La rivoluzione digitale ha cambiato molti dei presupposti su cui si è fondato il mondo del retail negli ultimi decenni, e di conseguenza il Retail Marketing, che è l’insieme delle strategie e delle attività commerciali finalizzate ad incrementare il sell out di un punto vendita. Negli anni più recenti, un numero elevatissimo di punti vendita in tutto il mondo ha chiuso i battenti, tanto che alcuni osservatori si sono spinti a parlare di “apocalisse”. A un primo sguardo si direbbe quindi che il retail tradizionale versi in condizioni molto critiche e, dato il crescente successo dell’e-commerce, si tenderebbe ad additare proprio la rivoluzione digitale come principale responsabile di questo declino.
Se i giganti del Web aprono negozi fisici
Tuttavia, nello stesso periodo, giganti del commercio elettronico del calibro di Amazon e Alibaba hanno deciso di aprire negozi fisici, sia sperimentando direttamente nuovi format, sia acquisendo catene preesistenti. E la stessa Google, nel prossimo futuro, potrebbe guardare con interesse all’apertura di flagship store in cui mettere in luce il meglio della propria offerta di prodotto, inclusi gli smartphone Pixel, i visori per la realtà virtuale Daydream, il termostato intelligente Nest e l’assistente virtuale Home.
A questo punto la questione si fa più complessa: perché mai i cosiddetti pure digital player, forti della loro efficienza logistica e privi dalle inefficienze connesse alla gestione degli store fisici, dovrebbero rinunciare alla “purezza” per entrare in un mercato ritenuto in crisi?
La risposta risiede nella superficialità dell’assunto secondo cui il settore sarebbe inesorabilmente in declino. Infatti, anche nelle stime più generose, le transazioni digitali nella vendita al dettaglio non superano oggi il 20% di quelle totali. Indubbiamente gli acquisti online sono cresciuti in maniera impressionante negli ultimi anni, ma riteniamo sia quantomeno avventato evocare addirittura un’apocalisse e decretare la morte imminente del negozio, cioè del retail fisico. Non è affatto così. Il digitale non rappresenta un antagonista dei negozi fisici, ma un alleato, in un contesto in cui lo shopping richiede un marketing sempre più multichannel. Il digitale, però, complica la vita dei marketing manager, perchè aumenta in numero di touchpoint e soluzioni che stanno cambiando l’esperienza d’acquisto dei consumatori, rendendola sempre più ricca ed efficace. Cresce anche il ruolo delle Marketing Technologies, che aiutano a raccogliere insight sui clienti per un’offerta sempre più personalizzata.
Il nuovo ruolo del negozio nel customer journey
Occorre invece rivedere il modello tradizionale – nel retail come in altri settori – alla luce dei cambiamenti indotti dall’uso degli strumenti digitali da parte di un numero sempre maggiore di persone. Il percorso d’acquisto del consumatore è stato tradizionalmente rappresentato in modo lineare, ipotizzando che all’insorgere di un bisogno o al manifestarsi di un desiderio dovesse corrispondere uno stimolo di comunicazione in grado di generare dapprima la cosiddetta awareness, poi la familiarity e la consideration, e poi il purchase; nonché auspicabilmente il riacquisto e il passaparola positivo. Con il proliferare dei touchpoint, il customer journey ha decisamente mutato forma, configurandosi sempre meno come una sequenza di fasi e sempre più come un reticolo di momenti che si rivelano più o meno decisivi a seconda della tipologia di bene o servizio (la cosiddetta customer experience) nonché del profilo del consumatore.
La rilettura del modello di funzionamento del retail deve quindi tenere in considerazione questo cambiamento e ridefinire il ruolo del punto vendita fisico all’interno di un customer journey più articolato, arrivando anche a mettere in discussione – se necessario – la stessa ragion d’essere del negozio.
Negli ultimi dieci anni, circa 3 miliardi di persone nel mondo hanno progressivamente accolto nelle loro vite lo smartphone e un numero quasi equivalente di persone a livello globale risulta iscritta ad almeno un social network. La combinazione di questi due aspetti ci restituisce un quadro eclatante: quasi la metà della popolazione mondiale è online, raggiungibile in qualsiasi momento, ed è in grado di interagire in tempo reale con altre persone e con le aziende. Due elementi che da soli basterebbero a riscrivere le regole del gioco.
Retail Marketing, i nuovi valori di un mercato inclusivo e social
Il mercato è diventato più orizzontale, inclusivo e social; le informazioni circolano a una velocità straordinaria e coloro che fino al recente passato si potevano definire “destinatari” delle campagne di marketing e comunicazione oggi ne sono co-autori. Non solo, gli stessi prodotti e servizi, se è vero che gli acquirenti possono esprimere così facilmente la propria opinione, vengono in molti casi co-prodotti, co-creati, co-disegnati.
Queste evoluzioni assegnano alle aziende e ai brand un ruolo nuovo: è divenuto indispensabile offrire prodotti che corrispondano sempre alle aspettative, dimostrare correttezza verso tutti gli attori della catena del valore, agire in armonia con l’ambiente e le persone, essere presenti in modo significativo in tutti i punti di contatto e comunicare in modo coinvolgente, saper dialogare (e quindi saper dare ascolto), personalizzare la relazione con i clienti senza invadere la loro privacy, valorizzare coloro che dimostrano fedeltà, favorire e ricompensare l’advocacy. Appare abissale la distanza tra questo modello e il “monologo” che aveva contraddistinto l’era predigitale, e si impone di conseguenza la necessità di un approccio diverso, con nuovi strumenti e competenze da integrare a quelli tradizionali.
I marketer sono chiamati a comprendere appieno gli effetti della trasformazione digitale, e quindi a padroneggiarne le dinamiche individuando le ripercussioni e le opportunità per la propria azienda. Il digitale è come l’elettricità: è un “abilitatore” invisibile che consente di dar vita a prodotti, servizi ed esperienze che in alcuni casi si integrano con quelli preesistenti, in altri li sostituiscono tout court. Se si assume questa visione, sarà più facile per l’azienda e per il brand interpretare in modo corretto e potenzialmente vantaggioso la trasformazione in atto. E si eviterà il rischio di confinare il digitale a una categoria di “strumenti innovativi”, o di confondere il mezzo con il fine, come troppo spesso capita. In questa ottica si colloca la riflessione sull’intelligenza artificiale, il neuromarketing, big e small data che assumono un ruolo centrale nel determinare la value proposition dei retailer.
Strategie di retail marketing nell’emergenza Covid-19
L’emergenza sanitaria ha rapidamente trasformato lo shopping in negozio innescando un’esplosione di innovazioni tecnologiche, quando i punti vendita hanno potuto riaprire dopo il lockdown. I retail hanno utilizzato soluzioni digitali per offrire ai clienti un’esperienza d’acquisto piacevole anche a distanza, a garanzia della sicurezza e del distanziamento, cercando però di mantenere una forte relazione con il personale di vendita. Sono stati lanciati numerosi servizi di videocomunicazione in streaming, applicazioni di realtà aumentata, visite virtuali nei negozi con occhiali 3D, sistemi di chat per prenotare, ordinare e chiedere suggerimenti. Nuove applicazioni che non sono solo per fare shopping da casa, ma anche per chi si reca nei punti vendita, consentendo una migliore gestione delle code, il click and collect e prenotazioni di appuntamenti.
Questi temi sono approfonditi in un libro edito da Mondadori, intitolato Retail 4.0, 10 Regole per l’Era digitale, di cui sono co-autori Philip Kotler e Giuseppe Stigliano.