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L’Agcom e la tutela del diritto d’autore, è polemica

L’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha deciso di rimandare l’adozione del regolamento in materia di tutela del diritto d’autore in rete, lasciando nell’incertezza un settore che avrebbe bisogno di riposte concrete

Pubblicato il 26 Mar 2012

L’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM) ha
deciso di rimandare l’adozione dello schema di regolamento
in materia di tutela del diritto d’autore in rete.

Tale documento era stato inizialmente predisposto da AGCOM nel
2010 e modificato nel luglio del 2011 a seguito della prima
consultazione pubblica alla quale lo stesso era stato sottoposto.
Conclusa la fase di elaborazione degli esiti della seconda
consultazione pubblica, AGCOM, nella persona del suo
Presidente Corrado Calabrò
, ha
dichiarato
, nell’audizione parlamentare che si è
tenuta lo scorso 21 marzo, l’intenzione di
rimandare l’adozione del regolamento predisposto
,
in attesa che “veda la luce” una norma di legge della
Presidenza del Consiglio che “ribadisce la legittimazione
di AGCOM e ne definisce meglio la competenza ed i poteri
dell’autorità nella materia del diritto
d’autore”.

I commenti a tale intervento non si sono fatti attendere, sia in
rete che sulla carta stampata. Da una parte, il cosiddetto
“popolo della rete” che, utilizzando in questa
delicata materia gli slogan ai quali ci ha ormai abituati, in
certi casi arriva a parlare di “golpe” in rete e di
mancanza di trasparenza tra AGCOM e il Governo. Dall’altra
Confindustria Cultura Italia, che, per il tramite del Presidente
Marco Polillo, parla di sconcerto “per l’ennesimo
temporeggiamento dell’Agcom sul tema della pirateria
digitale”.

Tanto clamore ha portato Corrado Calabrò a chiarire la posizione
dell’Autorità, rispondendo all’editorialista del
Corriere della Sera, Edoardo Segantini, il quale, in un articolo
apparso sul quotidiano milanese il 22 marzo scorso, aveva
criticato la marcia indietro di AGCOM sull’adozione del
Regolamento.

Ebbene, con una lettera del 23 marzo, Calabrò respinge
l’accusa seconda la quale AGCOM avrebbe “rinunciato
ad esercitare il proprio ruolo in difesa del diritto
d’autore in rete”, ritenendo di non avere poteri
sufficienti all’adozione del famoso regolamento. Al
contrario, il Presidente di AGCOM ribadisce la
convinzione che l’autorità abbia la competenza ed i poteri
a ciò necessari, ma collega l’adozione del regolamento ad
una norma del Governo
, di interpretazione autentica
delle tre norme poste, a parere dell’autorità, a
fondamento della legittimazione della stessa ad intervenire, in
quanto ciò “gioverebbe ad una ragionevole e pacificatrice
valutazione del problema”.

Rimane una questione aperta, come segnalato anche da Edoardo
Segantini, ossia che i tempi di adozione di tale
regolamento non sono affatto chiari
, determinando un
ulteriore motivo di incertezza in un settore che avrebbe bisogno
di riposte concrete. In ultima analisi, tale vicenda non può non
far riflettere sul ruolo che un’autorità indipendente come
AGCOM dovrebbe avere e sulle azioni che ne dovrebbero derivare ma
che, almeno in questa vicenda e sotto il profilo regolamentare,
ha visto, a nostro parere, troppi tentennamenti.

Non vi è dubbio infatti che, come spesso accade nel mondo delle
cosiddette autorità indipendenti, ad una copiosa attività
sanzionatoria (a volte al limite del censorio), non corrisponda
in egual misura quella regolamentare positiva, per la quale tali
autorità sono state (principalmente) costituite, e che invece
latitano nell’assunzioni di responsabilità in materie,
come la protezione del copyright in rete, di cui il
nostro Paese ha profonda necessità
.

Dalle colonne di questa rubrica ci siamo spesso soffermati nel
tentare di inquadrare la suddetta problematica da una prospettiva
non necessariamente economica, ma principalmente
giuridico/sociale. Se in campo filosofico si parla oggigiorno di
società liquida, in un contesto socio economico la
nostra società tende ad un’inesorabile
dematerializzazione
nella quale alcuni principi cardine
del vivere comune (la proprietà privata ad esempio), una volta
resi meno tangibili tendono a “scivolare” in una zona
grigia delle percezione comune, una sorta di limbo dove le
certezze, come i precetti giuridici, non sono più tali ed il
loro aggiramento è considerato socialmente accettato, o
accettabile.

Allo stesso modo l’autogiustificazione (o peggio
l’autoassoluzione) trova una conferma ed un conforto
immediato nella sterminata platea di coloro che in questo limbo
hanno trovato una comoda sistemazione. E’ inaccettabile che
le cassandre del popolo della rete perpetuino il loro grido di
dolore sui rischi di compressione del diritto
all’informazione e alla libertà di comunicazione (in rete)
ignorando scientemente e strumentalmente la differenza tra il
diritto – sacrosanto – al libero accesso
dell’informazione, con l’appropriazione e/o utilizzo
di contenuti protetti di qualsivoglia natura – quali
software, musica o ogni genere di opera dell’ingegno
– per i quali altri hanno investito, lavorato e riposto
legittime aspettative economiche.

L’egoismo sociale dei “nimbys” (not in my
backyard) si ripropone concettualmente anche nel mondo del
diritto d’autore sul web: si grida allo scandalo se il
copyright in rete deve essere regolamentato, minimizzandone nel
contempo l’uso illegittimo, ma chiunque diviene titolare di
un qualsiasi contenuto protetto, immediatamente si tramuta in uno
strenuo difensore del proprio (esclusivo) diritto di percepire la
giusta remunerazione per il suo sfruttamento. Mai come in questo
frangente abbiamo assistito a vuoti stereotipi stile anni
’70 per completare il processo autoassolutorio
sopradescritto (i poteri forti e nascosti, le lobby, i grandi
gruppi che speculano sulla rete a scapito dei poveri
utenti-navigatori ed altre facezie del genere).

E’ sufficiente leggere blog e post a commento degli
articoli apparsi di recente sull’argomento AGCOM per
rendersi conto che percezione del concetto di diritto
d’autore sta subendo un’involuzione che rischia di
divenire irreversibile. Parlamento ed autorità
indipendenti devono intervenire rapidamente, ognuno
nell’ambito delle proprie competenze, per completare un
quadro normativo che contribuisca a fare chiarezza
, ma
non solo: la nostra società non ha bisogno di norme repressive
in materia di copyright ma di certezze e contributi costruttivi,
i cui risultati si vedranno nel lungo periodo.

Bisogna (ri)costruire un reale coscienza sociale, una
piena consapevolezza che la proprietà intellettuale è un
diritto pieno e compiuto, fonte di obblighi e prerogative per
tutti
, popolo della rete incluso.

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