Industria 4.0 è il tema del momento nell’economia italiana, e l’ennesima conferma arriva dal Comitato Leonardo, il noto “think tank” di promozione del Made in Italy, che ne ha fatto l’argomento del suo Forum Annuale, tenutosi pochi giorni fa a Milano, a meno di un mese dall’annuncio da parte del Ministro Calenda del proseguimento del Piano governativo anche nel 2018. Al di là degli interventi istituzionali – dalla presidente del Comitato Leonardo Luisa Todini al CEO di Unicredit Jean Pierre Mustier, dal presidente dell’Agenzia ICE Michele Scannavini a quello di Confindustria Vincenzo Boccia, fino al Direttore Generale Politica Industriale, Competitività e PMI del MISE, Stefano Firpo – il momento principale dell’evento è stato la presentazione di un’indagine commissionata dal Comitato Leonardo a KPMG Advisory appunto sulla conoscenza delle tecnologie Industria 4.0 e sulla diffusione dei relativi investimenti tra gli imprenditori italiani.
Lo studio Industria 4.0 di KPMG – effettuato tra settembre e ottobre 2017, quindi esattamente un anno dopo la presentazione del Piano Industria 4.0 – ha coinvolto 330 imprese, gran parte delle quali (oltre l’80%) ha meno di 250 addetti e si può quindi definire piccola e media impresa (PMI). Il dato più importante è che il 75,8%, cioè più di 3 imprese su 4, conosce il Piano Industria 4.0 (Piano Calenda) e le sue misure. Non stupisce che questa media sia il risultato di percentuali che crescono all’aumentare delle dimensioni, dal 65% delle imprese fino a 10 addetti all’81% delle medie imprese (50-250 addetti), fino al 94,5% delle grandi (oltre 250 addetti).
Ulteriori differenze emergono anche tra settore e settore. Le misure Industria 4.0 sono conosciute in media dall’80% nelle imprese industriali in senso stretto, contro il 60% delle imprese di costruzioni e servizi, tranne i settori IT e tlc dove ovviamente la conoscenza (83%) è molto più alta, visto che comprendono anche fornitori di tecnologie oggetto dei provvedimenti. Da notare che le due fonti principali di informazione sul Piano Calenda sono le associazioni di categoria e le istituzioni, mentre pochissimi indicano il passaparola da altri imprenditori.
Il passo successivo alla conoscenza è l’utilizzo di una o più misure del Piano, e anche qui – a fronte di una media del 57,6% – le percentuali salgono all’aumentare delle dimensioni, dal 41% delle imprese da 1 a 10 addetti al 67% sia delle medie che delle grandi imprese. I settori finora più attivi sono tessile/abbigliamento (79%) e agroalimentare (75%), il meno attivo è quello delle costruzioni dove solo un’impresa su 6 ha fatto investimenti agevolati Industria 4.0.
Il piano ha influito su oltre la metà delle decisioni d’investimento
L’indagine Industria 4.0 di KPMG ha “misurato” direttamente l’incidenza del Piano Calenda, chiedendo alle imprese quanto ha influito sulle loro decisioni d’investimento in tecnologie Industria 4.0. Il responso è che – se il Piano non fosse stato varato – il 48% di questo tipo di investimenti sarebbe stato di importo minore, e quasi il 6% non sarebbe stato fatto del tutto.
Molto interessante anche lo spaccato sul ruolo delle filiere. Tra le imprese che hanno già investito in Industria 4.0, un quarto ha deciso in coordinamento con altri soggetti della sua supply chain. Un dato che KPMG legge come una conferma del positivo “aggancio” in corso, nella nostra economia, tra la tradizione delle filiere e dei cluster (distretti) e l’innovazione portata dalle tecnologie 4.0 in termini di integrazione delle supply chain.
Scendendo nel dettaglio delle misure, le più apprezzate sono superammortamento, iperammortamento e credito d’imposta in R&S, usati rispettivamente dal 51%, dal 44% e dal 29% delle imprese che hanno già sfruttato il Piano Calenda.
Per il 73% l’impatto sul proprio business a 3 anni sarà medio o alto
Il 73% delle imprese del campione considera medio o alto l’impatto di Industria 4.0 sul proprio business nei prossimi 3 anni. Le imprese con oltre 250 addetti sono le più convinte (84,6%) rispetto al 56,5% di quelle con meno di 10 addetti. Gli impatti più profondi saranno di efficientamento produttivo (62,4%), aumento del valore aggiunto del prodotto/servizio (48,4%), e migliori relazioni con i clienti (38%).
Da sottolineare anche che il 69% prevede iniziative specifiche di formazione per creare le competenze che occorrono per sfruttare al meglio gli investimenti Industria 4.0. E anche in questo caso il dato medio nasce da percentuali molto diverse e crescenti con la dimensione delle imprese, dal 32% delle microimprese all’86% di quelle grandi. Va ricordato qui che tra le misure del Piano per il 2018 è previsto anche un credito di imposta appunto per la formazione 4.0.
Distinguendo tra le singole tecnologie Industria 4.0, l’Advanced Manufacturing è stata oggetto di investimento di un’impresa su 2, seguono Industrial Internet (28,5% delle imprese), Big Data e Analytics (27%) e Cloud (26%).
Cinque raccomandazioni per i “policy maker”
«Questo spettro ampio e diversificato indica che i limiti della trasformazione digitale della produzione sono dati solo dalla creatività imprenditoriale», ha commentato Alessandro Carpinella, partner di KPMG Advisory. «Il Piano varato dal Governo, cavalcando l’onda del “momentum” positivo e con la semplicità di attivazione dei suoi strumenti, soprattutto fiscali, ha raccolto un’adesione immediata e ampia da parte delle imprese sintonizzandosi con gli “animal spirits” che stanno guidando le imprese». Alla luce dei risultati dell’indagine e dei vari focus group, interviste e approfondimenti successivi, continua Carpinella, si possono formulare alcune raccomandazioni per i “policy maker”:
– proseguire e concentrare gli sforzi su iperammortamento, superammortamento e credito d’imposta;
– rilanciare su Università e ricerca, che oggi sembrano procedere su un binario parallelo rispetto al tessuto imprenditoriale;
– accelerare sulle infrastrutture abilitanti, prima fra tutte la banda larga;
– rafforzare nell’opinione pubblica il concetto di “4.0” come asse del rilancio dell’economia italiana;
– riconoscere la dimensione globale del fenomeno, e favorire l’aggancio alla dinamica internazionale, tenendone conto sul piano regolatorio e di incentivo.