Come fanno gli atleti ad eccellere negli sport? Seguendo dei programmi, lavorando per costruire il proprio vantaggio competitivo, che è ad esempio la velocità. Ma come? È il modo in cui ciò viene fatto a fare la differenza, nello sport come nel business: questa è Execution, l’arte di far accadere le cose correttamente.
Consideriamo ad esempio il settore del trasporto aereo. Tutte le compagnie dispongono degli stessi aeromobili, sia che li comprino dall’Airbus o dalla Boeing. Cosa fa la differenza allora? Le persone e il servizio fornito ai passeggeri. Chi agisce al meglio realizza profitti più alti dei concorrenti. In altre parole, è l’Execution che aumenta la capacità delle persone e dell’organizzazione nel suo complesso. La disciplina, la pratica delle buone norme, è poi fondamentale e va applicata trasversalmente a tutte le
funzioni aziendali: marketing, vendite, operations, finanza ecc. Come è possibile che aziende come Apple abbiano così tanto successo e abbiano così alti margini di guadagno? Come riescono a cambiare le regole di mercato anche per i propri concorrenti? Con idee originali, strategie innovative e una
Execution impeccabile.
Come si può imparare l’Execution? Ecco alcuni aspetti rilevanti.
Imparare l’Execution: le riunioni efficaci
Un buon esempio di disciplina sono le riunioni. È buona norma finire sempre un incontro con una conclusione. Ciò significa decidere, alla presenza di tutti, chi farà cosa e quando, in modo che ogni partecipante sappia qual è il risultato di quella riunione.
Un chiaro esempio dell’utilizzo di questa pratica me lo ha dato Ted Welsh, ex CEO della General Electric, un personaggio leggendario nel mondo del management. Ho avuto la fortuna di lavorare con lui e seguirlo per 30 anni: aveva questa abitudine quando ancora nessuno aveva sentito pronunciare il suo nome, negli Anni 70. Anche al telefono, gli ultimi 30 secondi della chiamata li dedicava a riassumere gli argomenti chiave e a ribadire cosa ciascuno di noi avrebbe dovuto fare e con quale tempistica, oltre a stabilire quando ci saremmo dovuti risentire per confrontarci.
Se si prende questa abitudine, anche i colleghi cominceranno a farlo, con il risultato di aumentare l’efficacia delle riunioni e diminuirne il numero, perché si imparerà ad essere più specifici ed efficienti. È una cosa semplice, ma di forte impatto: dà buoni risultati e permette di fare la differenza.
Il collegamento tra azioni e strategia
Una strategia, perché sia vincente, deve essere semplice, pratica, efficace e realizzata tramite azioni coerenti e concrete. Al seguito di una riunione è importante compiere azioni periodiche di verifica, per controllare che le persone facciano ciò che gli era stato assegnato negli incontri precedenti. Non è un’idea originale, ma spesso nelle aziende non viene fatto. Il lavoro viene tipicamente portato avanti da team: per questo, se una parte dell’ingranaggio si ferma, determina un ritardo che va ad impattare sul lavoro di tutti gli altri. I meccanismi operativi sincronizzano l’energia delle persone, per ottenere velocità.
Identificare le priorità e fissare gli obiettivi
Per una Execution eccellente è necessario identificare delle priorità che siano dominanti nella vision aziendale e coerenti con la strategia intrapresa. È fondamentale fissare degli obiettivi, pochi ma efficaci, in base alle specificità aziendali e alle strategie che si intendono perseguire. Un team non può funzionare se non ha degli obiettivi, ed è compito del leader fissarli. Per esempio, gli aspetti che un top manager tipicamente vorrà tenere sotto controllo e migliorare sono il margine, la velocità, il fatturato e la customer satisfaction. Se il margine attuale è il 10%, l’obiettivo sarà portarlo a 12 in due anni; se la velocità attuale è di 9 giorni per la produzione, l’obiettivo può essere portarla a 8. Se il tasso di crescita attuale è zero, l’obiettivo potrà essere portarlo al 3%. Se la customer satisfaction è 66%, vorrete portarla al 90%.
È importante focalizzarsi su cosa è rilevante per il proprio business, determinare le priorità: è impossibile focalizzarsi su 20 obiettivi, si lavorerà poco ed in maniera dispersiva, senza produrre risultati. Se invece le priorità sono poche e strategiche per il proprio business, si sarà efficienti e si
raggiungeranno i risultati pianificati. Per un’azienda come SAS, per esempio, la parola chiave è la velocità con la quale sviluppa i propri software: punterà quindi a essere più rapida dei suoi competitor. Una cosa che Nokia non è riuscita a fare nel proprio settore.
Il focus sulle priorità è la strategia che ha permesso ad un’azienda come Apple di crescere e ottenere un enorme successo. Nel 1997 il CEO di Apple era Gil Amelio, che venne allontanato per non aver raggiunto risultati soddisfacenti. A quel tempo, l’offerta dell’azienda contava 15 piattaforme differenti e una linea di 24 prodotti, con il rischio di perdere il focus sui propri obiettivi. Rientrò quindi in gioco Steve Jobs, con una vision incentrata su soli 4 prodotti, che si rivelò vincente. Apple in 12 anni è riuscita ad accumulare più liquidità di qualsiasi altra azienda nel mondo – circa 58 miliardi di dollari – e ad acquisire un valore di mercato più alto di qualsiasi organizzazione, più di Microsoft, di General Electrics o di Siemens.
Una corretta gestione delle priorità contribuisce al una buona Execution perchè permette di allineare le persone di un’azienda dal punto di vista dell’energia spesa per conseguire risultati, mentre una vision condivisa aiuta a creare un allineamento emozionale e uno spirito di appartenenza. La corretta gestione delle priorità permette inoltre di realizzare un collegamento concreto tra strategia aziendale ed Execution.
Un elemento fondamentale, in questo, è la scelta delle persone, la costruzione di un team. L’Execution consiste infatti principalmente nell’assegnare alle persone della propria squadra i compiti più adeguati per loro, per cui sono più portati e per i quali lavoreranno meglio, ottenendo così migliori risultati.
È importante che un buon leader si impegni ad assegnare periodicamente delle priorità al lavoro da portare avanti, e che si assicuri che il proprio team faccia altrettanto e rispetti le decisioni prese.
Ford, per esempio, conobbe un periodo di forte declino fra il 1999 e il 2006: la sua quota di mercato diminuì vertiginosamente e la sua situazione finanziaria collassò, accumulando un debito di 22 miliardi di dollari. I creditori fecero pressioni a Mr. Ford convincendolo a dimettersi dalla carica di amministratore delegato e ad affidare la compagnia ad una nuova persona proveniente da Boeing. Il nuovo amministratore delegato si presentò al board aziendale dichiarando di non sapere nulla sul business delle automobili, ma che la sua funzione sarebbe stata quella di costruire un team basato su solidi meccanismi operativi. Una delle prime modifiche apportate fu di indire una riunione settimanale ogni giovedì, in cui ciascuno avrebbe presentato al resto del board l’operato della settimana precedente, fissato delle priorità e definito il lavoro da svolgere per la settimana
successiva.
Comunicare in maniera chiara e concisa
È importante che ciascuno abbia una chiara visione di come la propria azienda realizza i profitti: solo così può agire coerentemente per aumentarli. Si parla di strategia anche per business di dimensioni modeste, condotti da persone che non studiano manuali e non partecipano a convegni. È strategia,
per esempio, l’azione di un fruttivendolo che a fine giornata si accorge di non aver venduto un determinato tipo di prodotto e quindi decide di abbassare il prezzo per provare a venderlo il giorno successivo. Questa è un azione coerente alla strategia aziendale.
Nel 1993 sedevo al consiglio di amministrazione con Mr. Dell, proprietario della nota azienda produttrice di PC, preoccupato dall’andamento del business. La situazione non era buona.
In questo settore la velocità nello sviluppare prodotti innovativi è determinante, non si può rischiare di essere in ritardo rispetto alla concorrenza e di presentare sul mercato prodotti già obsoleti. Nello stesso periodo IBM aveva bruciato 800 milioni di dollari per lo stesso motivo. Mr Dell ebbe un’intuizione: se l’innovazione e la rapidità sono ciò che conta, bisognava puntare a raggiungere un indice di rotazione delle scorte pari a 20 per essere competitivi. Ai tempi poteva sembrare una pazzia, e a quanti gli fecero notare che nessuna azienda lavorava così, egli rispose che tanto meglio, quello sarebbe stato il loro vantaggio competitivo, dato che sarebbero stati gli unici sul mercato.
Perché una strategia risulti vincente è necessario che sia condivisa: è dunque necessario riuscire a cogliere i contributi di tutto il proprio team e tramutarli in una visione chiara e semplice. In questo senso, il leader è come un direttore d’orchestra che raccoglie le idee provenienti dalle visioni limitate dei capi delle differenti funzioni – risorse umane, finanza, comunicazione ecc – e le rende globali, fornendo a tutti una visione d’insieme e aiutandoli e diventare concreti, mostrando loro le interconnessioni esistenti tra le varie componenti del business. Il meglio da un team lo si ottiene quando si parla usando lo stesso linguaggio, quando l’atmosfera è calda e piacevole e quando tutti si sentono a proprio agio.
Il mio consiglio è di non usare le presentazioni Powerpoint, che hanno acquisito grande importanza negli ultimi 15 anni, o perlomeno di limitare il loro utilizzo per mostrare diagrammi, immagini e grafici. Si dedica troppo tempo ed energia alla preparazione delle slide, mentre è importante ricordare che
l’obiettivo di una presentazione è quello di esprimere i concetti chiaramente. Un numero eccessivo di slide, magari complesse e piene di parole, rischia solo di confondere il pubblico, ottenendo l’effetto opposto. L’importante è che all’audience rimangano in mente 4 o 5 concetti fondamentali, non tutto quello che si è detto, e che sia successivamente previsto un ampio momento per discuterne. Se si
ha a disposizione un’ora, 15 minuti vanno dedicati alla presentazione vera e propria e 45 minuti alla conversazione a seguire. Il valore del rapporto tra le persone sta nella conversazione; è durante la conversazione che le persone riescono ad arrivare in fretta al cuore delle questioni ed è sempre durante il confronto faccia a faccia che nascono le idee migliori.
Assegnare le persone giuste alle giuste posizioni e sviluppare
i talenti
Nelle organizzazioni molti problemi sono dovuti a persone sbagliate assegnate al lavoro giusto o a persone valide ma assegnate a un lavoro non adeguato per loro. Questo aspetto ha una grande influenza nel creare una buona Execution. Ogni leader è in primo luogo leader di persone. Se una persona è affidata a un lavoro che non fa per lui, non è bene ne per lui, né tantomeno per l’azienda nel suo complesso. Se si è abituati a lavorare secondo le meccaniche prima descritte, e qualcuno non racconta la verità circa i progressi del suo lavoro, non passerà molto tempo prima che gli altri se ne
rendano conto. Queste meccaniche aiutano anche a capire nel giro di poco tempo se una persona si trova nella posizione adeguata, o viceversa se il lavoro che gli è stato affidato
non fa per lui.
È fondamentale che un buon leader si renda conto che buona parte del proprio lavoro consiste nell’allocare le proprie risorse ai giusti compiti affinchè l’azienda abbia successo.
Per fare ciò è necessario considerare tre punti fondamentali:
• Riconoscere il talento naturale della persona che si ha di fronte, lavorando fianco a fianco, ed essendo il più specifici possibile. Molti dicono che il talento di Steve Jobs di Apple sia la capacità di produrre innovazione, o la sua creatività, ma ciò non significa niente, non è abbastanza specifico: l’innovazione può riguardare i processi, i prodotti o il business model. Ad un’analisi più approfondita si arriva a scoprire che il suo vero talento è quello di riuscire ad immaginare quello che i consumatori
realmente desiderano, e lo ha fatto in maniera continuativa e consistente nell’arco degli ultimi 20 anni. Chi lavora con lui lo sa, perché lo osserva e può rendersi conto di come raggiunge i propri obiettivi e di quali metodologie utilizza. Per comprendere il talento di una persona è necessario che più colleghi si consultino dopo averci lavorato insieme, confrontandosi onestamente.
• Valutare la posizione di lavoro che si intende assegnare e identificare con precisione quali sono le competenze necessarie. È un compito difficile e che non ha niente a che vedere con le competenze che ciascuno di noi indica nel proprio curriculum. Perché un leader sappia compiere questo compito al
meglio è necessario che faccia esperienza, che migliori col tempo affinando le propria capacità di giudicare una persona e di riconoscere quali sono le competenze richieste per avere successo in una determinata posizione.
• Una volta riconosciuto il talento in una persona, è fondamentale aiutarla a svilupparlo. È inutile soffermarsi sugli aspetti negativi, meglio focalizzarsi su come far crescere il talento, identificando e rimuovendo le barriere che gli impediscono di farlo.
Quando un leader assegna una posizione alla persona giusta, e questa si rivela poi capace ottenendo un grande successo, prova una grande soddisfazione.
Tuttavia non si tratta di una scienza esatta, è difficile essere dei buoni leader. Ogni persona ha delle capacità; trovarle, saperle descrivere, modellarle e affidare a quella persona al lavoro che fa per lei è ciò che determina la capacità di un leader.
L’articolo è tratto dallo speech di Ram Charam al World Business Forum di Milano, il 27 ottobre 2010.
Chi è Ram Charan
Ram Charan è uno stimato consulente, oratore e autore. Charan ha formato alcuni dei CEO di maggior successo nel mondo. Per 35 anni ha lavorato dietro le quinte di aziende come GE, KLM, Bank
of America, DuPont, Novartis, Honeywell, Thomson Corporation e Verizon.
Ha scritto numerosi libri, tra cui What the CEO Wants You to Know, Profitable Growth Is Everyone’s Business, Boards That Deliver, e pubblicato due bestseller insieme a Larry Bossidy, ex CEO di Honeywell, Execution: The Discipline of Getting Things Done e Confronting Reality: Doing What Matters To Get Things Right. Execution è stato in cima alla classifica del Wall Street Journal, ed è stato in quella del New York Time per oltre 150 settimane.
Charan ha iniziato la sua carriera da ragazzino, lavorando nel negozio di scarpe di famiglia, in India, fino a ottenere la laurea in ingegneria e poi un MBA e un dottorato – con ottimi risultati – alla Harvard Business School.