Analisi

La ripresa dell’economia è guidata dalle tecnologie

La digitalizzazione viene indicata come uno dei percorsi per uscire delle spire della recessione. Ma la diffusione pervasiva dell’ICT dipende da vari fattori, fra i quali ricchezza pro-capite, capitale umano e grandezza dimensionale delle imprese. Di fondo, c’è però un problema culturale. L’analisi di Unicredit

Pubblicato il 15 Apr 2013

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I quaranta miliardi destinati alle imprese rappresentano una piccola boccata di ossigeno per un economia che il rapporto Unicredit sulle piccole imprese racconta ancora avvolta nelle spire della recessione.

La digitalizzazione dell’economia viene indicata come una delle strade principali per la ripresa anche se l’Italia rimane agli ultimi posti delle classifiche tecnologiche.

A seconda dei paesi il rapporto rivela infatti che a parità di investimento in tecnologie digitali corrispondono risultati fortemente differenziati.


Sei fattori per una diffusione pervasiva dell’ICT
Una differenza che deriva da sei fattori il primo dei quali è la ricchezza: molte analisi dimostrano che esiste una relazione positiva tra reddito pro-capite e adozione di strumenti ICT.

Fondamentale è la presenza di un forte capitale umano. La presenza di forza lavoro qualificata e in possesso di un livello di istruzione più elevato facilita l’applicazione delle tecnologie digitali.

Altro fattore importante, del quale l’Italia abbonda è la regolamentazione: intesa soprattutto come presenza di ostacoli burocratici che limitano la libertà d’impresa.

La prevalenza di una popolazione giovane facilita la diffusione e la crescita dell’Internet economy, spillover di conoscenza, esternalità offerte dalla Rete, pressioni competitive sono considerati fattori di sviluppo ai quali si aggiunge la struttura economica del Paese.

“In questo filone di analisi – scrive il rapporto – confluiscono sia gli studi che si focalizzano sulle caratteristiche specifiche delle imprese, sia le ricerche che concentrano l’attenzione sulla composizione settoriale dei Paesi. Sotto il primo punto di vista, una maggior presenza di grandi imprese faciliterebbe la diffusione delle ICT, in quanto le aziende di dimensione più elevata mostrano generalmente una più alta propensione ad adottare queste tecnologie rispetto alle piccole imprese”.

Sotto il secondo punto di vista, invece, per il successo dell’economia digitale conterebbe una composizione settoriale maggiormente orientata verso i comparti ad alta tecnologia e i servizi elementi che possono incoraggiare la diffusione dell’ICT.

Di sicuro la base per lo sviluppo è costituita dall’eliminazione del digital divide verso il quale i passi avanti sono lenti visto che la fine del divario digitale è slittata al 2014.


L’annoso problema del digital divide
Recentemente è stato pubblicato infatti il V bando di gara per il proseguimento del Piano Nazionale per la Banda Larga, e in aprile arriverà il VI. Due bandi che permetteranno di raggiungere oltre 2,8 milioni di cittadini.

A oggi infatti in 1700 comuni (su 8.094) il 3% della popolazione è coperto da ADSL. E in 3.157 comuni il dato varia tra il 6 e il 95%.


Il problema culturale
Del digital divide si occupa anche il rapporto sottolineando come “il divario che separa l’Italia in materia digitale dagli altri Paesi europei non appare legato principalmente alle infrastrutture, ma è rappresentato soprattutto dalla scarsa propensione alla digitalizzazione da parte degli utenti. In altre parole, è un problema culturale. Ciò emerge chiaramente osservando l’accesso effettivo alla banda larga e a Internet”.

Nonostante una copertura della banda larga pari al 96% della popolazione, nel 2010 le famiglie con almeno un componente fra i 16 e i 74 anni che dispongono di un accesso Internet a banda larga da casa sono, secondo l’Istat, solo il 49% contro il 61% della media UE27, mentre gli utenti regolari di Internet (ossia, coloro che si connettono almeno una volta a settimana) sono il 48% contro il 65% della media europea.

In entrambe le graduatorie l’Italia si posiziona agli ultimi posti tra i paesi UE27. Inoltre, il nostro Paese è al sesto posto, con una quota del 39%, per numero di persone che non ha mai usato Internet, a fronte di una media europea del 24%.

La situazione si presenta relativamente migliore per le imprese. Sempre secondo l’Istat, l’83% delle imprese italiane accede alla banda larga, quota vicina all’84% della media europea. Tuttavia, siamo ancora lontani di 12 punti percentuali dalla Spagna, di 10 dalla Francia e di 5 dalla Germania.

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