Uno dei fenomeni che caratterizzano i nostri giorni è rappresentato dalla cosiddetta globalizzazione, ovvero il progressivo allargamento in senso lato della sfera delle relazioni sociali che consente di superare i confini fisici propri della nostra condizione di individui. Il mondo è diventato per certi versi “piccolo” e, sicuramente, sempre più interconnesso e complesso.
Questa sorta di “interrelazione globale” ha consentito una generale maggiore libertà personale ma anche una crescente interdipendenza, per cui modifiche sia pur marginali che avvengono in una parte del pianeta avranno, in virtù di questa interdipendenza, ripercussioni anche in altri angoli del pianeta stesso, in tempi relativamente brevi. Siamo dunque consapevoli di fare parte di contesti (sistemi) dotati di elevata e crescente imprevedibilità.
Appare quindi auspicabile un nuovo approccio teorico e pratico volto a rappresentare il momento storico in cui viviamo non tanto e non solo attraverso la semplice scomposizione ed analisi dei diversi elementi che lo costituiscono, ma bensì determinandone le regole di funzionamento, di reciproca influenza e del conseguente adattamento al mutare delle condizioni di riferimento e, in ultima analisi, quantificandone il grado di fragilità ovvero di incertezza.
La genesi della teoria della complessità
La “teoria della complessità”, come termine, vede la sua genesi nel 1978 in un articolo pubblicato sulla rivista “Scientific American”; pur tuttavia la materia è stata oggetto di trattazione, in modo più o meno esplicito, già in periodi precedenti. Nel 1984 è stato costituito il primo centro internazionale avente come missione la tematica della complessità: l’istituto di Santa Fe. In senso assoluto e anche da un punto di vista scientifico, la complessità non trova una precisa e puntuale definizione. È forse più facile fare riferimento alla nozione di complesso e del relativo contrario, ovvero semplice. In verità lo spartiacque tra le due definizioni non è rigido e fissato in termini assoluti, quanto piuttosto variabile in base alle situazioni. Razionalizzando i concetti sopra espressi potremmo definire “semplice” l’entità minima normalmente chiusa ovvero non aperta verso il sistema della quale fa parte e quindi priva di relazione con altre entità. La situazione descritta risulta essere, nel nostro quotidiano, praticamente impossibile.
La complessità, per come ne abbiamo delineato le caratteristiche, potrebbe essere intesa come una peculiarità di ogni sistema in quanto dinamico, sia questo inteso come fenomeno naturale, sociale o economico. Tale peculiarità è peraltro derivante dall’interazione dei vari elementi costituenti il sistema e non solo dalle caratteristiche di questi ultimi. Osservando la natura, tale considerazione appare evidente e viene facile comprendere come nell’ecosistema naturale ogni elemento sia in realtà un sistema complesso sebbene in gradi diversi.
Potremmo quindi riassumere i concetti sopra espressi sostenendo che, in natura – nel senso lato del termine – i sistemi hanno caratteristiche proprie che variano nello spazio e nel tempo in modo non lineare ovvero non deterministico.
La complessità è quindi una grandezza potenzialmente misurabile di un sistema il cui andamento influenza in modo “strategico” il sistema stesso, rappresentandone peraltro uno dei presupposti per lo sviluppo. Un insieme consistente di entità caratterizzato da una trama di relazioni fitte è infatti la base per lo sviluppo di nuovi elementi o caratteristiche non determinabili a priori che consentono di acquisire nuove peculiarità: in pratica il sistema sembra assumere un comportamento che è slegato da quello dei suoi componenti. Il “sistema” citato in precedenza può essere costituito da vari fenomeni non sempre e non solo materiali, quali la cultura, la politica e l’economia. Prima di procedere, è opportuna una doverosa precisazione tra i termini “complesso” e “complicato” che a volte sono impropriamente utilizzati come sinonimi: un sistema può essere complicato in quanto strutturalmente formato da molti elementi senza per questo risultare complesso ovvero in grado di comportarsi in maniera inaspettata.
Rischio e complessità
Nel presente contesto, possiamo definire il rischio come sinonimo di incertezza e, quindi, l’esposizione del sistema a quest’ultima. L’incertezza è quindi il fenomeno che, come abbiamo visto parlando di complessità, può essere considerato onnipresente nella nostra realtà. L’economia, quindi il “sistema economia” inserito tra i vari “rapporti umani”, è uno dei possibili esempi che hanno dimostrato, nel recente passato, cosa comporti vivere in un ambiente non deterministico e sottoposto a forte dinamicità con la conseguente manifestazione di comportamenti latenti del tutto imprevedibili. Pensiamo solo all’impatto che l’introduzione di sofisticati sistemi finanziari ha avuto sull’economia reale: l’imprevedibile comportamento del sistema unito alla dinamicità in senso spaziale e temporale dello stesso, hanno portato a rendere possibili casi non contemplati nei modelli di calcolo del rischio normalmente utilizzati. Le attuali metodologie di calcolo dell’esposizione al rischio hanno una certa quantità di soggettività derivante anche dalle finalità della gestione oltre che dalla sensibilità di chi effettua la valutazione del rischio stesso. In tal senso, i vari enti normatori si sono nel tempo attivati al fine di ovviare al problema sopra esposto affinando anche le tecniche di verifica. Appare comunque evidente come l’opportunità di semplificare il nostro modo di organizzare le cose stia assumendo un ruolo sempre più importante proprio nell’ottica di gestione del rischio e, quindi, della fragilità vista come tale.
Relativamente alla definizione della fragilità ci viene in aiuto un Principio determinato dal Dr. Marczyk della società Ontonix, il cosiddetto “Principio di incertezza”, che si esprime con la seguente equazione: “Complessità * Incertezza = Fragilità”. La formula aiuta forse a comprendere meglio perchè è opportuno gestire la complessità e come tale azione diventi una questione di importanza strategica non solo per aziende ma anche per governi e nazioni:
1. la complessità di tutte le cose è destinata ad aumentare per via delle leggi della natura. Infatti, la spinta evolutiva nella nostra biosfera si manifesta proprio attraverso l’apparizione di organismi via via più complessi;
2. l’incertezza (turbolenza) del nostro eco-sistema socio-politico-economico aumenta (grazie anche alla menzionata globalizzazione ed al conseguente aumento delle libertà individuali e dei tempi di diffusione e propagazione degli eventi);
3. la fragilità aumenta inevitabilmente. Va quindi gestita attraverso le nostre “azioni” (ossia come gestiamo le aziende, sistemi di traffico, etc.).In pratica, per mantenersi su livelli costanti di fragilità bisogna diminuire la complessità per contrastare l’aumento dell’incertezza (in questo caso dovuto alle leggi della fisica).
Misurare la complessità: l’esperienza della Banca Popolare di Sondrio
Il tema della misura della complessità è molto dibattuto tra gli esperti della materia. Nel presente intervento faremo riferimento a quanto realizzato dalla società italiana Ontonix che propone un proprio sistema di calcolo applicato a livello internazionale in aziende di diversi settori merceologici.
La principale difficoltà nel misurare la complessità deriva essenzialmente dall’assenza di un concetto univoco che la definisca. Si tratta quindi non tanto di determinare la complessità dei singoli elementi costituenti il sistema quanto piuttosto quella dell’insieme inteso come componenti dinamiche tra loro relazionate secondo logiche non sempre evidenti a priori.
La Banca, ma potremmo parlare della maggior parte se non della totalità delle imprese, opera nell’ambito di un sistema economico che, per sua natura, è aperto e dinamico e, quindi, soggetto alla comparsa di soggetti, pratiche, fenomeni di varia natura che lo rendono difficilmente prevedibile. La banca può essere vista come un aggregato di unità organizzate secondo un determinato modello di business, ma anche come l’insieme dei clienti della stessa, delle direttive strategiche e delle conseguenti politiche di gestione. L’azienda opera in un ambito territoriale più o meno esteso, ha dei concorrenti diretti a loro volta costituiti da un insieme di soggetti che potrebbero avere delle relazioni con diversi altri istituti. La banca opera nel sistema finanziario ed è inevitabilmente influenzata dalle oscillazioni, dallo sviluppo e dalle crisi di quest’ultimo; è peraltro fortemente informatizzata e connessa in tempo reale con i mercati, ulteriore elemento di apertura e di relazione interno ed esterno.
L’indice di complessità “Ontospace” della società “Ontonix”, di cui la Banca Popolare di Sondrio si avvale, è una misura che si pone l’obiettivo di determinare la complessità aziendale o, meglio, del relativo contesto analizzato, descrivendo la mappa delle relazioni tra gli elementi presi a riferimento, il livello di robustezza o di sostenibilità del business, l’indice di stabilità dell’insieme analizzato.
In modo abbastanza intuitivo, una complessità alta comporta maggiore sforzo di gestione tanto è vero che, di norma, la soluzione preferibile, a parità di condizioni, è quella più semplice. In linea generale, un sistema non può svilupparsi oltre il proprio limite fisiologico che, nell’ambito del presente contesto, viene definito “complessità critica”. Quando tale livello viene raggiunto il sistema tende a divenire più fragile e, in definitiva, vulnerabile incrementando significativamente l’esposizione a situazioni di crisi. Peraltro, l’elevato grado di apertura del sistema comporta la rapida propagazione del fenomeno con impatti non determinabili a priori. Generalizzando, una crisi locale può avere ripercussioni su scala globale.
Lo stato di salute di un sistema può anche essere espresso come la differenza tra la complessità e la complessità critica dello stesso: di conseguenza è bene saper gestire tale differenziale al fine di preservare l’azienda da possibili fenomeni critici che, ovviamente, possono avere origine da elementi esterni ma anche provenire dall’interno dell’azienda stessa.
Una prima caratteristica da citare nel descrivere il sistema di misura definito da “Ontonix” è come lo stesso sia “model-free”, al fine di evitare l’introduzione di distorsioni nelle analisi. Il risultato ottenuto vuole quindi rappresentare la “realtà” presente nei dati considerati. L’obiettivo di partenza è quello di estrarre la struttura nascosta nei dati multidimensionali preservando le informazioni originali e, soprattutto, non utilizzando tecniche statistiche o approssimazioni/ metodi di regressione, che possano alterare le informazioni contenute nei dati.
Descrivendo sommariamente quello che è il processo di analisi di Ontonix, la prima fase consiste nel considerare le variabili che compongono la definizione del sistema: tale confronto viene effettuato per tutte le coppie di elementi di dati rappresentando il risultato nei grafici a dispersione. Il passo successivo è quello di esprimere le grandezze sopra determinate in immagini, processando queste ultime con tecniche proprie dell’elaborazione digitale al fine di determinare il grado di “struttura” contenuto nelle stesse. Viene quindi determinata la mappa del sistema intesa come insieme dei flussi di relazione tra le variabili che compongono il sistema stesso. Nel dettaglio, le variabili vengono rappresentate in diagonale secondo l’ordine di catalogazione previsto e i legami tra le stesse sono espressi da punti e linee di intersezione.
Nella mappa sono inoltre riportate con un cerchio le variabili “hub”, ovvero caratterizzate da un elevato grado in interscambio nell’ambito del sistema analizzato e, quindi, quelle potenzialmente più critiche. Il software è in grado di calcolare il grado di complessità del sistema analizzato, secondo funzioni specifiche, rappresentando lo stesso nelle tre grandezze che ne consentono una adeguata gestione: i livelli di complessità minimo, attuale e massimo. Semplificando l’esposizione, possiamo dire che il sistema raggiunge il grado di complessità massimo quando tutte le relazioni tra gli elementi sono sature: il progressivo avvicinarsi a tale soglia è indice di una crescente imprevedibilità del sistema. Al contrario, un livello di complessità prossimo alla soglia minima è sinonimo di un sistema stabile che sostanzialmente opera in modo deterministico.
Sinteticamente, la complessità è funzione dei seguenti elementi:
• la struttura, come espressione delle componenti il sistema;
• l’entropia, intesa come quantità di informazioni scambiate all’interno del sistema e, parallelamente, il grado di “disordine” all’interno dello stesso;
• il grado di risoluzione del sistema, rappresentato dall’insieme delle variabili considerate;
• il grado di granularità, inteso come la quantità, in termini spazio temporali, delle osservazioni effettuate e, quindi, dei dati elaborati.
Inutile precisare come la risoluzione del sistema e anche la granularità dei dati siano due elementi estremamente critici e che possono condizionare in modo assoluto le risultanze ottenute.
Applicazione concreta del modell o Ontonix in Bps
Descrizione del rating di stabilità del business
Come abbiamo già visto, la banca è inserita all’interno del proprio sistema di riferimento e in tale ambito opera secondo le direttive gestionali. Uno dei punti di partenza di una sana e prudente gestione potrebbe essere rappresentato da una crescita graduale e costante nel tempo dei risultati aziendali costituendo una espressione di solidità e indipendenza rispetto all’andamento generale del sistema economico. L’indice di stabilità viene incontro a questa esigenza valutando il sistema nel quale l’azienda opera attraverso il calcolo di un valore su scala da 0 a 1 che ne esprime il grado di volatilità. Il punto di partenza per effettuare il calcolo è costituito dalle principali variabili che caratterizzano le varie dipendenze della banca: citiamo quale esempio i dati relativi alla raccolta, agli impieghi, al numero di dipendenti ecc.
I risultati osservati consentono di determinare le filiali caratterizzate da una maggiore stabilità e quelle nelle quali le variabili hanno una maggiore oscillazione. L’indice calcolato, peraltro, può essere utilizzando anche per altri tipi di interpretazione: un esempio è costituito dall’ottica commerciale, per la quale la dipendenza caratterizzata da elevata stabilità potrebbe in realtà essere passiva rispetto alle prospettive di espansione del business. Di riflesso si potrebbe stimolare una riflessione circa l’adeguatezza del personale preposto ovvero il giusto dimensionamento quantitativo dello stesso come pure le eventuali peculiarità del mercato considerato. Il confronto dell’indice calcolato con quello dell’area di riferimento ovvero della stessa tipologia di filiale, costituisce un ulteriore elemento valutativo per intraprende le azioni strategiche più opportune.
Descrizione dell’applicazione sperimentale nell’ambito del processo del credito
Il cliente è, a tutti gli effetti, un “sistema” per come l’abbiamo definito in precedenza e può essere quindi oggetto di analisi quale entità autonoma. Nel caso specifico della banca tale analisi viene svolta con finalità di riduzione del rischio, ad esempio quello di credito. Vengono quindi presi a riferimento i dati del cliente, i rapporti intrattenuti dallo stesso piuttosto che quelli derivanti dalla centrale dei rischi banca d’Italia, al fine di tracciare, nel tempo, il profilo di complessità analizzandone nel dettaglio le componenti. La complessità e gli indici ad essa correlati possono quindi portare alla determinazione di un giudizio complessivo che viene sottoposto alle competenti strutture con lo scopo di intraprendere le azioni opportune volte al contenimento del rischio.
Conclusione
Una riflessione finale ci porta a porre l’attenzione di tutti sulla tematica della complessità, che incorpora e supera quella della gestione del rischio. La complessità è una misura presente in natura e in ogni sistema, rappresenta una condizione favorevole per l’evoluzione e per affrontare le correlate sfide. La complessità è misurabile in modo oggettivo, secondo i sistemi descritti nel presente intervento, consentendo di individuare il posizionamento e il limite oltre il quale una data struttura diventa eccessivamente complessa e dunque fragile, vulnerabile e a rischio di “sopravvivenza”. Potrà quindi risultare indispensabile adottare nuovi criteri gestionali che mirino a considerare la complessità o, meglio, la soglia massima di quest’ultima gestibile dal sistema, come l’elemento utile e quindi il “faro” da osservare per guidare l’azienda nel suo operare nell’ambito di mercati sempre più turbolenti e imprevedibili.