È iniziata l’era dell’Intelligenza Artificiale pervasiva, in cui i dati e gli algoritmi sono protagonisti assoluti, ma è l’uomo, con le sue emozioni e sensibilità, al centro della scena. Siamo solo all’inizio del percorso di innovazione, e di sicuro non sono ancora stati concepiti i prodotti e servizi intelligenti che useremo fra 20 anni. Ma il cambiamento è di tale portata che spaventa. Per questo, è necessario ora sfatare i miti negativi che già affollano le news e lasciare spazio a positività e concretezza, dando spazio ai numerosi esempi positivi di utilizzo dell’Intelligenza Artificiale: nell’arte, ad esempio, con la nascita di nuove forme di espressione, nella medicina, dove l’analisi dei dati può aiutare i medici a migliorare le diagnosi o leggere radiografie, o ancora nella mobilità, con i sistemi che aiutano nel traffico e nella prevenzione di incidenti, o nella stessa scienza dei dati, con la possibilità di alleggerire i data scientist dei lavori più operativi di “pulizia” dei dati.
È questo il messaggio che è stato lanciato dal palco ad Analytics Experience 2018, evento internazionale organizzato a Milano da SAS, specialista nelle soluzioni avanzate di analisi dei dati, in collaborazione con Intel e Accenture.
AI ovunque: tutte le professioni sono impattate
Il focus sull’intelligenza Artificiale, dal titolo “Towards the AI of Everything” ha portato sul palco tre massimi esperti di AI a livello internazionale: Oliver Schabenberger Executive Vice President, COO and CTO, SAS, Michele Crescenzi, Managing Director Accenture Applied Intelligence (alla guida in Italia, Central Europe e Grecia della Data Science Practice), e Stephan Gillich, Director of Technical Computing, Analytics and AI – GTM di Intel EMEA.
La vision, concorde, è quella di una tecnologia disruptive, che va affrontata non solo da un punto di vista puramente tecnico, come materia per ingegneri e data science, ma anche e soprattutto da un punto di vista etico, esplorando le nuove forme di interazione uomo-macchina, ad esempio evitando che i nostri pregiudizi vengano trasferiti agli algoritmi che poi prendono le decisioni, ed proprio questa la direzione che sta prendendo la ricerca.
Finora, stando ai fatti, l’impatto sul lavoro e sull’essere umano è perlopiù positivo, perché l’AI serve proprio ad amplificare capacità umane e creare nuove opportunità.
«L’AI è disruptive, quindi alcuni lavori saranno eliminati, ma altri saranno creati. La Narrow Intelligence impatta tutte le professioni, ma questo non è un fatto negativo: gli aspetti legati alle qualità umane saranno valorizzati – ha detto Schabenberger – Certo, bisogna comprendere le conseguenze dell’uso degli algoritmi e questo compito non va lasciato a ingegneri e software developer».
Gillich ha riportato l’attenzione sui dati, vero punto di partenza e benzina con cui alimentare gli algoritmi: «Servono dati corretti per avere risultati corretti – ha detto -. Oggi si lavora molto sul controllo e sulla verifica per evitare di introdurre pregiudizi e discriminazioni».
Guardando al presente, Michele Crescenzi di Accenture ha testimoniato che la società sta realizzando diversi progetti concreti: «Abbiamo creato un team con differenti skill che sviluppa use case guidati dal business, che viene ingaggiato sin dall’inizio. Il nostro framework Accenture Applied Intelligence propone il paradigma delle 3A, in cui gli Analytics si combinano con applicazioni di AI e Automazione, tre aspetti complementari», ha detto.
Octo Telematica e il nuovo modello assicurativo
Una delle realtà italiane che ha saputo meglio costruire un business di successo sull’analisi dei dati è Octo Telematics. Nata nel 2002, l’azienda ha trasformato il settore assicurativo collegando le auto e raccogliendo e analizzandone i dati. Oggi è il primo provider globale di soluzioni telematiche e servizi di data analytics per il settore assicurativo, che può così proporre offerte personalizzate.
«Le assicurazioni oggi sono data-driven – ha detto Fabio Sbianchi, CEO e fondatore di Octo Telematics –. La telematica aiuta a conoscere il cliente e a migliorare il comportamento di guida. L’obiettivo futuro è il customer engagement, molto difficile da ottenere per una assicurazione». E ha aggiunto: «Migliorare la qualità degli algoritmi è un lavoro continuo, non c’è mai l’algoritmo giusto, i nostri data science lavorano per questo ogni giorno.
I dati che aiutano a salvare vite
Gli Analytics trovano ampia applicazione anche in ambito no profit, come ha raccontato Mary Beth Moore, AI and Language Analytics Strategist, di SAS. L’azienda è molto attiva su questo fronte e ha sviluppato un’applicazione per le associazioni che viene utilizzata per l’analisi dei dati in vari contesti, dalla tutela dei bambini, alla protezione di animali, alla gestione di catastrofi ambientali. Sul palco dell’evento è salito un pediatra di Utrecht, specialista nella cura di bimbi nati prematuri, che ha raccontato come l’analisi dei dati e lo studio dei casi precedenti abbia permesso di identificare le problematiche in modo migliore, anticipandole, mentre prima la gestione dei pazienti era molto più reattiva.
Occorre un nuovo modello organizzativo
Tutti questi esempi confermano che l’era digitale, e ancor di più l’avvento dell’Intelligenza Artificiale, sta rapidamente trasformando il nostro modo di vivere e anche di lavorare, rendendo obsoleti modelli organizzativi e stili di leadership validi fino a pochi anni fa. Sono in molti a pensare che si tratta davvero di una trasformazione epocale, che non solo obbliga a mettere in discussione quanto fin qui studiato dagli esperti di management, ma che apre opportunità e prospettive che l’uomo non ha mai conosciuto prima. Ne ha parlato Giles Hutchins, Pioneering Practitioner and Executive Coach, presentando i risultati di una ricerca realizzata dalla Henley Business School.
«Il cambiamento è la nuova costante, ed a più livelli. Siamo nel bel mezzo di una metamorfosi ed è un periodo fantastico da vivere. Non si possono più usare le logiche del passato. Le organizzazioni oggi sono organismi vivi, non più strutture gerarchiche, ma sistemi agili e auto-organizzati, dove le persone lavorano bene se sono responsabilizzate e se hanno uno scopo», ha detto. E in conclusione ha citato Goleman e i suoi studi sull’importanza dell’Intelligenza emotiva, quanto mai attuali, ricordando che le persone sono al massimo quando raggiungono uno stato mentale ottimale noto come “flow”, che permette di esprimere potenzialità incredibili.