salva-vita. Questi i punti chiave del Manifesto italiano della
telemedicina, proposto a metà aprile dalla SIT, la Società
Italiana di Telemedicina e Sanità Elettronica. L’obiettivo
principale del Manifesto è identificare il ruolo che oggi gioca
la telemedicina nel nostro Paese e cercare le strade che portino
alla condivisione di un lessico comune tra tutti gli
attori della filiera assistenziale. Infatti, solo gli
sforzi congiunti e la collaborazione tra le istituzioni e
l’industria possono portare all’implementazione delle
migliori pratiche cliniche di telemedicina così da
aumentare la qualità, l’efficienza,
l’accessibilità, l'efficacia e l'usabilità dei
servizi sanitari. Se è vero che in Itala sono partiti
tanti progetti, non si può negare il fatto che molti di essi
sono ancora in una fase pilota e che comunque la loro diffusione
è tutt’altro che capillare.
Secondo quanto affermato dal professor Gensini, presidente della
SIT, è importante creare le condizioni affinché si
superi questa fase embrionale, dovuta anche alla precarietà dei
finanziamenti e all’incertezza del quadro normativo,
giuridico ed amministrativo, verso
un’implementazione su vasta scala.
Per convincere i decisori pubblici a mettere a regime le
prestazioni di telemedicina clinica – come la
teleassistenza domiciliare, il telemonitoraggio medicale
delle patologie croniche, il teleconsulto specialistico, la
telecardiologia, la teleradiologia, la teledermatologia
-, occorre mettere in evidenza i vantaggi che un tale percorso
può portare in termini di qualità, efficacia, efficienza,
appropriatezza, sicurezza ed economicità dei processi di cura.
È quindi fondamentale identificare una vera e propria roadmap,
che parta dalla definizione delle priorità e, quindi, delle aree
dove si possano ottenere i maggiori vantaggi non solo in un
contesto sperimentale, ma anche nella pratica clinica
abituale.
Secondo quanto riportato nel Manifesto questo procedimento deve
essere supportato anche da processi di “health technology
assessment”, ovvero valutazioni effettuate da
soggetti indipendenti, come società scientifiche e
l’Istituto Superiore di Sanità. Una volta definite tali
premesse sarà compito del Ministero della Salute, coadiuvato dal
Consiglio Superiore di Sanità e dalle società scientifiche di
settore, emanare le linee guida e i documenti di indirizzo che
poi le Regioni saranno chiamate a valutare e ad adottare,
allocando le risorse necessarie a garantire una fattiva
implementazione nell’ambito dei normali percorsi
assistenziali regionali.