Alla ricerca di una maggiore efficienza e di una crescente sostenibilità della propria produzione, Nike, ha raggiunto un accordo con la società svizzera Bluedesign Technologies.
L’accordo con Bluedesign Technologies
L’intesa prevede l’adozione dell’omonimo standard che consiste in una certificazione ambientale indipendente.
Il Bluedesign standard prevede il rispetto di una serie di requisiti per garantire la tutela ambientale oltre alla salute e sicurezza dei lavoratori durante tutta la fase della produzione. L’obiettivo finale è di mettere al bando le sostanze chimiche e pratiche dannose entro il 2020.
Gli strumenti per il controllo dello standard
L’accordo si riflette sulla filiera e la suppy chain del colosso dell’abbigliamento sportivo che adotterà una serie di tool per aiutare i fornitori a rispettare lo standard. Bluefinder eBlueguide sono gli strumenti che guideranno l’azione della sterminata catena di fornitura di Nike.
Con il primo tool è possibile individuare composti chimici e processi di produzione più ecologici, ma ricevere anche consigli su come ridurre il consumo di acqua e di energia.
Con Bluefinder, invece, i fornitori hanno accesso a un database che contiene l’elenco di più di trentamila materiali che utilizzano le sostanze chimiche considerate sicure dagli standard della società svizzera.
La sostenibilità è un metro per misurare l’innovazione
Hannah Jones, vicepresidente per la sostenibilità e l’innovazione, sottolinea come sia necessaria “la collaborazione di tutti i soggetti coinvolti nella filiera produttiva affinché si promuova una nuova chimica più sostenibile e venga messa al bando la chimica dannosa”.
Il vicepresidente di Nike ricorda anche che la società “sta collaborando attivamente con i concorrenti con i quali condividiamo spesso fornitori e materiali usati”.
L’attenzione alla sostenibilità è molto forte anche perché Jones è convinta che “nel lungo periodo l’attenzione alle ragioni dell’ambiente finiranno per cambiare il gioco competitivo. La sostenibilità diventa il metro per misurare l’innovazione”.
La Supply Chain come leva competitiva
La ridefinizione della supply chain in ottica ambientalista diventa quindi una leva competitiva per Nike che da tempo si sta muovendo in questa direzione.
Già dal 2001 era stata data ai fornitori una Restricted Substances List con materiali tossici da non utilizzare per i prodotti Nike.
Poi, attraverso l’Environmental Design Tool, viene valutato il consumo di acqua, energia, l’utilizzo di materiali tossici, oltre la produzione di rifiuti legati ai processi di fabbricazione tessile.
Si tratta di un software open source realizzato per supportare le imprese che operano nel campo dell’abbigliamento per diminuire l’impiego di risorse naturali nella produzione di capi e prodotti. Il software fa parte del progetto Considered Design e la sua realizzazione ha comportato sette anni di lavoro e sei milioni di dollari di investimento.
I risultati si sono tradotti nelle divise indossate da alcune squadre agli ultimi mondiali di calcio in Sudafrica realizzate in poliestere riciclato al 100% grazie al riutilizzo di quasi 13 milioni di bottiglie in plastica, pari a circa 254 tonnellate di rifiuti altrimenti destinati alla discarica.
Oppure, Flyknit, la nuova scarpa da corsa pensata per i maratoneti che pesa solo 160 grammi prodotta con un solo filo di poliestere, e residui di lavorazione pari a zero. Oltre alla sostenibilità, la scarpa in una maratona permette di risparmiare un peso equivalente a quello di un’automobile. Su 42,195 km si sente.