Approfondimenti

Investire in innovazione digitale per rilanciare l’economia italiana

Una seria politica di investimenti in tecnologie digitali può portare un incremento del PIL italiano di circa un punto percentuale, oltre che una significativa riduzione della spesa pubblica e, quindi, del deficit. Un contributo importante, che potrebbe aiutare l’Italia a superare la crisi e a centrare l’obiettivo di rientro dal debito entro il 2013

Pubblicato il 01 Feb 2012

Innovazione-digitale

Per scongiurare il rischio di default e allinearci ai Paesi europei più virtuosi, il nostro Governo si è impegnato con l’Europa a seguire una roadmap molto impegnativa, che prevede di arrivare entro il 2013 al pareggio nel rapporto deficit/PIL, pari nel 2011 al 3,6%, con un deficit che ammonta a 53 miliardi di euro. L’obiettivo è ambizioso, se si considerano la modestissima crescita del PIL nel 2011 (+0,7%) e le previsioni per il futuro. Secondo le ultime stime della Banca d’Italia, rese note a gennaio, si possono ipotizzare due scenari: uno prevede l’ormai tristemente noto spread BTPBund ai valori attuali (500 p.b.) e tensioni sul credito; l’altro, più ottimistico, una diminuzione dello spread di 200 p.b. (livello dell’estate scorsa) e il rientro delle tensioni. Nel primo scenario la crescita è negativa quest’anno (-1,5%) e nulla nel 2013. Nel secondo scenario la crescita è ancora negativa nel 2012 (-1,2%), ma nel 2013 torna in positivo, con un +0,8%.

Vede ancora più nero il Fondo Monetario Internazionale: nell’ultimo report sulle economie del pianeta il PIL italiano è visto in calo del 2,2% nel 2012 e dello 0,6% nel 2013.

Obiettivo del mio intervento è stimare quale potrebbe essere, in questo difficile scenario, il ruolo delle Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione (ICT), ovvero il contributo concreto che una politica di investimenti nelle tecnologie digitali potrebbe apportare sia dal punto di vista di contenimento del debito sovrano, sia dal punto di vista dell’accelerazione della crescita del PIL. La School of Management del Politecnico di Milano, che da oltre dieci anni analizza gli impatti dell’ICT nelle imprese e nella Pubblica Amministrazione italiana, ha identificato da tempo cinque priorità per l’agenda politica che hanno l’obiettivo di recuperare il gap che ci separa dai Paesi più avanzati nell’utilizzo delle tecnologie digitali, misurando laddove possibile l’effetto sui due parametri citati, ovvero il rapporto deficit su PIL e la crescita del PIL.

Analizziamo nel dettaglio le cinque priorità.

SERVE UN ELETTROSHOCK CULTURALE

In primo luogo il Paese ha bisogno di superare il vero Digital Divide, che è quello culturale, a tutti i livelli: Manager, Imprenditori, Funzionari pubblici, Giornalisti/Editori, Economisti Politici, Istituzioni hanno ancora capito poco il reale potenziale delle tecnologie digitali per le imprese, le pubbliche amministrazioni, l’economia nel suo complesso e la società.

Per contribuire a questo cambiamento culturale, fornitori ed esperti di ICT dovrebbero abbandonare il gergo da “iniziati”, fatto di acronimi e “tecnocratese”. Invece di parlare di ICT o di Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione, si dovrebbe cominciare a parlare, più semplicemente, di Tecnologie per l’Innovazione e la Competitività. Si tratta di rendere in un certo senso più “sexy” le tematiche tecnologiche, affinchè siano comprensibili anche ai non addetti ai lavori, e portarle al centro del dibattito politico, nei media e nei talk show.

IL RUOLO TRAINANTE DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

In Italia la spesa pubblica rappresenta ogni anno più della metà del PIL, esattamente il 52 per cento, percentuale fra le più alte al mondo. Appare evidente, dunque, l’importante ruolo della PA e l’urgenza di intervenire su questa spesa attraverso un uso sapiente delle tecnologie digitali, con un triplice vantaggio: il risparmio della spesa, lo stimolo alla domanda interna del comparto ICT e l’effetto di trascinamento sull’intero tessuto economico, soprattutto sulle PMI.

Le analisi della School of Management del Politecnico mostrano che è possibile intervenire subito e, grazie all’adozione di strumenti innovativi ma ampiamente disponibili, ottenere risparmi sugli acquisti di beni e servizi da parte della PA , oltre che un aumento della produttività interna e una riduzione della burocrazia, con un risparmio complessivo stimato in oltre 40 miliardi di euro l’anno. In dettaglio, il risparmio sugli acquisti attraverso l’e-procurement consentirebbe di liberare 4 miliardi, l’innovazione digitale all’interno di alcuni processi dell’organizzazione pubblica porta un vantaggio stimato di 15 miliardi di euro, mentre l’innovazione dei processi nella relazione tra la PA e il cittadino potrebbe portare un vantaggio di 24 miliardi di euro.

Un’efficace strategia di investimenti in innovazione digitale della PA avrebbe anche l’effetto diretto di spingere la domanda interna per il comparto ICT, oltre a un effetto indiretto di stimolare il tessuto economico produttivo italiano: le nostre stime dicono che ogni 100 milioni di euro di investimenti addizionali in ICT portano ad un incremento del PIL dello 0,03-0,05%.

Ipotizzando quindi che, nel corso del 2012, la Pubblica Amministrazione spenda 150 milioni di euro in più in ICT (che è appena il 2,5 per cento della spesa attuale, pari a circa 6 miliardi di euro), attraverso un coefficiente moltiplicativo, che va dal 3 al 5, l’impatto sulla crescita del PIL è tra lo 0,03 per cento e lo 0,05.

SPINGERE GLI INVESTIMENTI IN ICT NELLE IMPRESE E L’IMPRENDITORIALITA’

Anche a causa del Digital Divide culturale già menzionato, le imprese italiane, soprattutto quelle di piccole e medie dimensioni, investono ancora poco nell’innovazione basata sulle tecnologie digitali. Servono dunque azioni concrete per “spronare” le aziende a investire di più in ICT, ad esempio defiscalizzando gli investimenti e creando fondi per l’innovazione.

È inoltre necessario spingere anche la nascita e lo sviluppo di nuove imprese in ambito digitale, in particolare di quelle fondate dai giovani. Per far questo occorre garantire un maggiore afflusso di capitali di rischio a supporto delle Start-Up, attraverso ad esempio la defiscalizzazione degli investimenti in fondi di Venture Capital. Da segnalare in questo ambito la buona notizia proveniente dal Fondo di Investimento Italiano che ha finalmente “deciso” di investire anche in start-up (si veda il box a sinistra).

Anche qui abbiamo provato a ragionare in termini quantitativi: ipotizzando che ci siano strumenti che spingano una spesa aggiuntiva delle imprese in ICT di 150 milioni di euro (che è pari all’uno per cento di quanto complessivamente tutte le imprese italiane spendono in tecnologie digitali), tramite lo stesso coefficiente moltiplicativo di prima, arriviamo ad un impatto sulla crescita del PIL compreso fra lo 0,03 e lo 0,05 per cento. Ipotizziamo, inoltre, un incremento di 150 milioni di euro negli investimenti in Start Up.

Una letteratura molto copiosa conferma che l’impatto sul PIL di questi investimenti agisce con un moltiplicatore fra 5 e 10, che cresce tanto più ci si avvicina al finanziamento di early stage – in fase embrionale dell’impresa -. Ecco che si ottiene un incremento del PIL fra lo 0,05 e lo 0,1 per cento.

INVESTIRE IN BANDA LARGA: NGN E LTE

Per favorire l’innovazione e la diffusione delle tecnologie digitali il Paese ha bisogno di infrastrutture capillari e moderne, di reti digitali broadband e ultrabroadband. È quindi necessario sbloccare lo stallo – a livello di investimenti e regole – che frena la realizzazione delle reti in fibra ottica NGN (Next Generation Network), che sono le vere autostrade ad elevata percorrenza del futuro.

Buone notizie ci provengono invece dal fronte Mobile, dove, essendosi oramai conclusa l’asta per le reti di quarta generazione – LTE -, gli operatori hanno dichiarato investimenti massicci nei prossimi anni. Anche in questo caso, abbiamo quantificato i due effetti. Per quanto riguarda l’LTE , al di là dei 4 miliardi già versati per appropriarsi delle nuove frequenze, la spesa degli operatori telefonici prevista nei prossimi 3-4 anni è di circa 1,5 miliardi per anno, con un impatto presumibile sul PIL pari a 0,2-0,3 per cento. Per le reti fisse di nuova generazione, se dovessero partire i progetti, abbiamo ipotizzato un miliardo all’anno di investimenti che porterebbero ad un impatto aggiuntivo pari allo 0,12-0,2 per cento.

NON DIMENTICHIAMOCI DELLA FORMAZIONE

L’ultima priorità della nostra Agenda è quella di investire in formazione, per favorire la pianificazione e lo sviluppo delle corrette competenze in ambito digitale e dei profili professionali attrattivi per il mercato. È fondamentale portare avanti seriamente una politica che orienti i nostri giovani verso percorsi che hanno sbocchi di mercato. È grave che in Italia i tassi di disoccupazione giovanile siano così alti e che esistano al contempo sacche di mancanza di professionalità, di competenze specifiche quali ad esempio sviluppatori Java, sviluppatori Mobile, esperti di marketing digitale, ecc..

PIL, DEFICIT, ICT E GOVERNO

Mettiamo insieme i differenti contributi sopra analizzati. Partiamo innanzitutto dall’effetto sul deficit: abbiamo visto come l’innovazione digitale nella Pubblica Amministrazione può portare un beneficio potenziale di 43 miliardi di euro. Anche se solo una piccola parte di questo beneficio fosse monetizzabile, il contributo alla roadmap di rientro del deficit dei prossimi anni sarebbe rilevante. Passando al contributo alla crescita del PIL, la somma degli incrementi puntualmente calcolati nel corso dell’articolo è fra lo 0,44 e lo 0,9 per cento.

Considerando le ultime previsioni dell’FMI che prevedono per l’Italia un calo del 2,2% quest’anno, si comprende che anche solo una quota parte di questo delta PIL farebbe cambiare almeno in parte il destino della nostra economia. Il nuovo governo Monti ha aperto in data 15 dicembre 2011 la consultazione pubblica – indirizzata a tutti gli stakeholders istituzionali e privati – relativa al “Progetto Strategico Agenda Digitale Italiana: implementare le infrastrutture di rete. Caratteristiche e modalità attuative”, che si è chiusa il 15 gennaio 2012. Al momento però non sono ancora state delineate le azioni concrete che il governo andrà a effettuare. Speriamo che ci arrivino presto notizie positive su questo fronte. L’ICT sta cambiando il mondo: se non ce ne rendiamo conto, il rischio è vedere l’Italia sempre più distante dall’Europa e dagli altri Paesi avanzati.

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