L’effervescenza creativa: è questo l’ingrediente principale della digital transformation. Senza la spinta dei talenti e la continua crescita delle competenze, la tecnologia difficilmente potrà permettere al business di evolvere. La componente umana è il fondamento di ciascun progetto non solo in azienda, ma anche nelle partnership strategiche che legano i vendor ai system integrator e poi, a cascata, nell’elaborazione dei nuovi piani d’azione, che prevedono l’utilizzo di nuovi strumenti. «Progetti e tecnologie proliferano, ma la difficoltà vera sta nel trasformare le iniziative in risposte puntali rispetto alle esigenze delle imprese», spiega Giuseppe Mammola, Cloud First Lead di Accenture. «Non bisogna mai dimenticare che viviamo in una fase in cui chi muove i primi passi lo fa davvero in maniera pionieristica, e come se non bastasse i processi di innovazione non sono mai lineari, si configurano piuttosto come percorsi a ostacoli in cui il commettere errori non solo è inevitabile, ma anche indispensabile. Ciò che occorre davvero è superare le vecchie logiche – compresa quella della competizione intesa in senso tradizionale – e sviluppare ecosistemi che permettano a chi ha avuto il coraggio di partire prima di confrontarsi e arricchire la community degli innovatori».
Who's Who
Giuseppe Mammola
Cloud First Lead di Accenture
Digital4Executive ha incontrato Mammola a margine di due importanti appuntamenti che hanno catalizzato l’attenzione di molti protagonisti della digital transformation (aziende, vendor, system integrator e consulenti): il Google Cloud Summit e il Salesforce Basecamp, entrambi di scena a Milano nell’ultima decade di maggio. «Accenture ha partecipato alle due convention come top sponsor, non solo per comunicare al mercato quanto crediamo e investiamo nelle tecnologie di nuova generazione, ma soprattutto per promuovere la creazione di punti di incontro che aiutino sviluppatori e clienti a immergersi nell’esperienza innovativa e a cercare risposte mettendo a fattor comune i risultati ottenuti e le difficoltà superate». Secondo Mammola, eventi del genere sono anche l’occasione per permettere alle aziende più timide di toccare con mano casi di studio che dimostrino quanto, a volte, passare dalla teoria alla pratica, uscendo dalla comfort zone, sia essenzialmente una questione di determinazione e apertura al cambiamento.
I temi caldi sono naturalmente quelli dell’Intelligenza Artificiale, dell’Internet of Things, della Realtà virtuale e aumentata e della Blockchain, tutte tecnologie che trovano applicazione – a costi sempre più accessibili – grazie al Cloud Computing. «Il nostro team è dedicato alle imprese che vogliono abbandonare l’hardware in casa e remotizzare le macchine sfruttando la convergenza delle soluzioni dei partner tecnologici quali Accenture, sia nell’elaborazione dei dati sia nell’erogazione di servizi evoluti ai clienti finali», spiega Mammola, che citando Google e Salesforce sottolinea le ulteriori opportunità offerte dalla Nuvola, comprese quelle ancora inespresse: «L’adozione del Cloud aumenta la capacità di gestire grandi moli di informazioni e al tempo stesso garantisce maggiore controllo e sicurezza rispetto alle applicazioni. E sappiamo bene che il tema della security ha sempre generato molte resistenze all’approccio SaaS e PaaS (Software as a Service e Platform as a Service, ndr)».
Con Blockchain e AI aumenta la sicurezza e si automatizzano le attività ripetitive
Per Mammola soprattutto la Blockchain rappresenterà una risposta efficace in tal senso. «Se sapremo essere abili nell’implementare la tecnologia, grazie a meccanismi federali renderemo ancora più sicure le applicazioni dei clienti. Il mondo bancario è quello che sta guardando con più attenzione a queste soluzioni, ma la verità è che abbiamo appena cominciato a esplorarne le potenzialità su campi applicativi che susciteranno grande interesse, come per esempio quello della firma digitale. Senza contare che presto si renderanno indispensabili standard d’integrazione con elevato grado di protezione per tutte le transazioni che avvengono attraverso le reti dedicate all’IoT: un mondo di macchine interconnesse, dove le Blockchain offriranno piattaforme decisamente più sicure rispetto alle tecnologie tradizionali».
C’è poi l’Intelligenza Artificiale, che secondo il manager di Accenture sarà fondamentale nei processi di automazione di molte attività ripetitive. Dal controllo qualità nel settore manifatturiero alla gestione documentale, grazie a tecnologie come l’Image Recognition e l’OCR (Optical Character Recognition) si potranno affidare alle macchine diverse mansioni a basso valore.
Puntare sulle persone, le competenze e la formazione: i 3 pilastri del change management
«Ovviamente non sfugge il fatto che un passaggio del genere porterà alcune tipologie di lavoro a scomparire, ma la possibilità per le persone di ricollocarsi su attività di maggior valore è secondo noi parte integrante del cambiamento a cui stiamo andando incontro», precisa Mammola. «Anzi, dal nostro punto di vista il change management sarà la vera sfida dei prossimi anni. Chi vuole innovare dovrà prima di tutto fare leva sul capitale umano, sulla formazione e sull’aggiornamento delle competenze. Sono necessari profondi cambiamenti sull’organizzazione aziendale orientati a creare gruppi di lavoro interdisciplinari dove le diverse funzioni (Business, IT, Legal, Marketing e Comunicazione, ecc.), che si fondono e si contagiano per ottenere risultati forse discontinui, ma distribuiti e soprattutto dirompenti. Reingegnerizzare i processi in base alle tecnologie disponibili, adottare nuove metodologie ed elaborare modelli di business innovativi non saranno sufficienti se non si ripensa anche il ruolo delle persone, che – è bene precisarlo – rimarranno sempre al centro della trasformazione digitale. Nonostante questa consapevolezza sia parte integrante del nostro DNA, in Accenture siamo i primi a dover affrontare questo cambiamento. La strategia che abbiamo scelto è quella dell’inclusione, attraverso cui stiamo sviluppando la capacità di apprezzare la complementarietà tra le persone, integrando vedute diverse e offrendo percorsi differenti, personalizzati, anziché cercare di omologare le risorse umane. Entro il 2020 puntiamo ad avere un gender mix del 50% almeno. Ma l’inclusione passa anche dalla crescita inorganica, e dalle acquisizioni che stiamo facendo nell’ambito delle tecnologie Cloud, con cui intendiamo alimentare un pensiero laterale che ci aiuterà a metterci in discussione dall’interno e a essere sempre meno autoreferenziali. Servono obiettivi importanti per trasformare i buoni propositi in risultati, e occorre continuare a misurare l’efficacia delle scelte».