Interviste

Il computer che parla con l’uomo. Intervista al Prof. Giuseppe Riccardi, Direttore del Laboratorio di Ricerca di Sistemi Interattivi Vocali e Multimediali , Dipartimento di Ingegneria e Scienza dell ’Informazione dell’Università di Trento

Grazie ai risultati di cinquant’anni di ricerca, oggi possiamo dialogare con un calcolatore, un po’ come aveva immaginato Kubrick in “2001: Odissea nello spazio”. A Trento, un laboratorio specializzato nelle tecnologie del linguaggio e nei sistemi interattivi porta avanti progetti innovativi in collaborazione con il mondo delle imprese.

Pubblicato il 20 Ott 2010

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Nel capolavoro di Stanley Kubrick “2001: Odissea
nello spazio” il computer di bordo della nave spaziale
Discovery, HAL 9000, dialogava con gli astronauti. A che punto è
oggi la ricerca nell’ambito dell’interazione
uomo-macchina e quanto siamo lontani dalle visioni
cinematografiche di quarant’anni fa?

Sin dalla nascita del calcolatore a metà del secolo scorso, uno
dei primi obiettivi è stato quello di esplorarne le capacità e
le possibilità di interazione e analisi di testi. Negli anni
questa necessità si è sviluppata in varie direzioni: una delle
prime è stata la traduzione automatica affinché persone che
parlano lingue diverse possano comunicare con l’aiuto del
computer. Uno dei primi robot interattivi, precursore dei chatbot
moderni, nasce all’inizio degli anni 60 nei laboratori del
MIT (Massachusetts Institute of Technology). Con un programma
relativamente semplice, poche centinaia di righe, si implementava
una psicoterapeuta virtuale, Eliza. Erano gli stessi anni in cui
veniva prodotto il film “2001: Odissea nello spazio”.
Dagli albori di questo “illuminismo tecnologico” sono
passati cinquant’anni di importanti innovazioni
scientifiche e tecnologiche. Anni in cui i contributi provenienti
da discipline quali l’ingegneria, la linguistica, la
matematica applicata e più recentemente le scienze cognitive e
le neuroscienze hanno dato risultati molto importanti. Oggi i
ricercatori hanno cominciato la sperimentazione di agenti
virtuali capaci di interagire in forme e modalità
“vicine” a quelle condivise normalmente tra le
persone sia per applicazioni industriali, sia educative, anche
per l’assistenza ai diversamente abili. Le prime
applicazioni delle tecnologie del linguaggio a sistemi di dialogo
sono state sviluppate negli Stati Uniti a metà degli anni 90 nei
laboratori di ricerca di AT&T (“How May I Help
You?” Project). Da allora molte applicazioni in diversi
ambiti industriali (telecomunicazioni, finanza, trasporti, ecc.)
sono state accolte con successo. Ad esempio, in ambito
automobilistico sono stati progettati agenti di supporto alla
guida disponibili integrati con i sistemi vocali per la
navigazione stradale interattiva; la pubblica amministrazione fa
i primi passi nell’adozione di agenti virtuali per
veicolare, recuperare o comunicare informazioni tra Ente e
cittadini. Oltre agli “early adopter” di queste
tecnologie, quali le industrie delle telecomunicazioni, nei
nostri laboratori si sta approfondendo la capacità di progettare
sistemi interattivi che abbiano una penetrazione maggiore sui
cittadini, da utilizzare in ambito Pubblica Amministrazione, per
applicazioni mediche e per l’assistenza agli anziani. Uno
dei vantaggi degli Agenti Virtuali è quello di poter condurre
interazioni dialogiche personalizzate (uomo-macchina) attingendo
alle informazioni e conoscenze disponibili nelle microreti
sociali composte da macchine e da persone.

Quali vantaggi comporta la comprensione del linguaggio naturale
nei processi di Customer Care?

Il rapporto uomo-macchina viene ribaltato: dai primordi delle
tecnologie vocali dove la macchina poteva riconoscere una tra
poche parole di comando (es. “Apri!”,
“Chiudi!”), oggi è la macchina a comprendere cosa la
persona dice e instaura un dialogo a supporto della richiesta
dell’utente. I servizi di Customer Care basati su tale
approccio consentono ai clienti di parlare in modo naturale ed
essere capiti dal sistema. Chi chiama un moderno sistema di
Interactive Voice Response (IVR) viene accolto da un prompt
“buongiorno, come posso aiutarla?”, e può elaborare
la richiesta di informazioni o di assistenza in linguaggio
naturale. Non è necessario prendere appunti per riuscire a
navigare nel labirinto dell’IVR: l’Assistente
Virtuale comprende vocaboli e contesto, analizzando parole chiave
e frasi per determinare di cosa il chiamante ha bisogno, cercando
nel contesto dell’eloquio quelli che si definiscono
“frammenti salienti”. In tal modo, ad esempio, un
Operatore Automatico di Centralino sa indirizzare la chiamata al
destinatario – uomo o macchina – appropriato e fornire risposte e
servizi utili in modo autonomo. Il sistema è capace di porre una
domanda a seguito della dichiarazione del chiamante. Ad esempio,
se il cliente di una banca chiama l’Assistente Virtuale
dicendo “mi servono informazioni sul credito”, il
sistema sa chiedere al cliente se intende parlare con un
funzionario esperto di “carte di credito” o di
“credito sul conto corrente”. In questo modo si
supera il limite concettuale di un IVR tradizionale nel servire
una richiesta incompleta o imprecisa, quando il chiamante non
chiarisce a priori con chi o di cosa vuole parlare. Prove e test
effettuati in diversi ambiti dimostrano che lo stato attuale
della tecnologia è industrialmente ed economicamente
sfruttabile. Esempio di tali applicazioni in commercio sono
centralini automatici che smistano le chiamate tramite un
Assistente Virtuale senza dover ricorrere a operatori di
centralino. Inoltre, le indagini sulla qualità del servizio
confermano che un buon mix di servizi automatici e servizi da
operatore è gradito ai clienti, soprattutto laddove vengono
trattati dati sensibili (ad esempio pagamenti con carte di
credito, fornitura di dati personali ed anagrafici): un
Assistente Virtuale offre maggiori garanzie di privacy rispetto
all’operatore umano. A vantaggio dell’erogatore di
servizio, i dati generati dai dialoghi uomo-macchina
costituiscono un’importante sorgente di informazioni alla
quale attingere per migliorare la qualità del servizio,
ottimizzare le interazioni successive, semplificare altri
processi aziendali.


Qual è l’area di ricerca di IM Service Lab, uno spin-off
dell’Ateneo di Trento, e in cosa consiste la partnership
tecnologica con Interactive Media?

Nel nostro laboratorio lavoriamo sul fronte della ricerca delle
tecnologie del linguaggio e dei sistemi interattivi e agenti
virtuali. Questo viene fatto prevalentemente in collaborazione
con centri di eccellenza di ricerca pubblica e privata quali
Loquendo, Telecom Italia, Ibm con le quali condividiamo visioni
ma anche progetti pilota. Questa vicinanza con il mondo
industriale permette a ricercatori ed ingegneri di valutare la
realizzabilita’ di prototipi tecnologici e valutarne
l’attrattivita’ imprenditoriale. IM Service Lab nasce
da uno spin-off di ricercatori e ingegneri del gruppo di ricerca
di sistemi multimodali interattivi presso il Dipartimento di
Ingegneria e Scienza dell’Informazione
dell’Università di Trento e da Interactive Media.
L’ottima sinergia tra le competenze dell’Università
e Interactive Media ha permesso di proporre, sin da subito,
servizi innovativi ad aziende e pubbliche amministrazioni, ad
esempio l’INPS. Lo spin-off di IM Service Lab è il primo
del nostro laboratorio fondato quattro anni fa e nasce dalla
cultura imprenditoriale e creativa che viene fornita nella nostra
Università. Importante ricordare che condizione necessaria per
il successo di spin-offs è un contesto territoriale tecnologico
di eccellenza e riferimento quali quelli presenti sul territorio.

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