foto: (c) Melina Luukka