In Italia oltre 7.500 imprese, all’interno
di circuiti EDI, scambiano documenti del ciclo
ordine-pagamento – tra cui la fattura – e
altre quasi 50 mila imprese si relazionano attraverso circa 250
reti Extranet private, dematerializzando in varia misura
il ciclo documentale nei processi commerciali.
Al di là della digitalizzazione dei flussi propri del ciclo
dell’ordine, le tecnologie digitali abilitano numerosi
progetti di tipo collaborativo, più ambiziosi ma in grado di
garantire benefici ancora più significativi, tra partner
aziendali: per le aziende è possibile andare oltre le soluzioni
di integrazione, verso progetti di eSupply Chain
Collaboration.
La Fatturazione Elettronica e – più in ampio –
l’Integrazione e la Dematerializzazione del Ciclo
Ordine – Pagamento costituiscono il livello
“di base” nella collaborazione tra attori di
una supply chain. Le stesse tipologie di benefici – in termini di
efficienza ed efficacia – sono conseguibili applicando le
logiche dell’integrazione e della dematerializzazione anche
ad altri processi interaziendali – quali il pre-vendita,
il post-vendita, la pianificazione della domanda e della
produzione, lo sviluppo di nuovi prodotti, il marketing e la
comunicazione, la tracciabilità – realizzando cioè un più
elevato grado di eSupply Chain Collaboration. Ma
quali sono gli esempi più interessanti in Italia di
collaborazione di filiera che va oltre il “semplice”
scambio di ordini e fatture in formato elettronico? Nella sua
ultima Edizione, i Ricercatori dell’Osservatorio
Fatturazione Elettronica e Dematerializzazione delle
School of Management del Politecnico di Milano (www.osservatori.net) hanno
provato a definire con più precisione le caratteristiche di
questi progetti di collaborazione studiando oltre 65 esperienze
concrete in diversi settori.
La eSupply Chain Collaboration è un fenomeno complesso e,
quindi, di difficile “misurabilità” attraverso un
unico indicatore: per questa ragione, occorre prendere in
considerazione due principali dimensioni di analisi – la
“profondità” e l’“ampiezza”.
La “profondità” misura l’intensità
della relazione collaborativa ed è riconducibile alla
strategicità delle informazioni scambiate e al grado di
copertura del processo. L’“ampiezza”,
invece, è la misura del grado di adozione di una
soluzione di eSupply Chain Collaboration relativamente
alla percentuale di partner coinvolti, del transato intercettato
e dei documenti scambiati.
Le aziende che collaborano sul processo transazionale (ciclo
ordine-pagamento, pre-vendita e post-vendita) scambiano
informazioni di carattere prevalentemente operativo e i loro
progetti hanno quindi un livello di profondità medio-basso, a
seconda del grado di copertura del processo; oltre ai documenti
base del ciclo dell’ordine (ordine, DDT, fattura), infatti,
alcune aziende estendono il set di informazioni
scambiate (includendo, per esempio, la
disponibilità di prodotto, la conferma d’ordine,
l’avviso di spedizione ecc.) e toccano, quindi,
tutte le fasi del processo transazionale.
All’aumentare della strategicità delle informazioni
scambiate (per esempio il sell-out, i livelli di stock, i
piani di produzione, le previsioni di vendita ecc.),
cresce la profondità della collaborazione e l’ambito
dei progetti si sposta verso il processo di
pianificazione (della produzione, degli
approvvigionamenti, delle scorte ecc.) e sulle modalità per
renderlo più efficace, aumentando la visibilità sulle attività
del cliente o del fornitore.
La massima profondità di collaborazione si raggiunge attraverso
l’elaborazione congiunta di informazioni
strategiche, per esempio relative alla pianificazione, alle
previsioni e ai rifornimenti (Collaborative Planning,
Forecasting and Replenishment – CPFR).