Curiosità, interesse. Ma anche cautela. È con un misto di sentimenti che molti professionisti stanno guardando ai social network, in questo periodo.
O, almeno, questo è vero per i più attenti alle novità che vengono dai nuovi media, a quanto risulta da una ricognizione compiuta su cinque di loro (due avvocati, un commercialista, un notaio e un architetto).
Sono professionisti noti per avere una certa familiarità con le nuove tecnologie. Si rendono conto che i social network sono potenzialmente un nuovo strumento di comunicazione e contatto con colleghi, studenti . E anche un modo per farsi conoscere professionalmente.
Tuttavia, qualunque sia il loro livello di utilizzo dei social network, tutti concordano di non poter affidare al caso la propria partecipazione. C’è una bella differenza, insomma, tra l’uso personale e quello professionale.
Se si aderisce a un network, a scopi professionali, bisogna per prima cosa seguirlo con attenzione, partecipare con costanza e contribuire con contenuti rilevanti (non scritti di getto). Infine- concordano-, bisogna avere cautela su quello che si scrive: il rischio di diffondere informazioni riservate è sempre in agguato.
Le esperienze
La selezione è importante, non solo dei contenuti ma anche dei posti da presenziare. «Quando sono sbarcato sui social non c’erano molti colleghi e mi sono messo ad osservare: volevo capire come un avvocato potesse utilizzare questo nuovo strumento per fini professionali. Li ho provati tutti, ma ho conservato i profili solo su alcuni, quelli più utili per un avvocato (Linkedin, Twitter, Facebook e Google+)», dice Ernesto Belisario, avvocato pioniere di questi temi.
«Dopo tanta osservazione ho iniziato a condividere: notizie, approfondimenti, eventi. È grazie ai social che mi informo, che dialogo con amici e clienti. Ma senza l’ossessione del numero di follower: dopotutto, non sono “Lady Gaga”», aggiunge. A conferma che per un professionista sui social vale più la selezione (la “qualità”), che la quantità. In generale quindi contano criteri diversi rispetto a quelli di una partecipazione personale.
Concorda Guido Scorza, avvocato specializzato in nuove tecnologie: «sui social ho condiviso e continuo a condividere informazioni e questioni delle quali mi occupo professionalmente. O di cui ci si occupa nel mio studio. È un modo per fare informazione giuridica e confrontarsi con colleghi e società».
Molto intensa è l’attività social professionale di Arrigo Panato, commercialista: «il mio studio è presente su tutti i principali social network con una propria pagina alimentata automaticamente dagli aggiornamenti dei nostri blog o riportando gli articoli apparsi su riviste professionali», dice. È un approccio cattedratico, perché «il dialogo con la rete preferisco gestirlo in prima persona con il mio account personale».
«Una pagina Facebook deve essere molto focalizzata. noi gestiamo sia una pagina di studio sia una pagina di supporto al manuale sulle perizie di stima. Questa ci sta dando molte soddisfazioni e ha superato i 300 fan. Per essere un argomento così specifico anche per i commercialisti non è poco», continua.
«Alcuni studenti hanno usato il libro e la pagina Facebook per preparare la tesi, scambiarsi consigli e chiedermi suggerimenti. in poco tempo si è creata quasi una comunità di pratica».
Diversa è l’esperienza di Fabio Fornasari, architetto: «ogni mio progetto si misura a diversi gradi in generale con la rete. Per esempio http://laboratoriomuseodiffuso.wordpress.com. In ambiente fisico raccolgo i commenti giacché la gente è restia a parlarne. Ma su alcune pagine Facebook si trovano scambi che fanno riferimento al progetto». «Non uso troppo Twitter, per mancanza di tempo. Facebook sì perché qui i contributi giocano non sul secondo ma sulle ore: riesco meglio. Ma potessi avere qualcuno che lavora per me lo userei di più. LinkedIn lo aggiorno non troppo spesso, ma penso sia utile», aggiunge.
Il notaio Giampaolo Doria invece sta ancora valutando il da farsi. «Il nostro studio non si è ancora dotato di una pagina su nessun social network, pur essendo presente su internet con un proprio sito», spiega. Tuttavia, «stiamo lavorando ad un sito di nuova generazione che ci consenta di pubblicare immediatamente anche su Facebook alcune notizie mano a mano che le pubblichiamo sul nostro sito».
Perché questa scelta? «Fino ad oggi siamo stati molto prudenti con questo tipo di apertura perché per il tipo di attività professionale svolta abbiamo sempre ritenuto preferibile mantenere un atteggiamento piuttosto sobrio».
«Nondimeno, i recenti sviluppi normativi, in materia di deregolamentazione delle libere professioni, stanno spingendo sempre di più i liberi professionisti a dover essere maggiormente incisivi nel mercato e, quindi, a dover impiegare sempre di più ogni tecnica per farsi conoscere da un pubblico più o meno ampio».
L’utilità dei social
Prima di vedere come usare i social con efficacia, chiediamoci a che cosa possano servirci. Belisario ritiene che ci siano tanti motivi per cui un professionista dovrebbe utilizzare i social media.
«Il primo: nella società dell’informazione, non è più possibile aspettare di ricevere la rivista cartacea per approfondire e studiare. Nel 2012, la tempestività nell’accesso alla conoscenza diventa un importante fattore competitivo e può essere assicurata solo attraverso i social; il primo passo per un professionista dovrà essere quello di selezionare attentamente i contatti tra le fonti più autorevoli nelle materie di attività».
Il secondo motivo: «grazie ai social possiamo conoscere in modo puntuale i trend del mercato, in modo da poter intercettare al meglio le esigenze dei clienti (acquisiti e potenziali)».
«Infine, certo c’è un’utilità promozionale e di marketing; ma attenzione a non enfatizzare: i clienti non arriveranno solo perché siamo sui social, ma se dimostreremo di essere seri e competenti».
Sulla stessa linea Scorza: «la presenza di uno studio sui social ha un duplice valore: è un’importante vetrina per presentarsi ad un pubblico ormai amplissimo di potenziali clienti in modo, peraltro, colloquiale e non “aggressivo” e, soprattutto, consente di intercettare esigenze e problemi della società, dei cittadini e delle imprese con straordinaria rapidità. Si può rispondere così a un’esigenza di costante aggiornamento. Fondamentale per uno studio professionale moderno».
Panato insiste sull’aspetto di arricchimento e conoscenza: «è incredibile la ricchezza di suggerimenti e proposte che possono arrivare dalla rete per ridisegnare lo studio professionale, per ridefinire la nostra strategia, per restare aggiornati ed approfondire argomenti specifici anche professionali».
I consigli
Ma come usare i social network? C’è una regola d’oro, concordano i professionisti: bisogna partecipare attivamente ai social dove si è presenti. «Se si sceglie di esserci, occorre investirci tempo e risorse. Frequentare la pagina, coltivarne gli utenti e tenerla aggiornata, verificando, costantemente, i feedback che si ricevano», spiega Scorza. «Niente di peggio di invitare qualcuno a casa propria per un confronto, dichiararsi disponibili al dialogo e poi non dedicargli tempo e attenzioni».
«Ma bisogna evitare di essere autoreferenziali», precisa Belisario. «Le persone non hanno tempo da perdere e non sono interessate a chi si imbroda, bisogna accettare le dinamiche del Web 2.0.
Bisogna anche mettersi dalla parte dell’utente: cercando di capire qual è il valore aggiunto che un utente ha se ci segue. E quindi lavorare sui contenuti di qualità», aggiunge.
Concorda Panato: «Il rischio su Facebook è confondere il lato personale con quello professionale e perdere di costanza e profondità negli aggiornamenti. Per essere credibili bisogna essere costanti e pubblicare approfondimenti attendibili nonostante lo strumento spesso porti a privilegiare l’immediatezza ed una certa superficialità».
Infine, una cautela: «attenzione alla riservatezza: non divulgare informazioni che devono rimanere segrete», dice Belisario. «Non bisogna mai dimenticare i poteri e doveri di sorveglianza dei rispettivi organi o ordini di appartenenza, i quali continuano a vigilare sui contenuti social. Con risvolti certamente ancora da scoprire», dice Doria.