ci permettano di estendere ed aumentare la dimensione dei gruppi
sociali umani è un ipotesi ovvia, soprattutto alla luce del
fatto che riducono notevolmente l’impegno del mantenersi in
contatto con altre persone. Ad una prima analisi, il “costo
marginale” di ogni nuovo amico sembra nullo: ma non è
così.
Gli studiosi dei comportamenti, infatti, identificano alcune
delleattività che accadono nelle reti sociali come
“prendersi cura l’uno dell’altro”
(letteralmente pettinarsi). La pratica ha una importante valenza
sociale, come nel rafforzare la struttura di un gruppo o nelle
unioni tra animali di sesso diverso, o ancora nella risoluzione
di dispute. Ovviamente prendersi cura implica un investimento di
tempo e di risorse mentali, specialmente per tenere traccia di
chi prendersi cura e perché (bisogna ricordarsi chi è alleato
con chi, chi è ostile e comportarsi di conseguenza).
L’antropologo Robin Dunbar, sulla base di studi legati alle
scimmie, concluse nel 1998 che il potere cognitivo del cervello
pone un limite ben chiaro sulla dimensione della rete sociale che
ogni specie vivente può sviluppare. Dunbar suggerì infine che
il cervello umano è in grado di gestire reti sociali stabili
di150 individui (numero che oggi porta il suo nome).
Studi analoghi su Facebook riportano in 120 il numero medio di
amici per utente, in linea con le ipotesi di Dunbar, e che le
donne, sempre in media, hanno un numero superiore di connessioni.
La variabilità di questo numero è però molto elevata, con
punte di oltre 500 amici per persona, cosa che sembrerebbe
mettere in discussione la teoria. Ma, ad un’analisi più
approfondita, il numero di individui con cui un singola persona
interagisce in modo molto frequente è soprendentemente piccolo
e, soprattutto, stabile. All’aumentare
dell’”intimità” dell’interazione, la
dimensione del gruppo diminuisce e la stabilità aumenta. In
altre parole, chi è iscritto sui social network, probabilmente,
non lo fa in ottica di networking, quanto piuttosto di
broadcasting delle propria vita ad un circolo di conoscenze che
non rientrano necessariamente nel circolo di Dunbar.
Le persone, dunque, oggi riescono a proporsi (self marketing) in
modo più efficiente, ma hanno lo stesso circolo
“intimo” di sempre.